Elisa ha un cespuglio infuocato di capelli rossi, gli occhi verdi e una pelle bianchissima segnata da milioni di efelidi: una mappa attraverso la quale Ascanio vorrebbe tanto farsi strada.
Una scatola è vuota se è piena di cose che non servono?
Nove mesi di lenta, lentissima costruzione di una
vita, così, dal nulla capelli, ossa, nervi, sangue, coscienza.
“Credo che i nove mesi servano più che altro a creare il
genitore” le ha detto Renzo una sera a cena.
Corrado si avvicina, tossisce un grumo di imbarazzo. Sembra indeciso
sull’esatta sequenza di gesti, come avesse scordato le istruzioni per l’uso. Ma
alla fine riesce a comprimere lo spazio tra loro due, e la stringe in un
abbraccio goffo, sì, ma intenso.
Ormai dovresti saperlo, Ascanio, il nostro è un lavoro in
cui si passa più tempo a elaborare sconfitte che a celebrare vittorie. Avete fatto
una scelta: amen, avete fatto bene. È per sempre meglio decidere da che parte
andare, quando ci si trova a un incrocio, piuttosto che restare fermi a
imbrogliare il traffico.
È una palpitazione tenue, la loro, tentano di convincersi
che non capiterà nulla.
Si deve fare ogni cosa come se fosse l’ultima e la più
importante.
Chi ti vuole, ti cerca. Non funziona così anche in amore?
“A un certo punto può capitare che si cambi. Anzi,
certamente si cambia. Io cambierò. Tu cambierai. E poi? Se le direzioni dei nostri
cambiamenti saranno diverse?”
“Cercheremo di cambiare insieme.”
La morte è proprio quella cosa lì, uno strato sottile di
polvere sugli oggetti.
“Ti amo.”
“Quanto?”
“Tanto.”
“Non è sufficiente.”
“Tanto che scalerei il Bianco in mutande e maglietta da
Superman, per te.”
“Poi?”
“Tanto che il petrolio della Terra non ti scalderebbe quanto
un mio abbraccio.”
“Di petrolio ne è rimasto poco.”
“Quanta tutta la birra prodotta da tutto il frumento
macinato con tutti i mulini a vento del mondo.”
“Così va meglio.”
“Il vento non finirà mai, e ci sarà sempre un vegetale utile
per fare la birra.”
“Si.”
“Il mio amore è rinnovabile ed ecocompatibile.”
Fabio Geda
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