La scelta di film disponibili su un volo intercontinentale targato Alitalia mi ha, devo ammettere, davvero stupito, almeno in quantità. Erano tante le pellicole che si poteva decidere di vedere, e alcune davvero molto recenti se si considera il fatto che tra i primi della lista spiccava pure il nuovissimo Scott di Prometheus. Purtroppo la maggior parte di questi film li avevo già visti a casa o al cinema e nonostante la voglia di rivedere alcuni di essi fosse grande, mi sono obbligato a scegliere una personale prima visione. Scartati a priori i film di fantascienza, che in uno schermo ipermegaridotto come quelli incassati nello schienale del sedile davanti al mio rischiavano di perdere gran parte del fascino visivo (Prometheus su tutti), mi sono fiondato alla sezione commedie e mi sono imbattuto in questo Che cosa aspettarsi quando si aspetta, nel mio caso: aspettare di atterrare.
Il film è un film a episodi, montati in alternanza quanto vi pare ma pur sempre a episodi, che non si intrecciano minimamente se non per dei brevi flebili e forzati momenti. Questo comporta magari la possibilità di sviscerare tutti i possibili aspetti di un tema, in questa caso l’attesa suggerita dal titolo della nascita di un figlio, ma è anche vero che in egual misura non ci si addentra in modo approfondito in nessuno di questi aspetti, bensì li si sorvola superficialmente.
Il risultato è una commedia che dovrebbe fare ridere ma che invece a stento riesce a far sorridere. Il cast è ricco ma ognuno pare aver firmato per il minimo sindacale e non c’è nessuno che spicca se non forse Anna Kendrick che appare fuori luogo anche per motivi anagrafici.
Un film da aereo che doveva farti volare un po’ dell’eternità di ore durante le quali eri costretto a sedere in attesa di arrivare e che invece sembrava allungare ancora di più il viaggio. L’unico pregio è che mi ha fatto capire che non mi piacciono i film a episodi.
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