L’unica risposta sensata che sono riuscito a darmi è che, essendo piccola nel suo complesso, l’umanità ha un debole per gli insetti.
Sapevo che arrendermi alla paura avrebbe significato rinunciare per sempre ai miei sogni, tuttavia è proprio ciò che feci. Forse dovrei prenderla meglio, accettare la mia pusillanimità di allora come una riprova della mia mancanza di talento. Il vero talento non è mai vile.
Qualcosa però mi manca. Più di tutto mi manca la capacità di sognare. Parlo dei sogni a occhi aperti. A sognare quando si dorme è bravo chiunque. Viaggiare con la mente in stato di veglia, invece, è una prerogativa speciale che si spegne col tempo.
In seguito persi quasi completamente la capacità di estraniarmi. Andavo al cinema e seguivo la trama dall’inizio alla fine. Parlavo con qualcuno e non perdevo mai il filo del discorso. E quando mi trovavo a viaggiare in macchina, vedevo solo il paesaggio scorrere fuori dal finestrino.
Ero diventato adulto e, a forza di fantasticare sempre meno, scoprii che mi innamoravo sempre meno e credevo in meno cose. Per un po’ ne restai dispiaciuto, provavo nostalgia di quando ero un sognatore e tutto il resto. Poi mi dimenticai di com’ero da giovane e smisi di dispiacermi. Avvertivo soltanto un vago sapore di vuoto la cui esatta natura ero incapace di definire.
Quanto al destino in senso più generale, non esiste, è il Babbo Natale degli adulti. Siamo noi, il destino, mi dico.
Le monete sono simboli, come le parole, e quando traduci il significato di un termine in un’altra lingua è il suono a cambiare, non il senso.
In fondo, la realtà non è che una deformazione mentale, una specie di malinteso collettivo. A dispetto dei nostri sforzi, non penetriamo mai l’essenza delle cose. Il mondo sarà sempre come lo vediamo.
Un pittore sa benissimo che prima o poi si innamorerà della propria modella.
Ho imparato che scrivere è facile, tutto sommato. Basta leggere. E avere una storia da raccontare, ovviamente.
Tommaso Pincio
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