Perdersi a Lucca non è mai stato così facile, con le strade interne che si incastrano le une con le altre, e le entrate delle librerie che si affacciano in una via mentre le uscite sono su delle altre. Le mura sono un confine che sembrano rassicuranti, oltre di esse c'è il resto, è vero, ma con loro ad abbracciare la città non è possibile perdersi. Basta arrampicarsi sopra di esse, tra una frase e l'altra, continuare a parlare come se niente fosse, e aspettare un'altra curva, un'altra ancora, prima di scendere e andare alla ricerca della macchina. L'auto è lontana, e il tempo comincia a scarseggiare: tic tac. Il rumore delle lancette si confonde con il suono dei passi di chi passeggia accanto a noi. Sono i tacchi o sono i cani che rischiano di cadere dentro le fognature che non hanno niente di medioevale. E i piedi cominciano a farci male così tanto da pensare di esserci persi, senza riuscire a trovare una strada una che fosse una strada che si avvicina a un nostro ricordo vicino. Gli occhi cominciano a vedere piccole stelline intermittenti. Non sono le luci dei lampioni che iniziano ad accendersi, ma i sintomi di una stanchezza che non può più essere ignorata. Per arrivare alla macchina c'è ancora molta strada da fare. Il sole è tramontato e ci ha lasciati soli, mentre i locali dove i giovani festeggiavano l'ultimo dell'anno si sono svuotati e sono rimasti sfitti. C'è ancora tempo per festeggiare, e la stanchezza non va ignorata, va semplicemente accantonata.
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