mercoledì 5 giugno 2013

The rum diary



Porto Rico in una discesa nelle viscere della pazzia fatta d’alcool e droga. Un giro vorticoso in un riff di chitarra graffiante e ballerino, dove chi si lascia prendere troppo la mano finisce per spezzarsi la vita e ritrovarsi ammaccato/a con occhi gonfi e capelli sporchi. C’è chi muore chiuso dentro un cesso, stuprato fino allo stremo; chi si ammala fin sulla punta dell’uccello e si rifugia in un ritrovato illegale di bevanda super super super super acolica; chi si innamora e perde ogni cognizione della realtà, fino a spiarla da un cannocchiale dalla spiaggia puntandolo dritto verso il mare: c’è la vita ricca pronta a distruggere il paradiso terrestre sfruttato fino all’osso.
Il giornale è una fuffa, una truffa. Solo i combattimenti tra galli promettono soldi capaci di rimettere in piedi ciò che sarebbe equo e onesto, così come la scrittura che finalmente sgorga dall’anima, anche quando le lingue diventano lunghe come quella del diavolo, quando tutto quanto sembra perduto e c’è la puzza dei bastardi, ma il profumo della verità: l’odore dell’inchiostro.
Non cambierà niente, ma su una 500 scassata che fa i gradini di scale cittadine, ci si prende in amicizie che danno fuoco a volti di poliziotti invecchiati sull’isola, e si diventerà ladri per potersene finalmente andare o tornare. Peccato: la giustizia avrebbe voluto un altro finale, ma è la realtà a dettare la sceneggiatura. Tristezza in tramonto con foto in bianco e nero.

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