A volte mi prende voglia di raccontargli una storia che non è mai stata raccontata. Parla di un ragazzo e una ragazza, ovviamente. C'è un amico che cerca di fare capire al ragazzo quanto sia improbabile la relazione tra loro, tra il ragazzo e la ragazza, perché la ragazza in realtà sta con un altro ragazzo. Per quanto si possa sforzare l'amico non riesce a convincere il ragazzo a lasciare perdere, a voltare pagina per quanto questa pagina possa essere pesante e dura da voltare. Così il ragazzo rimane incastrato in tutta una serie di situazioni di stasi, una specie di coma cosciente, tipo trovarsi a passare la notte in un parcheggio deserto in attesa dell'arrivo della ragazza, fino a quando la ragazza non telefona per dirgli che non può più passare. Oppure fare lunghissimi viaggi estenuanti solo per trascorrere una manciata di minuti da solo con la ragazza, per fingere almeno una sera di essere una specie di coppia normale: cenare in una pizzeria fuori provincia, dove nessuno li conosce, senza il rischio di essere visti da qualcuno; immaginarsi per un poco, lui, dentro la vita dell'altro, del ragazzo vero della ragazza.
A un certo punto di questa storia il ragazzo e l'amico si trovano seduti su una panchina di un parco durante un pomeriggio qualsiasi. Parlano, l'amico per convincere il ragazzo a lasciare perdere, il ragazzo per cercare di capire la situazione, trovare il bandolo della matassa capace di risolvergli la situazione.
È una matassa bella complicata, dice l'amico, è piena di nodi. Scioglierli tutti è proprio un casino. Il ragazzo però non sembra ascoltarlo. È talmente immerso nel suo rompicapo da essersi isolato da qualsiasi cosa gli possa stare intorno. Non sente l'amico. Non sente le anatre starnazzare mentre nuotano nel laghetto del parco, né le risate di alcuni bambini intenti a giocare a due passi da loro. Un due tre, stella! Squisio. Bomba libera tutti! Il vento ha iniziato ad alzarsi, andando a sbattere freddo sulla faccia del ragazzo, ma lui non sente neppure quello.
Alla fine l'amico si alza dalla panchina un po' spazientito da tutto quel silenzio. Questa storia tra te e lei mi sta facendo venire il mal di gola, dice mettendosi in bocca una di quelle medicine sottoforma di caramelle aromatizzate al limone; si alza ma non se ne va. L'aspetta. Solo quando il ragazzo si alza dalla panchina i due escono dal parco per andare verso casa.
A volte vorrei raccontargli questa storia mai raccontata per tranquillizzarlo, fargli capire che nonostante mi possa alterare, mi possa arrabbiare, chiamare lui stupido e lei puttana, alla fine non lo lascerò solo in questo casino - anche quando magari mi verrà mal di gola a forza di parlarne, discuterne, ragionare di continuo dei soliti discorsi, come se stessimo avvitando una vite spanata che gira gira e gira ma gira sempre a vuoto - perché mi sento un po' la sua ciambella di salvataggio a cui può aggrapparsi, mentre viene sballottato di qua e di là da correnti sulle quali ha poco potere.
Mi piacerebbe però capisse anche che la loro storia è proprio come questa storia, ovvero non raccontata.
1 commento:
Mi piace. Che altro posso dire?
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