Visto poco dopo la strage di Newtown assume uno strano sapore che non riesci a toglierti dalla bocca, nonostante qui non si parli di pistole e del loro folle proliferare. Il film inizia dando l’impressione di trattare un argomento tanto delicato quanto importante, ovvero l’amore tra un genitore e il proprio figlio, quello che dovrebbe essere incondizionato da parte della madre verso il figlio: cosa succede quando questo non avviene? Quando invece di amore nel petto della donna (qui una distaccata Tilda Swinton nella prima parte e paranoica [ma mica tanto] nella seconda) c’è diffidenza se non un sentimento molto simile all’odio?
La pellicola si sviluppa su una specie di segreto di pulcinella, quando alterna il montaggio tra presente solitario e passato in famiglia della protagonista, nascondendo e a tratti suggerendo un tragico evento. Fino ad arrivare all’adolescenza del figlio, passando da tutta una serie di dispetti e ripicche tra prole e madre, e la fiducia cieca, a volte pure incomprensibile, da parte del padre. Un disastro che poteva essere evitato, guardando tutti i fatti in modo distaccato, come se non fosse il proprio figlio a essere oggetto di questo sguardo.
Un film che fa male a guardarlo, non tanto per le scene violente (che non ci sono) ma nel capirlo. Ci si affonda dentro come in un bicchiere d’acqua, annaspando in silenzio senza fare rumore, e lì si rimane, nel fondo, a cerare di togliersi dalla testa questa storia. Dopo i libri che le madri non devono leggere, i film che le madri non devono vedere.
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