Un’accozzaglia di storie una messa accanto all’altra,
talmente caotiche da farti domandare: ma che cazzo…? È lontano l’Allen di Midnight in Paris, così come pure quello di Vicky
Christina Barcelona tanto che questo omaggio del maestro all’ennesima
città europea appare come quello più debole, sia sotto l’aspetto del
significato, del messaggio da dare, sia per quanto riguarda la costruzione
della storia. Già il fatto che sia l’unico portato sullo schermo con storie
separate, la cui unica linea guida pare essere l’ambientazione romana, potrebbe
suggerire quanto la vena inventiva di Allen si sia allentata notevolmente nel
partorire un lavoro inerente Roma. Non c’è niente che riesca a trattenere l’attenzione
sullo schermo, neppure la presenza stessa di Allen in scena, né il gioco di
riconoscere luoghi o facce di attori noti del passato e presente. Pure Benigni
pare svogliato a livelli indescrivibili, e Ornella Muti è tutta un sorriso
largo a faccia piena. L’unica porzione di storia che potrebbe essere
interessante è quella che accomuna Alec Baldwin, Jesse Eisenberg e Ellen Page. Dico:
potrebbe. L’alternanza con le altre storie insipide e soporifere mi hanno alla
fine condotto tra le braccia di Morfeo. Ronf ronf.
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