Aveva quattordici anni quando vide il mare per la prima volta. Se ne stava con i piedi, solo i piedi, immersi nell’acqua, e guardava l’orizzonte. Sembrava cercarne la fine.
I suoi genitori la guardavano pochi passi dietro, sorridendo. Non potevano vedere l’espressione della figlia. In quel momento dava loro le spalle. E anche se avessero potuto vederle la faccia, difficilmente lei avrebbe fatto trapelare qualcosa. Con dolci parole di circostanza la incitavano ad andare avanti, a tuffarsi. Ma lei non riusciva a fare un passo di più. L’acqua era troppo gelida. Sentiva il freddo risalirle le gambe e spargersi in tutto il corpo.
Per quel giorno, il primo, si fermò lì: a riva. Il resto del tempo lo passò sotto l’ombrellone, a leggere un libro portato da casa.
La mattina dopo, con i suoi genitori non più alle sue spalle, cercò di spingersi più lontano. Fece due passi, ma poi si bloccò di nuovo. L’acqua le arrivava a metà stinco, non oltre.
Il terzo giorno si spostò di poco. Sapeva di essere arrivata un po’ più lontano, ma era questione di centimetri, la differenza non si notava neppure. La sera ebbe l’idea di segnare con un pennarello indelebile l’altezza alla quale l’acqua era arrivata, in modo da poter misurare i suoi progressi, come faceva suo padre, quando lei era piccola, con tacche tracciate sul muro per vedere quanto cresceva di mese in mese.
Il quarto giorno successe qualcosa di strano. Quando si fermò, ad appena due metri scarsi dalla riva, con il mare a ondeggiare sopra e sotto il segno nero disegnato sulla pelle tesa sulla tibia, staccò per una volta gli occhi dall’orizzonte e si voltò verso la sua destra. Poco lontano da lei c’era una ragazza, ferma nella sua stessa posizione. Come lei era alta e magra, aveva i capelli castani lunghi lisci, e gli occhi sottili, poco seno, ventre piatto. Come lei indossava un bikini nero con disegnate sopra grandi vene bianche, attorno al polso sinistro un laccino scuro per capelli, alle dita niente anelli. Non fosse stato per la mancanza del piccolo tratto nero sullo stinco, avrebbe avuto la sensazione di guardarsi allo specchio.
Ciao, disse la ragazza appena si accorse di lei.
Ciao, rispose.
Si chiamava O., un nome che non aveva mai sentito prima. (Non puoi averlo sentito da nessuna parte, oggi è la prima volta che ci incontriamo). Anche lei era lì con i suoi genitori, per tutto il mese, in una casa presa in affitto lungo la via principale del paese. Il resto dell’anno viveva nella sua stessa città, vicino al centro commerciale dove lei andava a rifugiarsi quando pioveva e non aveva voglia di studiare.
È strano il mondo, si dissero a vicenda, non si erano mai viste, nonostante ci potessero essere state svariate occasioni, e si erano trovate lì, per la prima volta, al mare, sulla stessa spiaggia, lo stesso giorno, con lo stesso blocco a impedirle di tuffarsi in acqua.
Anche O. non riusciva a immergersi.
Nessun commento:
Posta un commento