giovedì 9 settembre 2010

Farfalle e gelati

la ricchezza della felicità sta nel non essere vista. sarebbe troppo banale se fosse un oggetto tangibile, dai contorni netti. poter dire: ho la felicità qui dentro, indicando il petto, oppure: ho raccolto un po' di felicità nel campo fuori città. fosse così facile, la felicità che cresce come dei fiori, ci sarebbe da pensare a quando questa dovrebbe sbocciare, ai tempi di maturazione dei suoi frutti, al sapore che potrebbe avere quando sarebbero ancora acerbi. dovremmo concordarne il colore, decidere sei i petali dei fiori dovrebbero essere blu verdi gialli oppure rosa. il polline poi, si spargerebbe al vento nello stesso modo del polline normale degli altri fiori, oppure avrebbe un sistema tutto suo per propagarsi? solo api ben precise, le api regine o delle nuove api, sarebbero in grado di prenderne il seme e trasportarlo via lontano dal suo punto di origine?
ci sarebbero talmente tanti dettagli da mettere a punto. anche quelli di cui non ci viene neppure in mente niente. quelli sono i più infimi, i più bastardi. quando crei una cosa, qualsiasi cosa, devi sempre stare attento a non farti trasportare da te stesso, devi riuscire ad estraniarti, ad abbandonare il tuo punto di vista per metterti nella prospettiva di chi, al contrario tuo che ne sei il creatore, questa cosa che sta nascendo non l'ha mai vista, e non l'ha neppure mai immaginata.
il sapore del miele della felicità. a me non piace il miele in generale, non saprei dirti se quello della felicità potrebbe essere altrettanto dolce o dolce in un modo migliore. io non sopporto la sensazione appiccicaticcia che il miele lascia nella mani, quando crea filamenti vischiosi tra le dita, mi riempie la bocca anche con un singolo cucchiaino, così tanto da farmi quasi vomitare. non riesco a tenerlo sulla lingua, e buttarlo giù mi dà una nausea profonda. l'istinto mi ordina di sputarlo. non riesco a prenderlo neppure quando sto male, quando ho il mal di gola e tutti mi dicono di prenderne un po' con il latte: giusto un filo, diceva sempre mia madre, prima di andare a letto, mi ripeteva. ma io proprio non ce la facevo. mi rifiutavo, impuntando i piedi, anche quando ero bambino e il miele forse mia madre avrebbe dovuto farmelo mangiare a forza, senza troppe storie da parte mia. mangia e zitto! ma il latte con il miele mi ha sempre dato una sensazione di sporcizia, quasi il miele sciupasse il sapore del latte, tanto quanto potrebbe fare un rametto di rosmarino o il cadavere zampettante per riflesso di uno scarafaggio.
avessi almeno una volta assaggiato il miele con un atteggiamento meno disgustato, potrei ora dirti se il miele della felicità sarebbe migliore o peggiore del miele vero. potrei fare paragoni, dire: il miele normale è così, mentre il miele della felicità ha un sapore leggermente diverso, giusto un soffio, una vaga sfumatura. invece non ne sopporto neppure l'idea, del miele. mi fa schifo quasi pure la parola.
per questo credo e ti dico che la felicità non farebbe miele, sarebbe proprio impossibile. avrebbe invece una gustosissima crema. la felicità, sempre se fosse reale, la potresti prendere in gelateria ordinando un cono da tre euro: nocciolo, stracciatella e felicità. ma è proprio questo il punto. se la felicità fosse un qualcosa che si vedi, qualcosa che si potesse toccare, assaggiare, gustare, sarebbe proprio come un gelato. la felicità devi consumarla in fretta, senza stare troppo a pensare a quanto sia buona, a come ti riempie la bocca di gustosa delizia; devi mangiarla il più veloce possibile, prima che ti si sciolga in mano, ti coli dal cono di cialda finendo ad imbrattarti le mani. la felicità è questo: un gelato buono consumato sotto il sole. devi sbrigarti, non guardarti indietro, continuare a parlare con i tuoi amici, camminare, ma leccarlo con avidità prima che faccia il suo tempo. è inutile tentare di conservare la felicità, ha una scarsa capacità di preservare i suoi pregi, anzi: se tenti di consumarla dopo neppure un giorno si è già fatta acida, ha cambiato del tutto il suo sapore, si è rivoltata come un calzino mostrando fuori il suo lato peggiore. nella felicità, se guardi bene, c'è un'etichetta: da consumarsi preferibilmente entro il.
si dice che le farfalle abbiano una vita breve. c'è chi afferma che vivono solo qualche giorno, chi una settimana o poco più, chi addirittura giura le più fortunate addirittura un mese. la farfalla della felicità potrebbe avere delle ali coloratissime, stupende tinte di blu, giallo, nero. vivrebbe giusto un giorno, il tempo necessario per vedere un'alba e un tramonto. al crepuscolo inizierebbe a sentirsi debole, segnata già dalla sua esistenza. ai primi raggi di buio già sarebbe immobile, priva di calore, quasi fosse stato il sole a riscaldarla o a spingere il sangue attraverso il suo corpo.
tutto questo per dire che è inutile affannarsi dietro alla felicità, cercare con le parole, i gesti, i ricordi, di darle un corpo, una forma. sarebbe come imprigionarla. la felicità è bella proprio perché è una nube, una di quelle che attraversi senza rendertene conto e che respiri a pieni polmoni. la felicità è un libro che non permette orecchie alla pagine, né sottolineature nelle parti migliori. non devi fissarti su di un tipi, su di un periodo, una frase, devi solo andare avanti. cercare di rivivere le vecchie felicità è una pratica insulsa, capace pure di ferirti in profondo, sotto pelle, segnandoti il corpo nel modo meno visibile ma più doloroso. i ricordi delle felicità passate andrebbero bruciati in roghi alti di fiamme affamate, perché quando ti fermi a ripensare a quanto sei stato felice quel giorno, quel determinato momento, magari quando ti ha preso per mano, o quando è successo qualcosa per quanto microscopico capace di aprirti il petto e di soffiarti dentro un respiro di ghiaccio elettrizzante, o un alito di fuoco; quando lo fai stai già sbagliando, ti stai torturando inutilmente. in cuor tuo sai già di non poter rivivere di nuovo quell'identico attimo, con la stessa intensità, o con le stesse persone, la sequenza esatta dei movimenti, dei gesti. il ghiaccio sarà solo freddo, il fuoco sarà solo un timido tepore. lo sai, ma lo fai soltanto perché pur di provare qualcosa sei disposto a sentire pure male, fosse anche un semplice eco.
non guardarti indietro. ci sono talmente tante felicità di fronte a te, è inutile perdere tempo con quelle già andate a male.

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