e scriveremo in modo confuso lettere anonime che mai spediremo, alternando gli sprazzi, gli strazi, solari di emozioni sempre più vere sempre più genuine agli sbagli di umori neri come la pece ed il cielo d'inverno. ce ne fregheremo degli errori della punteggiatura della sintassi della grammatica tutta, privilegiando l'urgenza di dire fare baciare lettera testamento, perché se sono qui, ora adesso oggi e nell'ora della nostra morte, è solo perché mi son preso del tempo, un ritaglio affettato con le forbici da tutto un telo da mare steso nella giornata, per vomitare - si hai capito bene: vomitare, rigetto - tutto quello che ho dentro che frulla in modo pazzesco per uscire fuori, per far capire qualcosa: cazzo!
lasciamo da parte i rimorsi i morsi le ferite le scatole di chi si pensa migliore e si veste o si sveste per rendere al meglio, turchese nelle proprie fate e ignorante nei propri atteggiamenti; chi cade da un pulpito e chi da un piedistallo, chi si costruisce uno scalino, basso per carità per non farsi troppo male dopo. dio! liberaci da questo male, estirpalo fuori, fallo sanguinare; ma fai qualcosa, ti prego ti scongiuro. ti prometto porterò in dono ogni mio più bel dono possibile ed immaginabile, sfornerò ave Maria di preghiere degne di nota, biscotti da consegnare ai buoni samaritani, a chi si presenta alla mia porta vestito solo di stracci e di elemosina. vivrò di questo, di tutto e di più.
scioglimi le parole dalla bocca perché rischio di annegare in questo modo, anche perché più frasi vado scrivendo pensando dicendo maledicendo tanto più stretto si fa quel nodo al collo che altri chiamano cappio, mentre a me pare solo eterna confusione: questa.
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