Ogni viaggio è soprattutto un ritorno,
anche se il ritorno, quasi sempre, dura assai poco e viene presto l’ora
di andarsene.
La vita trova spesso il modo di vincerci,
con i mezzi di volta in volta appropriati alla nostra debolezza, il
vino, la droga, l’ambizione, la paura, il successo.
Era una creatura braccata; non le era
stato concesso il benefico oblio, grazie al quale si dimentica di essere
continuamente incalzati dalla morte e, prima di esserne raggiunti,
anche da altre catastrofi.
Forse anche scrivere nell’ombra è una
forma di emicrania, ma alla scuola di quest’ultima si può imparare a
capire l’esistenza, a domarla e ad assaporarla, benevolmente autonomi
dal mondo.
Ogni Medea è la storia di una
terribile difficoltà di intendersi fra civiltà diverse; un monito
tragicamente attuale su come sia difficile, per uno straniero, cessare
veramente di esserlo per gli altri.
La Storia è anche un trasloco, un mettere e togliere arredi dalla soffitta al salotto buono e viceversa.
La grande estate ferisce; in
quell’orizzonte che si spalanca c’è tutto e anche tutto quello che si è
perduto e si continuerà a perdere.
Talvolta si pensa che forse prue la morte è
il frutto di quest’abitudine alla dimenticanza, che forse si muore
perché ci si scorda di essere immortali.
Lisa guarda il figlio, non sorride ma qualcosa sulla sua bocca sottile si scioglie, come se fosse stata baciata.
Scrivere serve anche a questo, a distrarsi dalla morte.
Forse si ricorda anche e soprattutto non
ciò che si è vissuto, ma quello che ci è stato raccontato. Le cose
succedono sempre agli altri.
Claudio Magris
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