martedì 18 ottobre 2011

Odore

Poi c'era questo odore, ogni volta sempre più intenso, pungente. Ti schiaffeggiava quando meno te lo aspettavi, entrandoti a forza nelle narici e facendosi spazio tra le sinapsi, ti regalava quella faccia da ebete da farti quasi vergognare. Tu cercavi di non caderci, ma era più forte di te. Perdevi il controllo, i tuoi stessi muscoli facciali si rilassavano, prendevano forme inaspettate, sorrisi da non sorridere ma trattenuti appena, a fior di labbra: il disegno della felicità non vista doveva entrare dentro la tua testa di soppiatto, senza fare scattare nessun tipo di allarme.
Comunque. Questo odore non riuscivi a definirlo, lo assaporavi sempre con una specie di sollievo e gioia, ma dimenticavi di prenderne un campione, di tenerne un po' da parte per poterlo studiare, analizzare magari con il microscopio. Non riuscivi a dartene pace, così quando ti ricapitava di sentire di nuovo quell'odore lo facevi titubante, pronto a buttarti addosso a lui, dentro le sue braccia, ma allo stesso tempo frenato dal desiderio di prenderlo e imprigionarlo. Il motivo? Come mai tutto questa speranza di poterlo catturare? Perché dentro di te avevi questa sete irrefrenabile da saziare. Volevi quell'odore addosso a te tutti i giorni per tutto il santo giorno. Solo allora avresti potuto sentirlo con la giusta calma, prenderti il tempo necessario, quando ne avresti avuto abbastanza e mai abbastanza, sempre più sempre di più. Da solo a casa lo avresti interrogato per capire meglio: per quale motivo si prendeva la briga di seguirti, di continuo, o almeno quando meno te lo aspettavi ti veniva a fare visita, chissà poi tutte le altre volte, magari i minuti durante i quali neppure sapevi o speravi ti stesse vicino, lui era lì a un passo da te, e per poco poteva anche appoggiarti la sua mano - una mano di profumo che tipo di mano è? Quale è la sua forma? Quante dite ha? Qual'è il suo tatto, il suo peso? - e tu invece fuggivi via, solo perché non sapevi ti stesse vicino, che fosse dietro le tue spalle e aspettasse solo un attimo prima di richiamare la tua attenzione. Se solo lo avessi saputo ti saresti girato, lo avresti salutato come si deve: niente strette di mano asettiche, bensì baci profondi sulle guancie - le guancie di un profumo - parole scambiate tra chiacchiere inutili ma spese ugualmente bene per il tempo concesso, i minuti insieme, tutti tranquilli, concentrati, sperati.
Gli avresti chiesto, a quell'odore magari seduto di fronte a te, legato a una sedia se fosse stato reticente e avesse cercato di scappare via, oppure tranquillo con un bicchiere di vino condiviso, se al contrario avesse fatto il tuo stesso gioco e quella conversazione l'avesse desiderata lui quanto te; gli avresti chiesto, come mai questo atteggiamento? E non ti saresti riferito al fatto di spiarti o di coglierti di sorpresa, neppure a quei momenti durante i quali pensavi a tutt'altro e tutto a un tratto lui arrivava rapendoti. No, nient'affatto. Ti riferiresti a come si comportava, al suo atteggiamento nei tuoi confronti quando ti veniva a trovare. Come mai ti schiaffeggiava - questa era la parola che avevi usato e la parola più opportuna, più vicina alla realtà. Non sarebbe stato più opportuno un gesto, come dire, meno violento, più intimo in qualche senso, tipo una carezza? Uno sfiorarsi. Qualcosa che rendesse l'idea del suo stesso odore - l'odore di un odore, il profumo nel suo respirare quando si muoveva, l'evanescenza di un gesto - tutto qua. Una carezza. Tu avresti preferito una carezza di quel profumo.

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