basta parlare di terremoti! sono scosse sismiche sotto pelle a far tremare vene arterie e far crollare cuori. la lava è il sangue che tracima dalle ferite, quel fuoco impertinente di bruciore primitivo. lapilli frizzanti di pianti, sofferenza e tristezza, piovono come cenere a condire giornate grigie i cui colori si fermano in pausa tra una pioggia e l'altra, immobili in attimi di respiri trattenuti fino all'inverosimile. aridi sono i polmoni così quanto i pensieri, la testa: le pareti si appiccicano tra di loro, una sopra l'altra, pellicola su pellicola, creano una patina sottile sotto la quale i bronchi appassiscono, muoioni in crepe di sirene di ambulanze elettriche. i vuoti pneumatici delle labbra mute chiuse serrate che per alzarzi si strappano in filamenti di carne viva pulsante ancora di; dolore in formato di fibre sfilacciate, grotte crollate tenute in piedi da colonne spaccate, altro sangue che sgorga docile per scivolare questa volta in gola, con il sapore di ferro, battuto, rovente, ingoiare ad occhi chiusi per recuperare quello perduto. urla di silenzi in fischi sottili taglienti che non vogliono uscire fuori, gli angoli cicatrizzati più duri dei muri eretti abbattuti e di nuovo cementificati.
basta parlare di terremoti! così come di uragani e febbri e denti e morsi. ogni boccone sarà il nostro ossigeno ingoiato a forza con il naso tappato per non sentirne il sapore schifoso di merda e letame vario, di carne andata a male con il passare del tempo peggiore - freddo e fuoco dentro, cascate di idrogeno liquido fuori - pavimento per danze di vermi viscidi striscianti su muffe pelose.
sputeremo lana dai nostri orifizi più intimi, e tapperemo le orecchie con mazze da golf incastrate a forza.
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