giovedì 13 agosto 2009

Immobilità

Strani rumori nelle sere d'estate, mentre io sono a pulire il bagno. La televisione è accesa, trasmette un qualche notiziario. Si sente la voce del giornalista: impassibile, mono tono con solo qualche picco di vitalità, brevi acuti lanciati a raggiungere livelli di personalità che non si vogliono mostrare. Parola d'ordine: distacco. Con la stessa emozione annuncia il tempo, disastri aerei, incontri politici e scandali televisivi e non. Nel frattempo le bottiglie scoppiano nel frigo, esplodono una dopo l'altra ad intervalli irregolari, impossibili da prevedere. Suoni secchi, decisi, della durata di soli pochi secondi. Poi torna il sereno. Sono brevi acquazzoni estevi, temporali destinati a durare neppure per un ricordo.
"Non sono le bottiglie che esplodono - dici tu. - E' tutto il frigo che si sta assestando. Sono scosse di assestamento."
E' un terremoto, gelido e rinfrescante, dico io; ma non è quello. Non si tratta di quel tipo di scosse di assestamento. Sono bensì le varie placche tettoniche che cercano di incastrarsi nel miglior modo possibile nel nuovo scacchiere di terra e mare. E' questo che provoca il rumore: una lingua di terra che si sovrappone all'altra, che tenta di sovrastrarla; oppure il nascere di una montagna, il corrugarsi verso l'alto di rocce che agognano la neve.
Getto lo strofinaccio sul lavandino ormai splendente. Apro la finestra quel tanto da far entrare l'aria in bagno - aerare il locale prima di soggirnare - e non far sbatterne il metallo nero con il limite bianco delle piastrelle. Vado in cucina e apro il frigorifero. La luce si accende illuminando la vita al suo interno e un alito fresco di aria rifrigerata mi si abbatte sul petto. Carne, verdure, bottiglie di acqua, the, birra, yogurt, uova, maionese, burro; si stanno impercettibilmente muovendo per cercare di trovare il loro posto migliore tra i vari ripiani.
Mi volto per guardarmi alle spalle, tenendo il frigorifero aperto. Dalla finestra si vede uno scorcio di notte che tenta con tanta determinatezza di nascere su un tramonto arancione ormai sbiadito all'orizzonte. Fa caldo, e i palazzi, le case, i lampioni, le macchine parcheggiate ai bordi delle strade, e pure le strade, con i marciapiedi e i bidoni dell'immondizia, le campane blu per la raccolta differenziata di vetro e plastica: tutto sembra così stramaledettamente immobile.
Il frigo comincia a suonare brevi bip dall'immagine rossa, per evitare di rimanere aperto; la luce si accende e si spegne a ritmo cadenzato, in una danza ben eseguita: mano sinistra intrecciata, mano destra sul fianco. Il giornalista conclude la giornata, raggruppa alcuni fogli e li ordina mettendoli in verticale: da la buona sera. Io chiudo il frigo, e l'alito fresco e leggero che mi arrivava al petto cessa immediatamente di accarezzarmi.

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