Nella foto c’è una caffettiera rossa, su sfondo bianco. Lo sfondo è così
bianco da trascendere il significato stesso della parola bianco, del
colore. Lo sfondo diventa più bianco del bianco superandone il confine.
Diventa un non colore. Un non colore talmente impalpabile che sembra
essere infinito, con prospettive tanto sfuggenti da oltrepassare
l’orizzonte e correre ancora più lontano.
C’è questa caffettiera, ed è rossa. Panciuta, con il profilo simile a
quello di una persona grassa. Ha il manico ricurvo posto sul lato
superiore, fatto di legno, mentre il beccuccio si allunga in verticale
uscendo da un lato.
La caffettiera è la chiave di tutto, anche se può non sembrare. È una
chiave che fa di tutto per distogliere l’attenzione da se stessa. Ma
come ogni chiave è inutile se non viene usata in combinazione con una
serratura. Una chiave che non entra in nessuna toppa di nessuna porta di
nessuna casa o stanza, è un oggetto che non serve a nulla. È una
chiave, così come il bianco dello sfondo, una chiave non chiave.
La serratura in questo caso è proprio lo sfondo bianco. Uno sfondo che
può sembrare non contenere niente, non essere niente, e che invece
contiene quella che potrebbe essere definita una porta. È lì, se non ben
visibile almeno non tanto nascosta da risultare invisibile. Siamo noi a
non vederla, ma solo per il semplice motivo che non la vogliamo vedere.
Non la scorgiamo nel bianco del bianco, nonostante questo esiste
benissimo, ed è lì, proprio dietro la caffettiera rossa. Se decidiamo di
aprirla usando la caffettiera, e varcarne la soglia, bisogna fare una
serie di ragionamenti che potrebbero essere alquanto appesi a esili fili
sottili.
Mettiamo che lo sfondo sia talmente bianco da non essere bianco, proprio
come dicevamo prima. Mettiamo che chi ha posto lo sfondo dietro la
caffettiera abbia strofinato così tanto lo sfondo stesso da toglierne
dalla superficie tutto il colore che lo poteva ricoprire. Lo ha fatto
diventare trasparente. È diventato uno sfondo che non è altro che un
vetro: pulito, lucido; perfetto. Nel caso in cui fosse davvero
trasparente ecco che si compie la magia. Ciò che si sta guardando, la
caffettiera rossa su sfondo bianco, non è più la caffettiera rossa su
sfondo bianco, ma diventa invece lo sfondo bianco, solo e soltanto. La
caffettiera rossa sparisce dall’immagine, diventa a sua volta
trasparente. Questo non tanto perché il cervello non la avverte, quanto
piuttosto perché nel percorso dello sguardo quest’ultimo la schiva; o se
vogliamo parlare in termini prettamente più neurologici, e giusti, la
figura della caffettiera è catturata dagli occhi, ma l’impulso che
l’organo visivo invia al cervello si perde nel tragitto che dall’esterno
porta all’interno. Quando l’informazione arriva al cervello, la
caffettiera rossa è sparita, ferma magari da qualche parte lungo il
nervo ottico. Il cervello si concentra sull’aspetto più interessante di
quanto percepisce, scartando automaticamente il resto. In questo caso
ciò che è più intrigante è lo sfondo, non un oggetto normalissimo e
quotidiano quale la caffettiera. La caffettiera è solo la chiave; la
porta è lo sfondo. Una volta aperta la porta la chiave diventa inutile,
non è più così importante. A cosa serve una chiave che apre una porta
già aperta (supponendo che quest’ultima non possa essere richiusa)? A
niente, appunto. La caffettiera non è niente, e come niente scompare.
Si arriva perciò ad avere una foto che raffigura solo uno sfondo bianco
infinito, un campo lunghissimo che non si pone confini, che non ha
confini. È questo che attira l’attenzione in modo talmente esclusivo: lo
sfondo non pare avere fine, ma all’interno della foto viene ugualmente
racchiuso dentro dei confini. Guardi la foto e la foto non si ferma
sulla carta sulla quale è stampata, va oltre. La foto ha una
tridimensionalità verso l’interno, quella che si è abituati a chiamare
una percezione di profondità, nonostante non abbia nessun punto di
riferimento da usare come paragone. Questo fa scattare
definitivamente la serratura. La porta si apre, magari scricchiolando un
po’ sui cardini, e mostra quanto deve essere mostrato, ovvero il
significato della foto della caffettiera rossa su sfondo bianco.
La foto si intitola proprio così: Caffettiera rossa su sfondo bianco. Ma
chi la guarda non osserva la caffettiera, si sofferma in modo maniacale
sullo sfondo. Questo perché lo percepisce irreale, ne vuole capire il
senso, quasi fosse il trucco di un prestigiatore: è spinto a scoprirne
il trucco. Quando un oggetto (o una persona) reale viene calato in un
contesto che non è reale, o che per lo meno non viene riconosciuto come
reale, l’oggetto (o la persona) perde la sua caratteristica concreta e
diventa finto, palesemente artificiale.
Per quanto ti possa affannare ad arricchire l’oggetto della tua
attenzione di particolari sempre più dettagliati, tutto per rendere la
rappresentazione della realtà quanto più vicina possibile alla realtà
stessa, non è l’oggetto della tua attenzione a dover essere davvero
oggetto della tua attenzione. È il contorno che dovrebbe ricevere quanta
più attenzione possibile, anche più dell’oggetto che più ti interessa.
Più reale e completo è il contorno, lo sfondo, tanto più visibile
diventa la caffettiera.
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