Procediamo con ordine. Si, ordine. Ordine, ordine, ordine: Morozzi, Bellocchio, Santoni. Ecco l'ordine.
Partiamo come cacciatori di soli, con la pioggia che scheggia il vetro, l'afa monsonica a forma di k pesante sopra la testa si appiccica uggiosa alla pelle, mi fa sudare i palmi delle mani. Guidare con il finestrino aperto, appoggiare l'avambraccio pronto come su una ghigliottina al contrario, tenere il pugno aperto, e lasciare che l'aria passi tra le dita. Morozzi, Bellocchio, Santoni. Passiamo il tempo a creare il caldo in bocca, generatore di casualità per le strade a destra e a sinistra di una ferrovia. Il passaggio a livello eternamente alzato, il suono di una campana non in lontananza ma vicina, mentre la febbre ci parla al telefono, con voce balbettante ci indicava la strada, quella giusta, quella che avevamo imboccato e dalla quale poi eravamo scappati. Morozzi, Bellocchio, Santoni. L'asfalto si fa sterrato, piccoli sassolini che non sono ghiaia rimbalzano via lontano dalle ruote, fino al parcheggio in una buca. Morozzi, Bellocchio, Santoni. Freno a mano, motore spento: Natalie stava cantando di migliaia di maniaci, salutava Kerouac, aveva la voce di Patti che già era stata quella di Bruce; ma non appena giro la chiave la sua voce si fa muta. Morozzi, Bellocchio, Santoni. Il tempo da piovoso si è fatto sereno: non fa caldo, non fa freddo, è solo leggermente medioevale. Il pavimento in grosse pietre marrone chiaro, il prato scapestrato in cui ci sono sedie, panchine, palchi. Morozzi, Bellocchio. No Santoni. Non ancora. Con ordine. Si, ordine. Ordine, ordine.
L'incontro è una conversanzione a due, lui-lei, nessun altro. Dopo aver raccontato la propria storia, l'ultima per lui, la prima per lei, si fanno domande a vicenda, si aprono, raccontano aneddoti, come costruire un qualcosa, il distacco tra autore e personaggio, la nascita, la genesi, il percorso di un personaggio, non solo il protagonista. Morozzi rimane per la sua parlata, sempre molto sorridente, la punteggiatura leggermente più lunga di quanto non. Una qualità, differenzia da altri. Bellocchio invece per la risata, per come le esce dalla bocca e dal suo trattenersi: vera, ecco come.
Poi tutto viene tranciato a metà. Non so se fosse così, ma poteva andare anche avanti. Al di là delle domande, del pubblico che si alza in piedi e prende il microfono. Invece si taglia, con cesoie piuttosto lunghe. Il tempo di spostarsi poco dopo l'ingresso, e l'ordine viene ristabilito. Si, ordine. Santoni, Santoni. In una piccola nicchia, con camicia arricciata, capelli in diagonale. La presentazione è più convenzionale: due microfoni di cui ne rimarrà soltanto uno. La presentatrice domanda, Santoni risponde, spiega, sviluppa. Ottima parlata, opinioni e idee non banali, unione tra Pazienza e Tondelli. Ci sarebbe ancora tempo per una scrittura industriale collettiva, ma l'orologio fa tic tac, le lancette procedono in avanti scivolando indietro. E' tempo di ripartire, è tempo di toranare al tempo moderno. Togliere il freno a mano, sentire Natalie cantare di nuovo, discutere, riavvolgere la strada su un gomitolo di lana e nero. Il pedaggio. E poi: Morozzi, Bellocchio, Santoni.
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