giovedì 20 maggio 2010
Tutta Colpa di Giuda
"Ti è mai capitato di innamorarti di un personaggio?"
Siamo seduti con le spalle appoggiate al muro sul letto del tuo appartamento, quello dove hai deciso di venire ad abitare di punto in bianco, adducendo una scusa qualsiasi per nasconderne il vero motivo.
Quando mi ci hai fatto entrare, ridendo, mi hai chiesto di non essere duro, di non criticarti aspramente per una scelta che, dici di saperlo, hai preso in modo impulsivo. Ti ho promesso di non essere duro, di non esserlo troppo, ed infatti non ti ho criticata anche se a prima vista più che un appartamento sembrava una vera e propria cella. All'inizio ti volevo giusto dire che stavi prendendo la faccenda troppo maledettamente sul serio, che ti stavi lasciando coinvolgere fin quasi al midollo, e questo non era un bene: non è mai bene quando ci si lascia immergere così velocemente nelle sabbie mobili. Non ti ho esposto tutti questi dubbi solo perché ho contato fino a dieci prima di farlo, e già quando sono arrivato a sette mi sono reso conto che magari non era da tutta questa storia della recita che ti eri fatta prendere troppo. E anche che magari eri solo stanca. Stanca sfinita.
"Innamorarsi mi pare una parola così grossa."
"Beh, si. Diciamo infatuarsi."
Fumiamo una sigaretta, una per uno. Lo facciamo sincronizzati alla perfezione, prima aspiri tu poi aspiro io, come in una di quelle danze che inventi lasciandoti prendere dall'ispirazione, forse solo per evitare in un modo o nell'altro di guardarci negli occhi mentre ci parliamo.
"Scusa ma anche così non capisco cosa intendi."
"Voglio dire: questa qua, questa dalla maglie a maniche corte, così come le camice, o dai pantaloni sempre larghi; questa qua non sei te, no? Eppure è strano perché certi aspetti non puoi certo fingerli, come ad esempio saper suonare la fisarmonica."
"Sono esperienze che si portano dentro al personaggio."
"Si lo so, ma proprio qui viene da domandarsi quanto ci sia di tuo e quanto invece ci sia del personaggio. E la cosa ancor più strana è che questo sia un film interpretato da carcerati, carcerati veri, che però per interpretare dei carcerati devono comunque in qualche modo recitare. I volti, le mani, tutto quanto a livello estetico può rappresentare la realtà della o delle prigioni, ma alla fin fine devono pur sempre seguire un copione, perseguire una storia comune. Non può essere verità al cento per cento, non può iniziare e finire con le riprese con camera a mano e le interviste ai protagonisti."
"Ci sono anche dei personaggi inventati o interpretati veramente."
"Certo, non lo metto in dubbio. Anzi: a volte sono così quadrati, spigolosi; stretti nei loro ruoli che infatti sembrano proprio finti. Ma non è questo ciò di cui volevo parlare."
"E di cosa volevi parlare? Di me? Del mio personaggio? Del personaggio del direttore? Di come avresti voluto esserci te al suo posto?"
"Siete calati i contesti che fanno si... situazioni vivibili, o per lo meno desiderabili: facilmente desiderabili da vivere."
"Tipo?"
"Tipo il primo bacio."
"Ogni primo bacio dovrebbe essere desiderabile di esser vissuto, non credi?"
"Si, ma ci sono momenti e momenti. Ad esempio quando avvicini la tua sedia alla sua."
"Ed è di questo che ti sei... ehm.. innamorato? Infatuato?"
"No. Perché in fondo tutta la storia è, diciamo, affascinante sotto il punto di vista del progetto: lo spettacolo, la messa in scena, lo studio, e gli attori utilizzati; ma non riesce a convincere del tutto. Quello che davvero affascina è la capacità del tuo personaggio di riuscire a ragionare sulle cose, sui concetti. Farsi un'opinione propria sui fatti, anche antichi o di nuovi testamenti. Leggere i vangeli per la prima volta e farsi delle idee proprie, senza essere inquinate da resti vari di infanzia catechizzata. Il riuscire a ragionare con la propria testa."
"Perché, tu non lo fai?"
"Forse. Ma forse non abbastanza."
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