lunedì 10 maggio 2010

Pure noi come il mondo/1

Spiegami il mondo, disse guardando fuori dalla finestra la coltre bianca di neve caduta in strada sui campi e su tutto il paesaggio fin oltre l'orizzonte. Sei bella, stupenda: meravigliosa; rispose lui disteso sul letto, le braccia le mani incrociate dietro la testa. Non parlarmi di me, si voltò di scatto lei, quasi arrabbiata. Sono stufa, annoiata, ne ho piene le scatole di tutte queste tue inutili sviolinate su di me. Dimmi degli alberi, dei fiori, delle api e del polline; spiegami il sole, il tramonto, le nuvole cariche di pioggia, quelle grigie e quelle bianche invece serene.
Potrei dirti che ogni singolo fiocco di neve caduto in questi freddi giorni è diverso da qualsiasi altro caduto in molti altri giorni freddi passati: per punte per stelle, per la forma dei cristalli che sembrano stirarsi dopo aver dormito in letargo per intere stagioni; disse lui alzandosi dal letto. Si mise a sedere tenendosi ritto il busto con le braccia allungate e puntate sul materasso disfatto. Potrei spiegarti come fanno i metereologi a cercare di capire che tempo farà domani o dopo domani o dopo domani ancora, anche fra una settimana; i calcoli precisi studiati per dire la minima e la massima su province città e regioni. Ma poi tutto questo che senso avrebbe, visto che poi alla fine dovrei pur sempre paragonare la neve a qualcosa. E quindi che cosa?
Non dirmi la pelle, sbuffò lei sfiorandosi un poco una guancia pallida con le dita. Non ce la faccio più, sono esausta. Sentì lo sforzo salirle la schiena, arrampicarsi usando una ad una le vertebre come scalini. Da dietro la stanchezza l'abbracciò con le braccia di lui. Chiuse gli occhi spossata, lasciando andare un leggero sospiro che appannò un poco il vetro della finestra. Tutto ad un tratto, con le palpebre abbassate, il paesaggio da bianco limpido solare divenne buio, nero più nero della pece; e spento: magnificamente spento.
È così che mi voglio sentire, pensò tra se: staccata. Spina, corrente, corde, fili. Tutto via.
Cosa c'è fuori? Chiese.
Fuori? Fece lui. Fuori c'è il mondo.
Ma io non lo vedo. Ho gli occhi chiusi. Dimmi com'è?
C'è un prato, innevato. Un albero lontano che si staglia solitario quasi all'orizzonte. Poi c'è la strada, oltre una siepe bassa, con le auto che sfrecciano veloci da una parte e dall'altra.
Vedi? Lo interruppe lei.
Lui sorrise, tranquillo, ignaro. Cosa?
Io sto tenendo gli occhi chiusi. È buio. Mi vedo le palpebre. Dovrei vedere me stessa, dentro. Ma non ci sono alberi, non ci sono prati, non ci sono macchine che passano, né macchine che stanno ferme immobili. C'è solo buio. Quindi non è possibile che tutto il mondo, il mondo intero, sia scomponibile in ogni sua parte, in una qualche singola parte di me.
Disse.
Si liberò dal suo abbraccio e si rivestì in silenzio, senza dire nessun'altra parola.

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