"Sei troppo strana."
"Sarà il colore." ride lei, passandosi una mano fra i capelli.
"No, è proprio..." Non mi escono le parole, ma sembra più solare, meno rigida, il suo sguardo sonnolento si è illuminato, è molto più magra, e quando sorride non si limita a stirare le labbra, ma scopre i denti bianchissimi. Parla con uno strano accento sdrucciolo.
Poi apre la porta, ci salutiamo, la bacio sulle guance e c'è un attimo di sospensione imbarazzata a breve distanza.
Io scrivo a Sarah tre pagine su come sia strano ritrovarsi così lontani da casa insieme a tutti i suoi amori, Zanna, Tex e il Magico, con me a fare da spettatore, e di come non essere mai preso in considerazione in dodici anni sia mille volte peggio di un rifiuto, perché un rifiuto si può accettare, ma l'indifferenza, quella ferisce molto più a fondo.
Ciao Sarah, questa è l'ultima delle lettere non spedite. Dodici anni a scrivere a se stessi sono dodici di troppo.
Gianluca Morozzi
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