giovedì 5 maggio 2011
Il tanto decantato
C'era questa conversazione durante la quale lui mi diceva che l'amore era in fondo un po' come il vino: all'inizio ti piace, ma alla fine ti ubriaca. Io non ho mai sopportato l'amore, l'idea per lo meno. Mi ha sempre dato il voltastomaco. Per favore, gli dicevo, non parlare d'amore. L'amore è solo quello adolescenziale, quello che si vive tra i banchi di scuola, quando ancora non riesci neppure a immaginare ciò che ti aspetta davvero dopo il diploma, o la laurea. Magari fai il duro, il grande, e dici agli altri e a te stesso di saperlo benissimo, cosa sia la vita al di là dello studio; ma la verità è che sono solo supposizioni, teorie non supportate dalla pratica, non ancora per lo meno. L'amore, il tanto decantato, è un concetto costruito su di una vita dove ancora la casa non è invasa dalla polvere ogni tre giorni, nella quale le camicie si stirano magicamente da sole e le ritrovi già perfette dentro l'armadio. Ciò che proviamo noi, a trent'anni, è qualcosa di completamente diverso, un amore strofinato e liso, lavato, risciacquato; una stoffa che ti brucia e ti punge, ma di cui nonostante tutto non riesci a fare a meno perché altrimenti sentiresti un freddo cane. Così vanno bene pure le ustioni, piuttosto del gelo. L'amore dei trent'anni, l'amore grande, è difficile da spiegare, perché rispetto a quello dei quindici è assai più complicato, intrecciato com'è in mille altre cose.
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