lunedì 21 maggio 2012

L'uomo che andava al cinema

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Ho sognato pure di realizzare qualcosa di grandioso. Ma ci sarebbe molto da dire sul fatto che io abbia rinunciato a tali ambizioni e abbia scelto di vivere la vita più normale possibile, una vita senza le vecchie aspirazioni; vendendo polizze, azioni e fondi comuni; uscendo alle cinque dal lavoro come tutti gli altri.

Per essere sincero fino in fondo, sono sempre stato leggermente imbarazzato in compagnia di Walter. Ogni volta che sono con lui sento la tensione della corda tesa, al necessità di essere all’altezza dell’amicizia fra tutte le amicizie, di coltivare un’intimità oltre le parole. Il fatto è che abbiamo poco da dirci. Fra noi c’è solo questo silenzio denso di comprensione. Siamo compagni, sì, ma compagni imbarazzati.

Ho scoperto che la maggior parte della gente non ha nessuno con cui parlare, nessuno cioè che abbia veramente voglia di ascoltare. Quando uno capisce finalmente che tu hai davvero intenzione di sentirlo parlare dei suoi affari, lo sguardo che gli passa sulla faccia è qualcosa da vedere.

Hai notato che solo di fronte a una malattia, o a un disastro, o alla morte, la gente è reale? Mi ricordo all’epoca della mia tragedia – la gente era così gentile, servizievole e solida. Tutti pretendevano che le nostre vite fino a quel momento fossero reali in ogni istante come in quell’istante e che anche il futuro dovesse essere reale, mentre la verità era che la nostra realtà era stata raggiunta solo con la morte di Lyell. Dopo un’ora o poco più, eravamo di nuovo scomparsi e ciascuno di noi se ne era andato per la propria incerta strada.

Merle mi ha chiesto: Cosa ti passa in mente? Mi sono alzata e l’ho salutato. Lui ha detto: ma sono solo le quattro e mezzo, non è finita la tua ora. Poi ha capito che stavo andando via sul serio, si è incuriosito e mi ha proposto di analizzarne le ragione. Io ho detto, Merle, come vorrei che tu avessi ragione. Come sarebbe bello poter pensare che ci siano delle ragioni e che il mio silenzio significa che sto nascondendo qualcosa. Come sarei felice se nascondessi qualcosa. E come sono fiera quando realmente trovo delle ragioni segrete, a conferma delle tue teorie preferite. Ma cosa succede se non c’è niente? ecco quello che ho temuto finora – che qualcuno scoprisse che non nascono nulla.

Voi direte sicuramente che è una cosa semplice, tanto di guadagnato e nulla di perduto, prendere su una bella ragazza e dirigersi verso la spiaggia il primo giorno di bel tempo. Così dicono i rotocalchi. Ebbene non è poi una cosa così facile e se mai lo avete fatto sapete che non lo è – a meno che naturalmente la donna non sia vostra moglie o un’altra creatura così quotidianamente familiare da esservi invisibile quanto lo siete voi a voi stesso.

Il suo costume da bagno è di una stoffa nera brillante come quelli olimpionici. Esce dall’acqua come uno spaniel, muovendo la testa in modo da far ruotare i capelli unti in un’unica treccia bagnata e poi si china per togliersi l’acqua dalle gambe. Adesso se ne sta a fantasticare sulla spiaggia, le gambe strette, il bacino di traverso, il pollice e l’indice puntellati leggermente sull’osso iliaco, come farebbe un’atleta. A mano a mano che l’acqua salata si asciuga e pizzica, lei si astrae, continuando a giocare con la ciccia dell’avambraccio e passandosi mollemente le dita lungo la schiena.

Stranamente mia madre parla come mia zia più di mia zia stessa.

Perdere la speranza non è poi così male. C’è di peggio: perdere la speranza e nasconderlo a se stessi.

I cristiani parlano dell’orrore del peccato, ma hanno dimenticato qualcosa. Continuano a parlare delle persone come se fossero tutte dei grandi peccatori, mentre la verità è che oggigiorno uno raramente ne è all’altezza. C’è ben poco peccato nelle profondità del disagio. Il momento più alto nella vita di un “disagiato” può essere proprio quello in cui riesce a peccare come un vero e proprio essere umano.

Walker Percy

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