In questi giorni ho riletto Camere Separate, il più bel libro che mi sia mai passato per le mani, e che ad ogni persona che incontro consiglio, vivacemente, ogni volta di leggere.
Ho preso in mano, in modo quasi distratto, la mia copia Bompiani e mi sono messo a sfogliarla. Qualche ora dopo questo primo approccio mi è capitato di entrare in una libreria e di trovarlo nascosto tra gli scaffali, offuscato da altri volumi più o meno grandi: un'altra copertina, un'altro tipo di carta, ma le stesse parole, la stessa impaginazione. Mi sono messo anche lì a sfogliarlo, ho letto la prima pagina, e mi sono accorto con sorpresa di quanto fosse nuova quella copia che avevo in quel momento tra le mani. Rispetto a quella la mia aveva la costola ingiallita; la quarta di copertina non era più di un bianco acceso, ma di un bianco sporco; le pagine erano più finite, e in qualche punto c'erano i segni del mio lapis adolescenziale che sottolineavano i punti più forti, quelli che mi avevano colpito di più.
Tornato a casa ho abbandonato il libro che stavo leggendo al momento e mi sono di nuovo immerso nel mondo di Leo (e Thomas). Bellissimo. Di nuovo sono tornato ad amarlo, ad amare Leo, ad amare Thomas, ad amare una prosa scorrevole e mai banale. E di nuovo torno a consigliarlo, a chiunque.
Forse sarebbe meglio arrivare a Camere Separate partendo dall'inizio. Cominciando laddove anche Tondelli aveva iniziato, e pure io a suo tempo avevo iniziato. Partendo da Altri Libertini, per arrivare a Pao Pao, passando per il quasi tradimento di Rimini, ed infine arrivare a Camere Separate: il punto di arrivo e la fine della scrittura di Tondelli.
Ma anche preso singolarmente, da solo, conserva tutta la sua bellezza, e si lascia leggere con una gioia e una soffice tenerezza che pochi altri libri riescono a dare.
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