Le meduse arrivano con il caldo. Hai mai visto un mare popolarsi di meduse d'inverno? No, perché loro sono attirate dal calore delle acque estive. Vorrei esserne così sicuro anche io, come lo sei te, tanto che hai annuito con la testa, magari hai pure pensato: già, è vero; ma io mi pongo dei dubbi e mentre tu ti domandi se per caso non abbia ragione facendoti quella domanda, mettendoti un po' con le spalle al muro, io invece mi chiedo: mi sono mai messo a guardare il mare d'inverno? Si, ti risponderei o mi risponderei. Io amo il mare d'inverno, forse anche più di quello d'estate; ma quando lo guardo a novembre o a gennaio lo guardo sempre da lontano, non da dentro, e mi fermo a meravigliarmi delle onde tempestose che il mare scaglia contro gli scogli o della furia con la quale bagna la spiaggia priva di ombrelloni; non ci sono mai stato d'entro di novembre o di gennaio. Magari pure in quei mesi freddi ci sono le meduse, è solo che noi non ce ne accorgiamo perché non le vediamo, o perché non le andiamo a cercare.
Lei aveva una paura fottuta delle meduse. Non era come I. che si metteva a guardarle con la maschera sott'acqua, che le indicava ad un palmo dal naso. No. Lei era proprio terrorizzata da questi…animali? Si possono chiamare animali? O c'è un termine migliore per definirli? In fondo sono composti per la maggior parte solo d'acqua, ma è anche vero che pure noi per il settanta per cento siamo fatti d'acqua.
In qualsiasi caso: lei aveva paura delle meduse, e quando cominciavano a invadere il mare, come i carrarmatini del risiko iniziavano a ogni partita a invadere il Kamchatka, non c'era verso di convincerla di fare il bagno: potevi trascinarla in acqua, tirarla come si potrebbe tirare un mulo per le redini, facendole strisciare i piedi sulla sabbia - e non appena passavi c'erano i bambini che utilizzavano i solchi scavati dai suoi talloni per farci correre le loro biglie. Un tempo dentro le biglie c'erano le foto dei ciclisti, adesso magari ci sono i modellini delle macchine di formula uno, oppure: non lo so proprio cosa ci possa essere ora dentro le biglie, e neppure so più se i bambini di questi tempi ci giochino ancora con le biglie in spiaggia. - ma era tutto quanto inutile. Se riuscivi a buttarla in mare lei riprendeva l'equilibrio, si sistemava il costume e poi con passo deciso usciva dall'acqua senza più voltarsi indietro, dritta sicura verso le docce fredde dove andava a sciacquarsi via ogni pericolo.
Diceva che io la invitavo ogni anno a venire al mare solo per poterla guardare in costume, vederle la pancia o poterle appoggiare di tanto in tanto la mano su una coscia nuda. Non ho mai avuto il coraggio di dirle che in fondo aveva ragione solo per metà, che era vero: la invitavo ogni anno al mare solo per poterla guardare, ma solo questo, punto. Non certo per guardarla nuda, o semi vestita. A me bastava guardarla, poterla osservare, solo questo. Che fosse poi in bikini, con una gonna, o con una tutta da meccanico completamente imbrattata d'olio, per me poco importava. Il sorriso, bastava quello per rendermela importante, o gli occhi, la bocca che più di ogni altra cosa avrei voluto baciare fino a perdermici il fiato. Non so se mai lo abbia capito questo, o se abbia fatto solo finta di stare al gioco, di dire qualcosa per poter ridere e ridere insieme a me che un po' mi vergognavo di questa cosa perché allo stesso tempo mi scocciava mi vedesse come tutti gli altri sbavanti ubriaconi di scopate in giro, quando invece io davvero bramavo ed avevo sete più della sua compagnia che non tanto della sua fisicità, o almeno non solo.
Non voglio essere bugiardo, più di quanto non lo sia di solito. Non posso dire non mi piacesse abbracciarla, stringerla o accarezzarla; anzi, era una goduria, una vera e propria goduria adolescenziale, qualcosa che mi portava ad un passo dal precipizio e non mi faceva saltare, non mi faceva cadere.
Ma poi vengono le meduse, con il caldo, ed insieme a loro i ricordi. Ci sono alcuni ricordi che sussurrano all'orecchio destro, altri invece all'orecchio sinistro. E' difficile prestare attenzione a tutti quanti. C'è sempre il rischio di stare a sentire nel momento sbagliato, ascoltare quelli della parte destra nel momento in cui sarebbe meglio, molto meglio, ascoltare invece quelli che ti parlano dalla parte sinistra, o viceversa. Così non sai mai come muoverti, dove muoverti, in che direzione, con quali gesti. Perché ci sono ricordi che ti parlano in positivo, che ti dicono che certe cosa devono pure avere un significato, che ad ogni effetto corrisponde una causa, e dietro ad ogni causa c'è un motivo; mentre altri invece ti raccontano della casualità, di come certe azioni vengono fatte soltanto per tenersi su, o per il semplice passare del tempo; perché il tempo passa e non ci può mai essere un minuto uguale a quello precedente o a quello passato magari un anno prima. E allora, allora i ricordi sono un po' come le meduse: sono fatti quasi del tutto d'acqua, non hanno una consistenza vera e propria, e allo stesso tempo possono esserci sempre, in mare, solo che noi a volte non li cerchiamo e per questo non li vediamo.
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