Da un po' di giorni, per un motivo o per un altro, mi capita di dover prendere l'auto di mio padre: una vecchia Clio primo modello, nera e con pochissimi accessori. Ogni volta che ci risalgo e mi metto al posto dell'autista mi accorgo sempre di più di quanto mio padre sia riuscito a "distruggere" una macchina che fino a qualche tempo fa aveve pure sempre una sua dignità, nonostante la non certa tenera età.
Il pomello del cambio è incollato in modo piuttosto artigianale, con la colla secca che ha lasciato i segni della colata sulla plastica nera; la frizione non è più quella di una volta e per cambiare marcia bisogna premere il pedale fino in fondo e si sente dura, poco rattiva; un grande abete penzola dallo specchietto retrovisore e innonda tutto l'interno di uno schifosissimo odore di Arbre Magique alla vaniglia; il tappetino sul lato sinistro è diverso da quello del lato destro, fatto ritagliando in modo sommario una stoffa plastificata di dubbia provenienza.
Le uniche cose che mi fanno tenerezza sono le audiocassette degli Afterhours e dei La Crus che ho lasciato un po' sparse ovunque nei vari scompartimenti; la vecchia autoradio con il display verde che ogni tanto salta e fa sentire la musica come se si stesse facendo suonare un 45 giri alla velocità di un 65; l'orologio che ancora segna l'ora legale, a causa della pigrizia o l'incapacità di mio padre; le casse posteriori che all'epoca avevo comprato da un mio amico e per le quali avevo fatto i salti mortali per riuscire ad installarle negli appositi alloggi al limite della bauliera.
Mi fa sempre uno strano effetto ogni volta che ci salgo e mi accorgo di questi particolari, sia quelli belli che quelli brutti; perché quella macchina ha rappresentato un sacco di cose per me. Quando presi la patente avevamo due auto in casa e quella era la più nuova, quindi era per me off limit: era il sogno di guidare finalmente un'auto con il servosterzo, le scuse che inventavo per convincere i miei genitori a darmela, le sere e le notti sulle strade del ritorno a casa con la musica a palla che mi avvolgeva e mi teneva sveglio.
Vederla ora così, nelle condizioni in cui si ritrova, vecchia e non più nuova come un tempo, adesso che un'altra Clio modello successivo ha preso il suo posto e l'ha fatta diventare la seconda auto di casa, mi fa capire non quanto tempo sia passato da quei giorni durante i quali la guardavo con occhi pieni di desiderio; ma mi fa capire, più semplicemente, che il tempo è passato. Se lei è cambiata, e me ne rendo conto a guardarla, pure io devo essere cambito, anche se non me ne rendo conto.
Quando giro la chiave, tenendo la frizione premuta, e metto in moto mi domando se mi riconosce, se sa che sono di nuovo io a prendere in mano il suo volante e a tirarla fuori dal garage per uscire la sera, come un tempo, come se non fosse passato neppure un giorno da allora.
Sorrido, e mentre sorrido mi volto indietro e faccio retromarcia.
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