Begli esseri fantastici che siamo tra tutti e due: io vampiro al contrario, tu scaricatrice di porto mannara. Mentre ci ballano tutto intorno folletti fauni e fate, con le sirene adagiate sugli scogli ai bordi del lago, in mezzo a questo bosco che sa tanto di magia, anche solo al semplice sapore, l'odore. Ci spieghiamo le parole, aggiorniamo dizionari e ci disegnamo addosso facce allegre, facce tristi, facce con gli occhi che brillano, facce che nevicano dagli occhi. Carburiamo con i nostri tempi e ci incastriamo con la testa dentro porte troppo strette per i nostri sorrisi grandi. Corriamo corse per vincere di vittorie con ritiri, alziamo le braccia, ci facciamo scherzi, ci abbracciamo, ci diciamo cose serie. Festeggiamo il futuro che non vogliamo neppure ricordare, abbattiamo l'ansia e ci parliamo, per quanto sia possibile definire parlare tutto questo nostro, tra una birra e l'altra, ancora digiuni. E incrociamo pure forte le dita, talmente strette, quasi io e te, che per scioglierle poi servirà un chirurgo di quelli bravi e un'operazione di ventiquattro ore, tanta tanta anestesia. Mentre di notte ci perdiamo e non ci troviamo, sparisco per ore intere e scappo a Genova per manomettere motori, fare la danza della neve, pregare il cielo per qualche fiocco posato in centimetri e centimetri; tirare palle di neve e non solo.
"Giuto che non ho visto niente!" dici te senza accorgerti di sbagliare, mentre io metto le catene alle dita alle mani al cellulare alla penna al pc ai tasti interi della tastiera, per non slittare tra le parole.
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