Il pescatore di sogni soffre un po’ di quello che potrebbe anche essere il suo punto di forza, ovvero raccontare una cosa folle quale in questo caso dare la possibilità agli abitanti dello Yemen di fare la pesca al salmone, e non pagando un biglietto aereo a tutti gli abitanti dello Yemen per spostarsi, che ne so, in Inghilterra (cosa che forse potrebbe essere pure più economica), quanto piuttosto ricreando l’habitat naturale dei salmoni nel territorio arabo e trasportarne una quantità esagerata per “impiantare” la specie. Su questa trovata si basa tutta la pellicola, sogno di un facoltoso sceicco che guarda al di là di ciò che l’impresa è materialmente, ed è grazie a questo che i personaggi (diversissimi) di Ewan McGregor ed Emily Blunt si incontrano e cominciano a conoscersi.
Il film è tratto da un libro e non so quanto di questo sia stato tagliato per comprimere tutta la storia nei 107 minuti del lavoro di Lasse Hallstrom, e chissà quante licenze si sia concesso quest’ultimo per riportare il romanzo sullo schermo, fatto sta che se da una parte Emily Blunt sembra innamorarsi troppo velocemente (non del bel Ewan ma di una fiamma precedente) dall’altra l’esperto di ittica interpretato dall’attore scozzese pare davvero una persona della quale difficilmente ci si possa innamorare, con tratti molto marcati fin quando è legato alla moglie (quasi come se questi tratti fossero più che altro influenzati da quest’ultima) e via via più normali quando si avvicina ad Emily Blunt.
Il tutto condito dal personaggio di Kristin Scott Thomas che pare una macchietta peggiorativa dell’uomo politico inglese (anche il primo ministro britannico non ci fa una bellissima figura, pur comparendo solo sotto forma di trascrizioni di chat).
Si sorride, si passa il tempo in tranquillità, ma proprio niente niente di più.
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