Durante le sedute, mentre ascoltava attenta, Claire aveva spesso l’impressione che non le rimanesse niente. prendendo appunti, invece, sentiva di studiare quanto le veniva detto, di renderlo tangibile.
Ogni volta che il passato incrociava il presente, Claire diventa nervosa. La vedeva tutto il giorno che cos’era la memoria per la gente: era il posto in cui si cristallizzavano le brutte sensazioni, i peggiori momenti di una vita, ripassati tante di quelle volte che diventavano lisci e duri come calli o vetri levigati dal mare.
“Mi sento male” disse Adam, mentre lei stava per uscire.
“Dormi” gli sussurrò Claire.
“Mi viene da vomitare.”
“Chiudi gli occhi e pensa che giornata stupenda sarà domani.”
Chiuse la porta piano. Adam scoppiò a piangere. Cosa sarebbe successo se lei avesse riaperto la porta? A quarant’anni suo figlio avrebbe abitato ancora in casa con lei. Se la lasciava chiusa, sarebbe diventato un pluriomicida.
Non che Jody fosse stata internata, chiusa a chiave dietro una porta con su scritto SOLO USCITA DI SICUREZZA. Era una normalissima ventiquattrenne che era andata in terapia per più di metà della sua vita e che quindi non sarebbe mai più stata normale, non nel più profondo senso della parola.
“Ma perché ti viene così spesso mal di gola?” ripeté lui.
A ripensarci, Jody si chiedeva cosa si aspettava che gli rispondesse: Be’, vede, mia madre non mi ha allattata al seno, e considerato che la gola e la bocca sono un’importante area di contatto fra madre e figlia, suppongo si possa dire che un indolenzimento o un’infiammazione della zona negli anni successivi alla prima infanzia possano essere il risultato dell’intimità mancata.
Quando sei piccola guardi la faccia di tua madre, ed è la tua faccia. Lei ti sorride e in quel momento lei è te. Quando cresci un po’, tu ricambi il sorriso e in qualche modo il sorriso sul tuo viso è il suo sorriso, sei tu che stai diventando lei.
Passarono l’ora quasi completamente in silenzio, assorbendo tutto, registrando, per non rischiare di rovinare quel momento con le parole sbagliate.
I Goodman erano di quelle persone basse e rotondette che sembrava che un tempo fossero state più alte ma poi qualcosa, magari un incidente, le avesse schiacciate lentamente.
Ogni volta che piaci a qualcuno, per istinto anche quel qualcuno ti piace.
Era semplice e complicato come innamorarsi e poi disamorarsi. Era come il momento quando, dopo dieci anni di matrimoni, capisci che è finita. Ma in un matrimonio puoi restare, puoi distrarti facendo altro, allargare la casa, fare un viaggio di piacere intorno al mondo, avere una storia extraconiugale. In analisi c’erano solo quei cinquanta minuti in quella stanza.
A. M. Homes
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