Quando infine cala il silenzio, ci rialziamo e marciamo per dare l’assalto al punto zero. Mille uomini, i rilevatori di radiazioni arrossiti e scarlatti, come ragazze che sono appena state baciate.
Aveva cercato di spiegarlo ad Anna dopo aver riscoperto, con il tempo, il significato del verbo dimenticare; non somigliava all’amputazione di un arto, che lascia nel cervello il formicolio di un dito fantasma. Era un annientamento completo, l’eliminazione della memoria e della sua eco, ed era proprio questo che Anna non riusciva a capire, la mancanza di rimpianti. Ma com’è possibile rimpiangere ciò che per la mente non è mai esistito? Persino ricorrere al concetto di perdita risultava inadeguato, perché cos’è la perdita senza la consapevolezza di quanto si è perduto?
Capitava che certi malati ricordassero il passato più lontano, le spiegarono. Come se le tracce dei primi anni di vita fossero così cruciali da doverne affidare la protezione a un’altra facoltà della mente, in grado di preservarle intatte anche quando tuto il resto della memoria veniva distrutto da un trauma cerebrale. Sembrava proprio questo il caso di Samson, i cui ricordi successivi ai dodici anni d’età sbiadivano nel futuro, simili a orme che si perdono in lontananza.
“Me la cavovo bene a letto?”
La domanda sorprese entrambi. Lei schiuse le labbra in uno strano sorriso e sollevò il mento. Da vicino, i contorni del suo volto persero nitidezza e la bocca era calda e sapeva di arance.
“Sai, a volte penso che siamo solo un insieme di abitudini” aveva aggiunto Anna. “I gesti che ripetiamo di continuo non esprimono altro che il nostro bisogno di essere riconosciuti.” Teneva gli occhi fissi sul televisore, come se stesse leggendo dei sottotitoli. “Voglio dire, senza quei gesti perderemmo la nostra identità. Saremmo costretti a reinventarci ogni minuto.”
C’era qualcosa di affascinante nello sconcerto che manifestava di fronte agli interventi altrui quando era tutto preso da un discorso. Come se la capacità di conversare non fosse una dote innata, ma un’abilità che aveva imparato a imitare faticosamente, alla strega di una scimmia in cattività addestrata a esprimersi a gesti e a dispensare abbracci, senza per questo riuscire a superare le proprie indecisioni.
Samson desiderava un segno che gli dimostrasse di essere speciale per lei e non solo un’altra persona capitata incautamente nella sua vita, vittima del suo fascino.
“Se l’hai amata una volta puoi amarla ancora.”
“Non è così semplice.”
“Non lo è mai.”
“Mi sono sentito solo dal momento in cui sono venuto al mondo, da quando riesco a ricordare, fin dall’infanzia. A volte trovarsi in mezzo alla gente peggiora la situazione.”
“Davvero? Perché invece sembrerebbe…” Ray lo fissò, in attesa. “E sua moglie? Non mi aveva detto di essere stato sposato?”
“Da giovani ci si illude di risolvere il problema con l’amore. Ma non succede mai. Essere vicino, il più vicino possibile, a un’altra persona serve solo a sottolineare la distanza invalicabile che ci separa dagli altri.”
Samson riappoggiò il fermacarte sulla scrivania e guardò Ray. “Non lo so. Se innamorarsi rende la nostra solitudine ancora più profonda, perché tutti lo disideriamo tanto?”
“Per via delle illusioni che suscita in noi. L’amore è inebriante e per un breve periodo ci induce a credere che siamo davvero una cosa sola con il nostro partner. La fusione delle anime e così via. Siamo convinti che non ci sentiremo mai più soli. Però non dura e presto ci rendiamo conto di poterci avvicinare a un’altra persona solo fino a un certo punto e non oltre: finiamo vittime di un brutale disinganno e ci ritroviamo più soli che mai, perché i sogni e le speranze cui ci eravamo aggrappati per tanti anni si sono infranti miseramente.”
La lezione con la quale gli aveva insegnato a toccare e percepire le diverse realtà del mondo, a impararne l’aspetto e il nome, e poi a sentirne la presenza persino a occhi chiusi, in modo da saperle riconoscere anche una volta svanite, dalla forma della loro assenza. In modo da poter continuare a possedere la perdita, perché è l’assenza l’unica entità costante.
“Che ci facevi in India?”
“Mm? Oh, sa com’è, cosa si fa di solito in India? Si frequentano gli ashram, si leggono le Upanishad. Si cerca di rintracciare un guru che secondo qualcuno è proprio quello giusto. Si va in giro per i ghat di Varanasi, sulle rive del Gange, a vedere le cremazioni. A respirare il profumo del legno di sandalo e l’odore della carne umana bruciata. Lei l’ha mai sentito?”
La madre di Pip, che passava i suoi gironi in una camera con le tende tirate a metà a fumare sigarette e bere bibite dietetiche, a rimpiangere tante cose, tra cui quella bambina di sei anni battezzata Patricia che era entrata così trionfalmente nel mondo dei bicchieri da cocktail sotto l’allegro nome di Pip.
L’infelicità degli altri è solo un concetto astratto. Poiché è impossibile comprendere e sentire in se stessi il dolore altrui senza metterlo in relazione con il proprio.
A volte un’immagine del passato dura più a lungo di ogni altra, anche se nessuno può sapere in anticipo quale sarà.
Voglio dire, in quante persone differenti ci si può trasformare nel corso di un’esistenza? La vita non è poi così lunga, vero, Max?
Esiste forse un sapere esente dal rischio di generare nuove idiozie, di innescare mali peggiori? si domandava. E se avessimo permesso a certe paure di fermarci, dove saremmo adesso? La conoscenza umana progredisce in ogni caso, trascinata dal suo stesso slancio irrefrenabile. Se non si tu a cavalcare la cresta dell’onda, sarò qualcun altro a prendere il tuo posto.
Una coppia con anni di dialogo alle spalle, per cui una singola parola alludeva a vasti temi, e la minima variazione di tono bastava a comunicare impercettibili cambiamenti d’umore.
Più tardi nel pomeriggio eravamo a letto. Avevamo appena fatto l’amore e lui mi aveva toccata come se si fosse ricordato all’improvviso che esistevo e non riuscisse a saziarsi di me. Mi guardava in un modo, con gli occhi più azzurri che mai: ricordo di aver pensato che gli avrei perdonato qualsiasi cosa. Dopo, rimanemmo sotto le lenzuola. Lui mi teneva tra le braccia, il viso girato verso la finestra: non ci fu bisogno di sottolineare che quel momento possedeva il peso indelebile della bellezza.
Nicole Krauss
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