Io mi sono fermato a metà strada. Ho posato la borsa per terra e ho preso da dentro la macchina Polaroid che mi ero portato dietro. Ho alzato gli occhiali sulla testa, usandoli come una passata, e ho fatto una foto a questa orgia di ragazzi che scalpitavano, urlavano, sorridevano e applaudivano tutti insieme.
Una delle due professoresse mi ha poi fatto vedere la foto che lei in quel momento a fatto a me, con la sua macchina digitale. Sono venuto bene: eretto, preso di profilo, con la bella maglia di Marta che mi scendeva in modo perfatto sulle spalle, gli occhiali sulla testa, e i capelli disordinati in modo casuale, mentre con quella macchina scura appoggiata all'occhio, come si faceva una volta, fisso in pellicola lo spettacolo che avevo davanti.
Sono queste due foto ora, la mia che mostra tutti quei ragazzi, e quella della professoressa, che ritrae me, che vorrei farti vedere, che vorrei poter in qualche modo spedirti. Così, per condividerle con te; per farti avere un mio ricordo. E non un ricordo di te, non qualcosa che ti ricordi di me. No. Un mio ricordo. Uno mio.
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