Preferiva i libri alla vita vera, e questo, lo so, era un gran bell'handicap per una persona che voleva farsi amare. Gli mancava lo slancio, quel gesto genuino che agli altri permetteva di fare il primo passo su un filo teso tra due grattacieli, alti quasi a grattare via le nuvole, e il vuoto sotto fino ai grigi e minuscoli marciapiedi, senza rete di protezione ad evitarne una possibile caduta. Nell'incessante sfogliar pagina sapeva che alla fine di tutti i personaggi incontrati tra le battute d'inchiostro ne avrebbe capito alla perfezione fisionomina, intenti, personalità ed anima; la stessa cosa non poteva dire di tutta quella gente che uscendo di casa, andando a fare la spesa al supermercato, o anche semplicemente andando a correre al parco, con nelle orecchie gli auricolari per ascoltare la musica; tutte queste persone non avrebbero mai avuto dei contorni netti e distini come le loro possibili copie su carta: le persone vere, mi disse un giorno, non hanno contorni, è questo il problema. Per quanto possa sforzarmi di capirle, anche di conoscerle, di uscirci insieme, bere birra, fumarci delle sigarette e scambiare semplici chiacchiere sul tempo o discutere della maccanica quantistica, non potrò mai e mai e mai conoscerle del tutto. Mi capisci? Un giorno potrebbero in qualsiasi caso fare una qualsiasi cosa che non mi aspetterei mai da loro: un tipo mite e pacato potrebbe magari trovare il coraggio di buttarsi con il paracadute, oppure una nota puttana decidere di farsi suora. E questo mi spiazzerebbe del tutto, annullerebbe qualsiasi punto di riferimento abbia potuto tracciarmi attorno. Mi disorienterbbe, capisci? Le persone, quelle vere, non si finiscono mai di conoscere, per questo non hanno contorni, sono nubi che possono sempre espandersi, espandersi all'infinito. I protagonisti di un libro, invece, sono più affidabili, perché il loro carattere è racchiuso tra la prima e la quarta di copertina: quando chiudi il libro sai di conoscerli completamente, e non avranno modo di spiazzarti.
O di deluderti.
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