c'è gente che si sdraia nuda sui tappeti rossi per strada che stupidamente altre persone della sua stessa razza hanno steso in onore e gloria a tutto il niente che individui di tale genere sono riusciti a fare: tirar fuori la fama da un bicchiere vuoto, o dal nulla, questa si che è magia prodigiosa, far volare le stelle in alto nello spazio o esplodere in centomila bombe atomiche trattenute dalla gravità di una galassia intera. e alzano le gambe al cielo, in posizioni che non si riesce a capire se non nell'atto volontario di far scalpore, come se il fine ultimo fosse solo far parlare di sé in qualsiasi modo, non importa ciò che fai o come lo fai, basta solo che gli altri ne parlino: anche la critica più negativa è un bene se può far diffondere la faccia, le gambe con sopra ricamati fiori steli petali intrecciati in disegni contorti quanto forse la stessa mente. autocelebriamo la magnifica intelligenza vuota di chi è riuscito a costruirsi da solo un vero e proprio culto di se stesso, con tanto di chiese moschee e riti religiosi, chiamando a raccolta altri ingenui seppur fanciulli facendo leva su ciò che di più basso può significare il clamore.
ave quindi, evviva evviva, a chi è capace di nascondere il significato mostrando un corpo che non è neppure il suo. altra magia da palloncini trasformati in galoppanti cavalli: privare agli occhi degli altri ciò che davvero è importante rinchiudendolo dentro un cassetto a forma di essere umano che nonostante tutto rimane pur sempre vuoto.
perché si vedono le cicatrici attraverso le quali si è deciso di far asportare via qualsiasi cosa, cuore cervello anima e passione. una specie di patto con il diavolo dove lui è seduto davanti ad una scrivania e tu invece sei sdraiato su un lettino ospedaliero, senza anestesia, pronto ad esser operato ma non in senso fisico quanto piuttosto nel più viscerale dei tuoi io. allora via: con le mani legate e i piedi stretti in funi annodate agli angoli del lettino, gli arti a formare una grande gigantesca X che segnava il punto dove scavare. ed il diavolo che apriva varchi attraverso la tua carne, incidendo la pelle in superficie con le sue zozze corna affusolate. potevi sentire lo stridere che faceva la punta sul tuo ventre, mentre un rivolo di sangue sottolineava il taglio che bruciava del peggior inferno tu avessi mai potuto immaginare. ma niente a confronto con il ravanare affannoso delle sue mani dalle unghie appuntite, che come si muovevano dentro di te non facevano altro che tranciar via nervi spezzando ogni condotto neuronale diretto al tuo cervello.
è stato per poco, vero? solo qualche minuto di lunga e lenta agonia che sembrava non aver mai fine. è dura quando si soffre con un significato che si evolve a potenza in ogni singolo secondo: cresce cresce cresce e non pare mai arrivare ad un soffitto, questo tremendo dolore che credevi già insopportabile dopo pochi istanti e che invece continua ad evolvere in forme sempre più spigolose e appuntite.
ma come dicevo immagino sia stato per poco, anche se sembrava eterno. giusto il tempo di tagliare via qualsiasi ponte che univa i tuoi sensi al tuo stesso cervello. poi è stato il buio, sia di vista che di udito che di tatto. niente più gusto in quel suo operarti maligno da sveglio. lo vedevi il diavolo mentre ghignando col suo sorriso infimo ad arco continuava il suo lavoro con meticolosa precisione, e tu, tu non sentivi assolutamente niente se non la sua voce dentro la tua testa che ti prometteva tutto ciò che sempre avevi desiderato e sognato. non ci saranno limiti a quelle che potrai fare ed ottenere, ripeteva: hai fatto bene ad affidarti alle mie sapienti mani.
anche oggi tieni in faccia un'espressione che non sa di niente: né gioia, se non falsa, né dolore, o paura. potresti fare tutto e ti potrebbero far qualsiasi cosa, senza minimamente sbatter ciglia o cambiare i lineamenti del tuo viso. è dura risalire a galla quando si è subito il peggior stupro di tutta quanta una vita, un'esistenza.
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