Due ciminiere e un campo di neve fradicia
Qui è dove sono nato e qui morirò
Se un sogno si attacca come una colla all' anima
tutto diventa vero tu invece no
Ma puoi quasi averlo sai!
puoi quasi averlo sai!
tu puoi quasi averlo sai!
E non ricordi cos è che vuoi
Ha ancora un senso battersi contro un demone
quando la dittatura è dentro te?
lotti, tradisci, uccidi per cio che meriti
fino a che non ricordi più che cos' è
puoi quasi averlo sai!
puoi quasi averlo sai!
tu puoi quasi averlo sai
e non ricordi cos è che vuoi
Fare parte di un amore anche se è finto male
fare parte della storia anche quella più crudele
liberarti dalla fede e cadere finalmente
tanto è furbo più di noi
questo nulla questo niente
puoi quasi averlo sai
tu puoi quasi averlo sai
tu puoi quasi averlo sai
e non ricordi cos è che vuoi
non ricordi cos è che vuoi!
Se un sogno si attacca come una colla all' anima
tutto diventa vero
tu invece no!
Performed by Afterhours
venerdì 31 agosto 2012
mercoledì 29 agosto 2012
Knockout
Quando vidi il trailer, all’epoca della sua uscita al cinema, pensai dentro di me che questo Knockout poteva essere un buon film godibile a casa, seduto o sdraiato sulla poltrona. Gli ingrediente per renderlo una pellicola abbastanza attraente, ma non troppo da farmi andare al cinema, c’erano tutti, a partire dal cast che raggruppa vari nomi noti (lasciando però il ruolo della protagonista a una sconosciuta), e la regia, con quel Soderbergh capace di sfornare prodotti di buon intrattenimento. Mi ero dimenticato però che quello stesso Soderbergh è al contempo capace di tirare fuori dal proprio cilindro anche delle discrete vaccate. Questa sua ultima fatica rientra purtroppo nella seconda categoria, quella delle vaccate.
Allo stesso tempo devo ammettere che il trailer non traeva in inganno presentando un film diverso da quello che poi sarebbe stato. Il problema è l’esatto opposto, se così si può dire, perché il trailer era il film. C’erano tutte le scene, e non dico le scene clou ma proprio tutte le scene! Quel che manca al trailer sono solo gli inseguimenti, forsennati e lunghissimi, che però non aggiungano niente alla trama già mostrata.
Alla fine della visione ti sembrerà che il film sia riassumibile solo con la fuga da Dublino. E un cervo.
Allo stesso tempo devo ammettere che il trailer non traeva in inganno presentando un film diverso da quello che poi sarebbe stato. Il problema è l’esatto opposto, se così si può dire, perché il trailer era il film. C’erano tutte le scene, e non dico le scene clou ma proprio tutte le scene! Quel che manca al trailer sono solo gli inseguimenti, forsennati e lunghissimi, che però non aggiungano niente alla trama già mostrata.
Alla fine della visione ti sembrerà che il film sia riassumibile solo con la fuga da Dublino. E un cervo.
lunedì 27 agosto 2012
Ogni cosa è illuminata
Quale impressione avrebbe suscitato, se la vera fonte di tutti i consigli fosse andata in cerca di consigli?
“Quanta moneta avrò per le mie affatiche?” ho interrogato, perché questo dilemma aveva su di me molta pesantezza. “Meno di quello che pensi di meritare” ha risposto lui, “e più di quello che meriti.” Questo mi ha molto, moltissimo infastidito, e ho detto al Babbo: “Allora può essere che non lo voglio fare”. “Non mi interessa quello che tu vuoi fare” ha detto lui e si è disteso per mettere una mano sulla mia spalla. Nella mia famiglia, il Babbo è campione del mondo nel troncare il dialogo.
Che cos’è essere svegli se non interpretare i nostri sogni, e cos’è sognare se non interpretare la nostra veglia?
Da bambino gli era venuto in mente per la prima volta che doveva provare a capire cosa poteva significare non essere vivi: non trovarsi al buio, o senza sensi – ma essere non-essenti, non essere.
Era un uomo che tutti ammiravano e apprezzavano, e nessuno conosceva. Come un libro di cui si può percepire il valore tenendolo in mano, di cui si può parlare senza averlo mai letto, un libro che si può raccomandare.
Lo so che mi hai chiesto di non cambiare gli sbagli perché hanno un suono buffo, e il buffo è l’unico modo veritiero di raccontare una storia triste
“C’è un che di strano nella foto, la vicinanza fra loro due, anche se non si stanno guardando? Il modo in cui non si stanno guardando. La distanza. Fa un grade effetto, non credi? E le parole sul retro.” “Si.” “E anche il fatto che abbiamo pensato tutti e due alla possibilità che lui l’amasse, è strano.” “Si” ho detto. “Una parte di me vorrebbe che l’avesse amata, e una parte di me respinge questa idea.” “Qual è la parte di te che respinge che lui l’ha amata?” “Be’, è bello pensare che certe cose siano insostituibili.” “Io non capisco. Lui ha sposato tua nonna di adesso, quindi qualcosa deve essere stato sostituito.” “Però questo è diverso.“ “Perché?” “Perché lei è mia nonna.” “Augustine poteva essere tua nonna.”
Dio è triste?
Per essere triste dovrebbe esistere, no?
Lo so, disse lei, dandogli un leggero buffetto sulla spalla. È per quello che lo chiedevo, per sapere finalmente se ci credi!
Allora ti dirò questo: se Dio esiste, ha molte ragioni per essere triste. E se non esiste, secondo me anche questo Lo rattrista non poco. Insomma, per rispondere alla tua domanda, dio deve essere triste.
Si doveva accontentare dell’idea dell’amore – di amare il fatto di amare cose della cui esistenza non le importava affatto. L’amore in sé divenne oggetto del suo amore. Lei amava se stessa innamorata, amava amare l’amore come l’amore ama amare: ed era in grado, quindi, di riconciliarsi con un mondo tanto diverso da quello che avrebbe auspicato. Non era il mondo la grande menzogna salutare: lo era la sua volontà di renderlo bello e giusto, di vivere una vita già-avulsa in un mondo già-avulso da quello dove tutti gli altri sembravano esistere.
Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro amore per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci.
È così assurdo immaginarsi uno dei tuoi genitori o dei tuoi nonni che sogna. Se sognano, allora sognano di quando non ci sei e pensano a cose che non sono te. E poi, se sognano, devono avere dei sogni, che è un’altra cosa da pensarci sopra.
Questo è l’amore, pensava lei, si o no? Quando noti l’assenza di qualcuno, e detesti quell’assenza più di ogni altra cosa. Ancora più di quanto ami la sua presenza.
Quando si svegliava in pianto da uno dei suoi incubi, l’uomo di Kolki le stava vicino, le accarezzava i capelli, raccoglieva le sue lacrime in ditali per dargliele da bere l’indomani mattina (l’unico modo per vincere la tristezza è consumarla, diceva)
Non ha sofferto, le dissero. Anzi, non ha provato niente. Questo la fece piangere ancor di più, e più forte. La morte è la sola cosa nella vita di cui sia necessario essere coscienti mentre accade.
Per il tuo compleanno ti ho comprato un regalo.
È il mio compleanno?
È il tuo compleanno.
Devono essere diciassette.
Diciotto.
E qual è la sorpresa?
Se te lo dico, addio sorpresa.
Io odio le sorprese, disse lei.
Ma a me piacciono tanto.
Per chi è il regalo? Per te o per me?
Il regalo è per te, rispose lui. La sorpresa è per me.
E se io ti sorprendessi dicendoti di tenere il regalo? Così la sorpresa sarebbe per me, e il regalo per te.
Ma tu odi le sorprese.
Lo so. Quindi dammelo subito.
I minuti si sfilarono. Caddero sul pavimento e rotolarono per casa, perdendosi.
Ritagliò un cerchio attorno al buco che l’aveva divisa dall’uomo di Kolki in quegli ultimi mesi e si mise alla collana l’anello di pino, accanto alla pallina d’abaco che Yankel le aveva regalato tanti, tanti anni prima. Questo nuovo amuleto le avrebbe ricordato il secondo uomo che aveva perso nei suoi diciotto anni, e anche il foro che, lo stava imparando, nella vita non è eccezione, ma regola. Il foro non è il vuoto; il vuoto esiste attorno a esso.
La gonna rosa era vistosamente pulita e inamidata – troppo pulita, troppo inamidata – come se l’avesse lavata e stirata decine di volte. Lei era molto bella, è vero, bella per l’attenzione meticolosa, compassionevole che riservava al minimo dettaglio. Se qualcuno avesse detto che suo marito era immortale, in quanto almeno l’energia delle sue cellule si scioglieva nella terra alimentandola e fertilizzandola e incoraggiando nuova vita a crescere, allora il suo amore avrebbe continuato a vivere, disciolto nelle migliaia di mansioni quotidiane – un amore di tali proporzioni che anche così frammentato bastava per cucire i bottoni di camice che non sarebbero state mai più indossate, e raccogliere rami caduti alla base degli alberi e lavare e stirare le gonne almeno dieci volte prima di vestirle.
Il ricordo avrebbe dovuto riempire il tempo, ma rendeva il tempo un buco da riempire.
Jonathan Safran Foer
“Quanta moneta avrò per le mie affatiche?” ho interrogato, perché questo dilemma aveva su di me molta pesantezza. “Meno di quello che pensi di meritare” ha risposto lui, “e più di quello che meriti.” Questo mi ha molto, moltissimo infastidito, e ho detto al Babbo: “Allora può essere che non lo voglio fare”. “Non mi interessa quello che tu vuoi fare” ha detto lui e si è disteso per mettere una mano sulla mia spalla. Nella mia famiglia, il Babbo è campione del mondo nel troncare il dialogo.
Che cos’è essere svegli se non interpretare i nostri sogni, e cos’è sognare se non interpretare la nostra veglia?
Da bambino gli era venuto in mente per la prima volta che doveva provare a capire cosa poteva significare non essere vivi: non trovarsi al buio, o senza sensi – ma essere non-essenti, non essere.
Era un uomo che tutti ammiravano e apprezzavano, e nessuno conosceva. Come un libro di cui si può percepire il valore tenendolo in mano, di cui si può parlare senza averlo mai letto, un libro che si può raccomandare.
Lo so che mi hai chiesto di non cambiare gli sbagli perché hanno un suono buffo, e il buffo è l’unico modo veritiero di raccontare una storia triste
“C’è un che di strano nella foto, la vicinanza fra loro due, anche se non si stanno guardando? Il modo in cui non si stanno guardando. La distanza. Fa un grade effetto, non credi? E le parole sul retro.” “Si.” “E anche il fatto che abbiamo pensato tutti e due alla possibilità che lui l’amasse, è strano.” “Si” ho detto. “Una parte di me vorrebbe che l’avesse amata, e una parte di me respinge questa idea.” “Qual è la parte di te che respinge che lui l’ha amata?” “Be’, è bello pensare che certe cose siano insostituibili.” “Io non capisco. Lui ha sposato tua nonna di adesso, quindi qualcosa deve essere stato sostituito.” “Però questo è diverso.“ “Perché?” “Perché lei è mia nonna.” “Augustine poteva essere tua nonna.”
Dio è triste?
Per essere triste dovrebbe esistere, no?
Lo so, disse lei, dandogli un leggero buffetto sulla spalla. È per quello che lo chiedevo, per sapere finalmente se ci credi!
Allora ti dirò questo: se Dio esiste, ha molte ragioni per essere triste. E se non esiste, secondo me anche questo Lo rattrista non poco. Insomma, per rispondere alla tua domanda, dio deve essere triste.
Si doveva accontentare dell’idea dell’amore – di amare il fatto di amare cose della cui esistenza non le importava affatto. L’amore in sé divenne oggetto del suo amore. Lei amava se stessa innamorata, amava amare l’amore come l’amore ama amare: ed era in grado, quindi, di riconciliarsi con un mondo tanto diverso da quello che avrebbe auspicato. Non era il mondo la grande menzogna salutare: lo era la sua volontà di renderlo bello e giusto, di vivere una vita già-avulsa in un mondo già-avulso da quello dove tutti gli altri sembravano esistere.
Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro amore per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci.
È così assurdo immaginarsi uno dei tuoi genitori o dei tuoi nonni che sogna. Se sognano, allora sognano di quando non ci sei e pensano a cose che non sono te. E poi, se sognano, devono avere dei sogni, che è un’altra cosa da pensarci sopra.
Questo è l’amore, pensava lei, si o no? Quando noti l’assenza di qualcuno, e detesti quell’assenza più di ogni altra cosa. Ancora più di quanto ami la sua presenza.
Quando si svegliava in pianto da uno dei suoi incubi, l’uomo di Kolki le stava vicino, le accarezzava i capelli, raccoglieva le sue lacrime in ditali per dargliele da bere l’indomani mattina (l’unico modo per vincere la tristezza è consumarla, diceva)
Non ha sofferto, le dissero. Anzi, non ha provato niente. Questo la fece piangere ancor di più, e più forte. La morte è la sola cosa nella vita di cui sia necessario essere coscienti mentre accade.
Per il tuo compleanno ti ho comprato un regalo.
È il mio compleanno?
È il tuo compleanno.
Devono essere diciassette.
Diciotto.
E qual è la sorpresa?
Se te lo dico, addio sorpresa.
Io odio le sorprese, disse lei.
Ma a me piacciono tanto.
Per chi è il regalo? Per te o per me?
Il regalo è per te, rispose lui. La sorpresa è per me.
E se io ti sorprendessi dicendoti di tenere il regalo? Così la sorpresa sarebbe per me, e il regalo per te.
Ma tu odi le sorprese.
Lo so. Quindi dammelo subito.
I minuti si sfilarono. Caddero sul pavimento e rotolarono per casa, perdendosi.
Ritagliò un cerchio attorno al buco che l’aveva divisa dall’uomo di Kolki in quegli ultimi mesi e si mise alla collana l’anello di pino, accanto alla pallina d’abaco che Yankel le aveva regalato tanti, tanti anni prima. Questo nuovo amuleto le avrebbe ricordato il secondo uomo che aveva perso nei suoi diciotto anni, e anche il foro che, lo stava imparando, nella vita non è eccezione, ma regola. Il foro non è il vuoto; il vuoto esiste attorno a esso.
La gonna rosa era vistosamente pulita e inamidata – troppo pulita, troppo inamidata – come se l’avesse lavata e stirata decine di volte. Lei era molto bella, è vero, bella per l’attenzione meticolosa, compassionevole che riservava al minimo dettaglio. Se qualcuno avesse detto che suo marito era immortale, in quanto almeno l’energia delle sue cellule si scioglieva nella terra alimentandola e fertilizzandola e incoraggiando nuova vita a crescere, allora il suo amore avrebbe continuato a vivere, disciolto nelle migliaia di mansioni quotidiane – un amore di tali proporzioni che anche così frammentato bastava per cucire i bottoni di camice che non sarebbero state mai più indossate, e raccogliere rami caduti alla base degli alberi e lavare e stirare le gonne almeno dieci volte prima di vestirle.
Il ricordo avrebbe dovuto riempire il tempo, ma rendeva il tempo un buco da riempire.
Jonathan Safran Foer
mercoledì 22 agosto 2012
The help
Sarà l’età, o il film fatto particolarmente bene, o chissà cosa, ma lo ammetto: in vari punti avevo i lacrimoni agli occhi. La storia narra di un libro di denuncia nato nello stato del Mississippi, non certo uno tra i più tolleranti degli Stati Uniti all’epoca (raccapricciante) del razzismo “legale”, scritto da una giovane ragazza bianca grazie a ricordi e testimonianze di alcune cameriere di colore. Tra alcune situazioni davvero impensabili oggigiorno e l’atteggiamento assurdo di alcuni personaggi, resi però credibili dal contesto storico e dalla sceneggiatura, il film delinea bene un episodio all’interno della lotta per il raggiungimento della parità di diritti degli afroamericani, portata avanti in modo ben più famoso da Martin Luther King e altri esponenti dell’epoca. La pellicola è tratta da un romanzo, ma non è chiaro se quest’ultimo sia basato su una storia vera o meno. Gli atteggiamenti di alcuni personaggi di cui sopra potrebbero fare parte anche della vita reale di quel tempo, e anche se oggi quegli stessi atteggiamenti appaiano pazzeschi (sarebbe pericoloso se non apparissero tali) erano comunque all’ordine del giorno.
Il film sfora le due ore di durata, ma non si sente nessun tipo di pesantezza, anzi.
Ps. Se qualcuno non ti vuole raccontare qualcosa, cazzo, un motivo ci sarà! Ti si stringe il cuore (alla mia età)…
Il film sfora le due ore di durata, ma non si sente nessun tipo di pesantezza, anzi.
Ps. Se qualcuno non ti vuole raccontare qualcosa, cazzo, un motivo ci sarà! Ti si stringe il cuore (alla mia età)…
martedì 21 agosto 2012
Metereologia muscolare
“In fondo chi sa davvero come reagisce il nostro corpo a determinate situazioni? Voglio dire, sappiamo che se sforziamo troppo un muscolo questo finirà con lo strapparsi, ma non riusciamo a definire con esattezza quando questo accadrà. Per definirci davvero bravi dovremmo essere capaci di calcolare alla perfezione per quale motivo uno stupidissimo muscolo, con tutto il rispetto, finirà per danneggiarsi, con tanto di limiti massimi oltre i quali non dovremmo spingerci. Bisognerebbe riuscire a quantificarli, questi limiti, per potere prevenire, non solo curare. La cura è solo un rimedio, la prevenzione è la vera risposta. E noi non riusciamo a darla. Sappiamo la domanda, potremmo pure conoscere bene la risposta, ma quando dobbiamo esprimerla a parole iniziamo a balbettare, facciamo finta di cadere dalle nuvole, inventiamo scuse, come quando andavamo a scuola: diciamo che il cane ci ha mangiato il compito; o che abbiamo i muratori a casa; i nonni stanno male, notti intere passate al pronto soccorso. Invece la verità è che non abbiamo veramente voglia di dare questa risposta, preferiamo fare altre cose. Basterebbe mettersi a studiare sul serio, analizzare qualcosa con quel cazzo di microscopio di merda. Prendere tre o quattro persone del tutto normali, vita media e regolata, niente eccessi, e metterli a correre intorno a una pista con dei sensori attaccati al torace; misurarne i battiti cardiaci, monitorare i consumi di zuccheri, registrare lo sforzo di ogni singolo muscolo, catalogandoli per classe e lunghezza. I dati li potremmo avere a portata di mano. Basterebbe allungarla la mano, per afferrarli e collezionarli. Invece preferiamo perdere tempo con altre sciocchezze, tipo il meteo. A questo mi hanno portato a pensare, che sia tutto inutile. Cristo, non riusciamo neppure a dire con esattezza se domani sarà una bella giornata oppure no."
Fuori piove. L'acqua spazzata dal vento sbatte violenta a grandi frusciate contro la parete a vetro del bar.
Fuori piove. L'acqua spazzata dal vento sbatte violenta a grandi frusciate contro la parete a vetro del bar.
lunedì 20 agosto 2012
La grande casa
Ma a volte, negli avvenimenti e nei vuoti tra una frase sconclusionata e la seguente, una nube cupa attraversava il suo volto, esitava un istante come se volesse fermarsi e poi scivolava via, dissolvendosi verso i confini della stanza, e in quelle occasioni mi sembrava quasi di dover distogliere lo sguardo, perché sebbene avessimo conversato a lungo di letteratura non ci eravamo ancora detti molto su noi stessi.
Il potere della letteratura, ne sono sempre stata convinta, risiede nel gradi di determinazione con cui la si produce.
Orgogliosa della sua speciale capacità di percepire la simmetria sepolta nelle cose
Passa da casa, dissi a Uri, e prendi l’abito rosso di tua madre. Papà, replicò lui, con la voce che si srotolava come un nastro lasciato cadere da un tetto. Quello rosso, Uri, con i bottoni neri. Non quello con i bottoni bianchi. È importante. Ci vogliono i bottoni neri. Perché proprio quelli? Perché c’è una grande consolazione nei particolari.
Si crede a torto che le emozioni intense della giovinezza si attenuino con il tempo. Non è vero. Impariamo a controllarle e a reprimerle. Ma non si affievoliscono. Si limitano a nascondersi e concentrarsi in luoghi più discreti.
Andiamo in cerca di schemi, vedete, solo per trovarne le discontinuità. Ed è lì, in quelle fenditure, che ci accampiamo e aspettiamo.
L’esperienza gli aveva insegnato che gli altri ci favoriscono quando si sentono in qualche misura legati a noi, sia pure solo da una stratta di mano o da una conversazione amichevole. Meglio ancora se credono di poter ricavare qualcosa in cambio dei propri sforzi
In precedenza mi erano capitati abbastanza spesso dei periodi di tristezza, ma non avevo mai provato la sensazione di essere assediata dall’interno, quasi avessi sviluppato una specie di allergia a me stessa.
È meraviglioso sentire che qualcuno ci vede per la prima volta come siamo veramente, non come vorrebbe che fossimo o come noi vorremmo essere.
La sua attenzione mi faceva sentire così nitida, così luminosa e precisa
Com’è possibile aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato? Oltre un certo punto, non si può fare a meno di vedere nella sua condotta una forma di autocompatimento.
Ci si innamora, ed è lì che inizia il lavoro: giorno dopo giorno, anno dopo anno bisogna scavare in se stessi, esumare il contenuto della propria mente e della propria anima perché l’altro lo esamini e possa conoscerci, e anche noi dobbiamo dedicare giorni e anni ad aggirarci tra tutto ciò che l’altro disseppellisce solo per noi, i reperti archeologici del suo essere
Volevo essere giudicata per quanto ho fatto della mia vita, e invece adesso sarò giudicata per il modo in cui l’ho descritta.
Malgrado il paralizzante senso di noi che a volte s’impadroniva di me dopo che l’avevo vestito e la giornata si stendeva di fronte a noi come un parcheggio sterminato.
Condussi i miei figli di città in città. Impararono a chiudere gli occhi a bordo di automobili e treni, a addormentarsi in un posto e a svegliarsi in un altro. Insegnai loro che a prescindere da quanto vediamo dalla finestra, dallo stile dell’architettura, dal colore del cielo alla sera, la distanza da se stessi rimane immutabile.
Insegnai loro a dire: partiamo domani, come mio padre, studioso di storia, aveva insegnato a me che l’assenza delle cose è più utile della loro presenza. Anche se molti anni più tardi, mezzo secolo dopo la sua morte, mi fermai su un frangiflutti a guardare la risacca e pensai: utile per cosa?
Nicole Krauss
Il potere della letteratura, ne sono sempre stata convinta, risiede nel gradi di determinazione con cui la si produce.
Orgogliosa della sua speciale capacità di percepire la simmetria sepolta nelle cose
Passa da casa, dissi a Uri, e prendi l’abito rosso di tua madre. Papà, replicò lui, con la voce che si srotolava come un nastro lasciato cadere da un tetto. Quello rosso, Uri, con i bottoni neri. Non quello con i bottoni bianchi. È importante. Ci vogliono i bottoni neri. Perché proprio quelli? Perché c’è una grande consolazione nei particolari.
Si crede a torto che le emozioni intense della giovinezza si attenuino con il tempo. Non è vero. Impariamo a controllarle e a reprimerle. Ma non si affievoliscono. Si limitano a nascondersi e concentrarsi in luoghi più discreti.
Andiamo in cerca di schemi, vedete, solo per trovarne le discontinuità. Ed è lì, in quelle fenditure, che ci accampiamo e aspettiamo.
L’esperienza gli aveva insegnato che gli altri ci favoriscono quando si sentono in qualche misura legati a noi, sia pure solo da una stratta di mano o da una conversazione amichevole. Meglio ancora se credono di poter ricavare qualcosa in cambio dei propri sforzi
In precedenza mi erano capitati abbastanza spesso dei periodi di tristezza, ma non avevo mai provato la sensazione di essere assediata dall’interno, quasi avessi sviluppato una specie di allergia a me stessa.
È meraviglioso sentire che qualcuno ci vede per la prima volta come siamo veramente, non come vorrebbe che fossimo o come noi vorremmo essere.
La sua attenzione mi faceva sentire così nitida, così luminosa e precisa
Com’è possibile aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato? Oltre un certo punto, non si può fare a meno di vedere nella sua condotta una forma di autocompatimento.
Ci si innamora, ed è lì che inizia il lavoro: giorno dopo giorno, anno dopo anno bisogna scavare in se stessi, esumare il contenuto della propria mente e della propria anima perché l’altro lo esamini e possa conoscerci, e anche noi dobbiamo dedicare giorni e anni ad aggirarci tra tutto ciò che l’altro disseppellisce solo per noi, i reperti archeologici del suo essere
Volevo essere giudicata per quanto ho fatto della mia vita, e invece adesso sarò giudicata per il modo in cui l’ho descritta.
Malgrado il paralizzante senso di noi che a volte s’impadroniva di me dopo che l’avevo vestito e la giornata si stendeva di fronte a noi come un parcheggio sterminato.
Condussi i miei figli di città in città. Impararono a chiudere gli occhi a bordo di automobili e treni, a addormentarsi in un posto e a svegliarsi in un altro. Insegnai loro che a prescindere da quanto vediamo dalla finestra, dallo stile dell’architettura, dal colore del cielo alla sera, la distanza da se stessi rimane immutabile.
Insegnai loro a dire: partiamo domani, come mio padre, studioso di storia, aveva insegnato a me che l’assenza delle cose è più utile della loro presenza. Anche se molti anni più tardi, mezzo secolo dopo la sua morte, mi fermai su un frangiflutti a guardare la risacca e pensai: utile per cosa?
Nicole Krauss
venerdì 17 agosto 2012
These are days
These are days you'll remember. Never before and never since, I promise, will the whole world be warm as this. And as you feel it, you'll know it's true that you are blessed and lucky. It's true that you are touched by something that will grow and bloom in you.
These are days you'll remember. When May is rushing over you with desire to be part of the miracles you see in every hour. You'll know it's true that you are blessed and lucky. It's true that you are touched by something that will grow and bloom in you.
These are days.
These are the days you might fill with laughter until you break. These days you might feel a shaft of light make it's way across your face. And when you do you'll know how it was meant to be. See the signs and know their meaning. It's true, you'll know how it was meant to be. Hear the signs and know they're speaking to you, to you.
Performed by 10.000 Maniacs
These are days you'll remember. When May is rushing over you with desire to be part of the miracles you see in every hour. You'll know it's true that you are blessed and lucky. It's true that you are touched by something that will grow and bloom in you.
These are days.
These are the days you might fill with laughter until you break. These days you might feel a shaft of light make it's way across your face. And when you do you'll know how it was meant to be. See the signs and know their meaning. It's true, you'll know how it was meant to be. Hear the signs and know they're speaking to you, to you.
Performed by 10.000 Maniacs
mercoledì 15 agosto 2012
Paradiso amaro
C’è chi potrebbe definire questo film come una commedia, chi come un dramma, chi potrebbe sottolineare la scoperta da parte del personaggio di Clooney della relazione extraconiugale della moglie in coma, o chi potrebbe fare notare come corra male proprio il bel George. Nel film infatti l’attore corre in un paio di circostanze e in entrambe non è che abbia uno stile proprio pulito. La prima volta si può dare la colpa ai mocassini, e nella seconda alla sabbia della spiaggia, ma l’impressione è che siano solo delle scuse. Per il resto Clooney tira fuori un’interpretazione equilibrata tra la disperazione e il divertito, alternando delle scene simpatiche ad altre piuttosto toccanti. La verità è che questo film è un film sul perdono nonostante tutto, di come superare i dissidi più recenti per ricordare i momenti migliori senza che questi siano inquinati da situazioni scomode.
Paradiso amaro si lascia vedere tranquillamente, senza affondare troppo il piede nel pedale della commozione, ma non per questo è privo di alcune pecche. La carne al fuoco è tanta che molto probabilmente è stato necessario decidere quale cuocere meglio e su quale mantenere la propria attenzione in fase di scrittura della sceneggiatura. Due aspetti qui solo accennati e che invece avrebbero potuto avere uno spazio maggiore sono l’amico della figlia e la storia della vendita del terreno. Niente di particolarmente grave, il film è soffice e comunque toccane nonostante queste due mancanze, e Clooney regge sulle proprie spalle le quasi due ore di durata.
Buono George, vediamo cosa riesci a combinare con il prossimo.
Paradiso amaro si lascia vedere tranquillamente, senza affondare troppo il piede nel pedale della commozione, ma non per questo è privo di alcune pecche. La carne al fuoco è tanta che molto probabilmente è stato necessario decidere quale cuocere meglio e su quale mantenere la propria attenzione in fase di scrittura della sceneggiatura. Due aspetti qui solo accennati e che invece avrebbero potuto avere uno spazio maggiore sono l’amico della figlia e la storia della vendita del terreno. Niente di particolarmente grave, il film è soffice e comunque toccane nonostante queste due mancanze, e Clooney regge sulle proprie spalle le quasi due ore di durata.
Buono George, vediamo cosa riesci a combinare con il prossimo.
lunedì 13 agosto 2012
I gemelli Fahrenheit
Gli occhi, di un colore fuori dal comune, erano tutto uno scintillio di sensazioni che lui non riusciva a decifrare.
Non dobbiamo far altro che essere inseparabili per restare immuni alle pestilenze del mondo.
Allo zenith ghiacciato del mondo, lontano lontano da tutti gli altri bambini, Tainto’lilith e Marko’cain sapevano soltanto che quella era una vita beata. E perciò lo era.
“Allora… che cosa ci rimane?” Chiese Tainto’lilith dopo un po’.
“La soluzione migliore.” Rispose Marko’cain.
“Cioè?” Disse Tainto’lilith.
“Tutto quello che abbiamo pensato finora non va bene, - disse Marko’cain. – Perciò la soluzione migliore deve ancora venire.”
Il cielo era tutto un crepitare elettrico
Michel Faber
Non dobbiamo far altro che essere inseparabili per restare immuni alle pestilenze del mondo.
Allo zenith ghiacciato del mondo, lontano lontano da tutti gli altri bambini, Tainto’lilith e Marko’cain sapevano soltanto che quella era una vita beata. E perciò lo era.
“Allora… che cosa ci rimane?” Chiese Tainto’lilith dopo un po’.
“La soluzione migliore.” Rispose Marko’cain.
“Cioè?” Disse Tainto’lilith.
“Tutto quello che abbiamo pensato finora non va bene, - disse Marko’cain. – Perciò la soluzione migliore deve ancora venire.”
Il cielo era tutto un crepitare elettrico
Michel Faber
venerdì 10 agosto 2012
The one
Yeah right from the start you had me hooked
And I knew I was falling
And sure you had me sussed
You worked me out
You took me right out no doubt
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor
I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
You know what I want
You see me sweat and lose all confidence
And you, you mess me up
I'm back to front
You know I want you don't you?
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor, I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor, I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
The one
Performed by Garbage
And I knew I was falling
And sure you had me sussed
You worked me out
You took me right out no doubt
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor
I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
You know what I want
You see me sweat and lose all confidence
And you, you mess me up
I'm back to front
You know I want you don't you?
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor, I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
Call me a lawyer
I want to micro manage
I need a hit man
Get me the operator
Call me a doctor, I cannot lose control
There must be someone
A robot, a terminator?
He got me eye balled
He got me tied down
He got me roller coaster
Help me man down
Don't wanna talk about it
I know a lot about it
He got me on the ropes and I don't like it
You might be the one, the one for me
You might be the one, the one for me
You might be the one for me
You might be
The one
The one
Performed by Garbage
mercoledì 8 agosto 2012
The Amazing Spider-Man
La questione pare essere tutta qui: quanto questo The Amazing Spider-Man di Marc Webb è diverso da Spider-Man di Sam Raimi? La risposta potrebbe essere tanto e poco. Tanto perché questo nuovo film dell’arrampicamuri ha una profondità più acuta, nonostante il personaggio sia più giovane; poco perché in fin dei conti si tratta pur sempre di un film di origini e pure alcune soluzioni sono state riprese dal film del 2002.
Per valutare il film bisogna però astenersi dal fare certi tipi di paragoni e cercare di vederlo dimenticandosi di aver visto l’uomo ragno di Tobey Maguire. Se si affronta la pellicola in questo modo, il film risulta gradevole e pure divertente in alcune sue parti. Ciò che stona sono alcuni dettagli che potrebbero non tornare molto, ovvero: gli zii che restano piuttosto nell’ombra, la mancanza totale dell’iconico personaggio del direttore del Daily Buble (e anche dello stesso quotidiano c’è solo una citazione visiva), le motivazioni trite e ritrite del cattivo. In più c’è un particolare che non può che fare arrabbiare, ovvero la pubblicità con la quale era stato presentato questo nuovo adattamento: la storia mai raccontata. Da un certo punto di vista può essere vero, perché qui ci sono molto più genitori di quanto non ci fossero stati prima (o che almeno io sappia) ma alla fin fine, stringi stringi, almeno in questo primo episodio (perché tanto si parla già di sequel) di cose straordinarie mai sapute, non ce n’è neppure l’ombra.
Buono Garfield nei panni di Peter Parker, e anche Emma Stone con i suoi occhioni belli (soprattutto in una scena) non è da meno. Insieme però non mi hanno fatto gridare alla tanto decanta chimica che pare tutti vedano.
È un film costruito per introdurre. Costruito e smontato e poi ricostruito. Staremo a vedere i prossimi episodi.
Per valutare il film bisogna però astenersi dal fare certi tipi di paragoni e cercare di vederlo dimenticandosi di aver visto l’uomo ragno di Tobey Maguire. Se si affronta la pellicola in questo modo, il film risulta gradevole e pure divertente in alcune sue parti. Ciò che stona sono alcuni dettagli che potrebbero non tornare molto, ovvero: gli zii che restano piuttosto nell’ombra, la mancanza totale dell’iconico personaggio del direttore del Daily Buble (e anche dello stesso quotidiano c’è solo una citazione visiva), le motivazioni trite e ritrite del cattivo. In più c’è un particolare che non può che fare arrabbiare, ovvero la pubblicità con la quale era stato presentato questo nuovo adattamento: la storia mai raccontata. Da un certo punto di vista può essere vero, perché qui ci sono molto più genitori di quanto non ci fossero stati prima (o che almeno io sappia) ma alla fin fine, stringi stringi, almeno in questo primo episodio (perché tanto si parla già di sequel) di cose straordinarie mai sapute, non ce n’è neppure l’ombra.
Buono Garfield nei panni di Peter Parker, e anche Emma Stone con i suoi occhioni belli (soprattutto in una scena) non è da meno. Insieme però non mi hanno fatto gridare alla tanto decanta chimica che pare tutti vedano.
È un film costruito per introdurre. Costruito e smontato e poi ricostruito. Staremo a vedere i prossimi episodi.
lunedì 6 agosto 2012
Luglio 2012
"Confessare, anche a se stessi, i propri desideri - quelli veri - è
pericoloso. Se sono realizzabili, e spesso lo sono, dichiararli ti
mette di fronte alla paura di provarci. E dunque alla tua vigliaccheria.
Allora preferisci non pensarci, o pensare che hai desideri impossibili,
e che è da adulti non pensare alle cose impossibili."
Gianrico Carofiglio
Gianrico Carofiglio
venerdì 3 agosto 2012
I volantini di Scientology
Tre milioni di persone
dichiarano di non fidarsi del sesso sicuro
mi chiedo che cosa ci sia
di sicuro in un gesto di cui spesso ci pentiamo
Tre milioni di ragazzi
ammettono di fare uso di droghe leggere
non vedo che male ci sia
in fondo anche Obama dichiara
che si è fatto una canna respirando
Ma noi che siamo solo in due
come le parti di una mela
non crediamo sui giornali
non ci invitano ai rave
Ma noi che siamo piu’ normali
anche quest’anno diremo no
ai volantini di Scientology
che regalano in via Torino
Tre milioni di persone
consumano un mese di vita
fra le code dei nuovi I-phone
hanno piu’ o meno trent’anni
e probabilmente hanno a casa un libro di Saviano
Tre milioni di ragazze dimagriscono
non sempre per colpa di photoshop
hanno soltanto vent’anni
e pochissime non sogneranno
il titolo di Amici
Ma noi che siamo solo in due
come le parti di un discorso
non viviamo sui giornali
non ci invitano ai rave
Ma noi che siamo piu’ normali
anche quest’anno diremo no
ai volantini di Scientology
che colorano via Torino
Performed by Amor Fou
dichiarano di non fidarsi del sesso sicuro
mi chiedo che cosa ci sia
di sicuro in un gesto di cui spesso ci pentiamo
Tre milioni di ragazzi
ammettono di fare uso di droghe leggere
non vedo che male ci sia
in fondo anche Obama dichiara
che si è fatto una canna respirando
Ma noi che siamo solo in due
come le parti di una mela
non crediamo sui giornali
non ci invitano ai rave
Ma noi che siamo piu’ normali
anche quest’anno diremo no
ai volantini di Scientology
che regalano in via Torino
Tre milioni di persone
consumano un mese di vita
fra le code dei nuovi I-phone
hanno piu’ o meno trent’anni
e probabilmente hanno a casa un libro di Saviano
Tre milioni di ragazze dimagriscono
non sempre per colpa di photoshop
hanno soltanto vent’anni
e pochissime non sogneranno
il titolo di Amici
Ma noi che siamo solo in due
come le parti di un discorso
non viviamo sui giornali
non ci invitano ai rave
Ma noi che siamo piu’ normali
anche quest’anno diremo no
ai volantini di Scientology
che colorano via Torino
Performed by Amor Fou
mercoledì 1 agosto 2012
La cosa
La cosa, non di Carpenter ma di Matthijs van Heijningen Jr. Già il fatto di chiamare un film con lo stesso titolo di un altro mette confusione. Ti aspetti un remake e lo guardi con questi occhi, ovvero gli occhi da remake, attenti a cogliere le differenti scelte registiche e le lieve modifiche di sceneggiatura. Arrivato però a quasi metà pellicola le differenze tra l’originale e quello che stavo vedendo mi sembravano assai numerose. Non mi ricordavo, così come tuttora non mi ricordo, il film di Carpenter, datato 1982, ma avevo la sensazione che i due film non fossero proprio queste due gocce d’acqua. All’inizio davo la colpa alla tecnologia, assente nell’anno del mundial e presente invece qui. Gli effetti speciali qui danno la possibilità di inserire un’intera astronave aliena, che mi pareva non vi fosse traccia nell’originale, quindi il buon vecchio sconosciuto Matthijs van Heijningen Jr. doveva aver intrapreso un’altra strada rispetto a Carpenter. Poi alla fine arrivi ai titoli di coda, tra l’altro inspiegabilmente interrotti qua e là dalle ultime scene, e ti rendi conto di non aver visto un remake quanto piuttosto un prequel. Ecco cosa ti lascia questo nuovo La cosa la liberazione di avere capito che fosse un prequel. Per il resto un fantahorror nella norma che avrebbe potuto indagare maggiormente alcuni aspetti che invece vengono lasciati da parte o talvolta bellamente ignorati.
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