(sono parole che mi rimangono dentro da tempo, ed ogni tanto escono di nuovo fuori a farmi piacere)
a poco è servito voltarmi nascosta o scoperta sapendo che avrei dovuto bastarmi per sempre che già il tuo viso è opaco e immobile e spento nella fissità del ricordo - non posso chiudere gli occhi temendo sapendo che là ti vedrei come sei, nel modo in cui hai imparato a piacermi, appena girato, tre quarti di volto, il passaggio da pieno a profilo o il contrario e la pupilla che mi si arrampica addosso, si ferma in tre punti a prendere fiato. ti succhio la penna ma ha un altro sapore, nemmeno mi serve il respiratore al quale agganciarmi e riempirmi i polmoni di false o di vere speranze, resisto ma è inerzia e il giorno che segue non potrà mai esser migliore di quello passato, mi spero superba abbastanza da dirti le cose di te che non sai e convincerti di esser nel vero, io, di essere giusta nel giusto, ma sono sbagliata e tutto per colpa di una coincidenza, son nata nel posto sbagliato al momento sbagliato, sbagliati i miei genitori sbagliata la vita vissuta che, per un momento, ho pensato a te avvicinarmi e invece mi porta lontana, mi porta vicina abbastanza da correre il rischio di ancora incrociarti per caso, lontana abbastanza da farmi trovare ogni volta sul marciapiede sbagliato, nascosta dietro alla colonna che ho usato perché nessuno vedesse che stavan cadendo le calze e il pianto dagli occhi e dal naso.
mi resta di scriverti ancora una volta scegliendoti sopra di me scegliendo per te le parole che adesso potrebbero farmi da impalcatura, rimettermi in piedi e farmi corazza e guscio e conchiglia - proteggere me dal venire ancora una volta schiacciata dall’enormità dei miei impossibili lieti finali.
Virginia Diazepam
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