mercoledì 5 agosto 2009
Azzeriamo la mente. Ripartiamo di nuovo.
Tornare a casa con la porta chiusa, la chiave sotto lo zerbino che non c'è. Dentro ogni posto è a posto tutto in ordine niente disordine solo polvere capelli morti e odore di chiuso. Sul piano della cucina, nel mezzo di tutto, il cuore di tutto, terminazioni nervose ma soprattutto vene che partono e arrivano: il cesto delle cose da fare è pieno zeppo, con fogli che rovinano fuori cadendo per terra; mentre i cestini della raccolta differenziata cominciano a riempirsi: pensieri buoni, pensieri cattivi; pensieri. Come carta stracciata e strappata dai giornali, appallottolata e buttata alla rinfusa, formano una montagna e quella montagna deve essere scalata, piccozza e zaino in spalla, sudore della fronte, fino a vette innevate, fredde, gelide. Ci iberneremo in questo modo, ci congeleremo per aspettare un futuro migliore, quando le malattie non avranno più segreti e verranno chiamate con un altro nome, meno infettivo, meno invasivo. Niente a che fare con il clima continentale, l'aria della metropolitana, il sole bello alto che percorre le sale. E tra i pensieri che vanno, quelli si, tra i ricordi da incorniciare, regalare con carta colorata, tirandoli fuori da sotto il tappeto, che non c'è; oppure tenere nascosti come gioielli, in camere di sicurezza con laser puntati a ragnatela in tutta la stanza, cassaforte con scatola cranica, scatola toracica, scatola a forma di cuore: le nostre cene senza istruzioni.
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