mercoledì 13 giugno 2012
Dark Shadows
C’era una volta un Tim Burton capace di confezionare film allo stesso tempo belli, godibili e significativi. Era un regista alle prime armi, dai capelli un po’ arruffati che facevano ridere non appena li vedevi privi di ogni possibile pettinatura. I grandi studi cinematografici lo guardavano un po’ storto, indecisi su cosa fare, perché scommettere del denaro sul suo talento poteva essere davvero un gran bel rischio, visto i suoi progetti strampalati, molto cupi e dark, quando ancora questa moda non era ancora stata sdoganata dai grandi incassi. Era il Tim Burton di Beetlejuice e soprattutto di Edward mani di forbice. Dopo di questi la fama lo ha accolto a braccia aperte, anche complice il buon lavoro per portare Batman al cinema, e di lì a poco il nome di Tim Burton non era più così pauroso come poteva esserlo agli esordi.
Una dichiarazione dello stesso buon Tim che può far riflettere: “Hollywood è strana: prima dovevi lottare per convincere gli studios ad avere Johnny Depp nel cast, ora non ti lasciano fare un film senza Johnny Depp.” È vero, Hollywood è strana, e non può non essere balzato all’occhio dell’attento regista che bene o male lo stesso discorso potrebbe benissimo essere trasportato sulla sua figura.
Dopo i flop del remake-reboot de Il pianeta delle scimmie, de La fabbrica di cioccolato e del musical gotico Sweeney Todd, è stato necessario mettere in scena un progetto baraccone e coloratissimo, con un target di possibili spettatori ad ampio raggio (soprattutto bambini) quale Alice in Wonderland (film dai buoni risultati al botteghino ma per niente affatto riuscito) per rimettere in pista Tim Burton.
Dopo il ritorno ai risultati economici, arriva ora questo Dark Shadows tratto da una soap opera degli anni sessanta basata su di una famiglia di mostri. Quale migliore tema per Tim Burton? È vero, l’atmosfera potrebbe essere la migliore e la più naturale per il regista, e infatti ne esce fuori un film davvero godibile, a tratti divertente, e che non annoia; ma la sensazione è che se lo stesso soggetto fosse stato dato in mano al Tim Burton di cui sopra, quello degli inizi, il film che avremmo per le mani sarebbe decisamente migliore di quello uscito nelle sale.
L’inizio e la fine sembrano tirati via, quasi di fretta per toglierseli finalmente dai piedi, e in certi punti (ed è questo che più in un certo senso rattrista) si ha la sensazione che quando prima Burton riusciva ad affermare qualcosa senza per questo dire esplicitamente nulla, qui invece prima allude in modo abbastanza evidente, poi ritorna su quanto sottointeso e prende per mano lo spettatore che ancora non ci è arrivato e gli fa capire con forza, spiattellandoglielo in faccia, il senso di quanto accennato prima. Lontani sono i tempi delle villette a schiera anonime di Edward mani di forbice.
Dark Shadows è carino, senza dubbio migliore di Alice in Wonderland, ma fa anche rivalutare molto il bislacco Mars Attacks!.
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