lunedì 18 febbraio 2013
L'uomo che cade
Attraversò Canal Street e cominciò a vedere le cose, per qualche motivo, in modo diverso. Non parevano pregnanti come al solito, le strade lastricate, i fabbricati in ghisa. C’era una qualche mancanza cruciale nelle cose intorno a lui. Erano incompiute, per così dire. Erano inosservate, per così dire. Forse era quello l’aspetto che avevano le cose quando non c’era nessuno che le vedesse.
Non erano solo i giorni e le notti passate a letto. Il sesso era ovunque, all’inizio, nelle parole, nelle frasi, nei gesti appena accennati, nei minimi indizi di alterazione dello spazio. Lei posava un libro o una rivista, e intorno a loro si adagiava una piccola pausa. Anche quello era sesso. Camminavano per strada insieme e si vedevano riflessi in una vetrina polverosa. Era sesso una rampa di scale, il modo in cui lei avanzava rasente il muro e lui subito dietro, toccarsi o meno, sfiorarsi leggermente o premere forte, sentire lui che la incalzava dal basso, passandole una mano intorno alla coscia, bloccandola, per poi superarla e piazzarsi davanti a lei, che gli stringeva il polso. In che modo lei si abbassava gli occhiali da sole voltandosi a guardare, lui o il film alla tv, quando la donna entra nella stanza vuota e non importa se risponde al telefono o si toglie la gonna, fintantoché è sola e loro la stanno guardando. Era sesso la casa che affittavano sulla spiaggia, entrarci di notte dopo il lungo viaggio spossante, le sembrava di avere le articolazioni fuse in una massa unica, e sentiva il gonfiarsi dei flutti al di là delle dune, il tonfo e poi la funga all’indietro, ed era quella la linea di demarcazione, quel suono che dal buio là fuori imprimeva al flusso sanguigno una pulsazione terrestre.
È una dote che gli ho sempre ammirato. Riesce a dare l’impressione che in lui ci sia qualcosa di più profondo delle escursioni, delle sciate o delle partite a carte. Ma cosa?
- Che cosa ci riserva il futuro? Tu non te lo chiedi? Non dico il mese prossimo. Gli anni a venire.
- Non ci riserva niente. Non c’è. Il futuro era questo. Otto anni fa misero una bomba in una delle torri. Allora nessuno ci disse che cosa ci avrebbe riservato il futuro. Il futuro c’è appena stato. Il momento in cui bisogna aver paura è quando non c’è motivo di averne. Ora è troppo tardi.
Le piacevano gli spazi che creava. Le piaceva vestirsi davanti a lui. Sapeva che sarebbe giunto il momento in cui l’avrebbe spinta contro la parete prima che finisse di vestirsi. Si sarebbe alzato dal letto e l’avrebbe guardata, e lei avrebbe smesso di fare ciò che stava facendo e avrebbe atteso di essere spinta contro la parete.
Di nuovo si fermò a guardare, e provò un senso di solitudine così intenso da poterlo quasi toccare.
C’erano però mille bei momenti che i partecipanti potevano vivere, se gli si offriva la possibilità di raggiungere i punti di intersezione tra intuito e memoria che l’atto della scrittura consente.
Interessante, no? Dormire con tuo marito, una donna di trentotto anni e un uomo di trentanove, e mai un sospiro di sesso. Lui è il tuo ex marito, che ufficialmente non è mai stato davvero ex, lo sconosciuto che hai sposato in un’altra vita. Lei si vestiva e si svestiva, lui la guardava e non la guardava. Era strano ma interessante. Non si creava una tensione. Questo sì che era strano. Lei lo voleva lì, vicino, ma in sé non avvertiva la minima traccia di contraddizione o abnegazione. Aspettava, nient’altro, una prolungata pausa di ricognizione su mille giorni e notti amare, difficili da accantonare. Era una questione che richiedeva tempo. Non poteva accadere come accadono le cose in circostanze normali. Ed è comunque interessante – no? – muoversi nella stanza, come d’abitudine quasi nuda, e il rispetto che mostri per il passato, la deferenza verso quei fervori sbagliati, quelle passioni di tagli e bruciature.
Desiderava il contatto, e anche lui lo desiderava.
Justin era in grado di passare un giorno intero a lanciare una palla da baseball ed essere per tutto il tempo perfettamente e instancabilmente felice, incontaminato dal peccato, dai peccati di chiunque, in qualunque epoca.
La gente ti chiedeva dov’eri quand’è successo. E io non glielo dicevo.
Un tempo aveva provato il desiderio costante di involarsi dalla consapevolezza di sé, giorno e notte, un corpo in puro e semplice movimento. Ora invece si rende conto di scivolare a tratti in spazi di riflessione, dove non articola il pensiero in unità distinte, nette e concatenate, ma si limita ad assorbire ciò che viene, ripescando le cose dal tempo e dalla memoria e depositandole in uno spazio semibuio che raccoglie il complesso delle sue esperienze.
Il mondo cambia innanzitutto nella mente dell’uomo che vuole cambiarlo.
- Mi ripeto che morire è una cosa così normale.
- Non quando sei tu. Non quand’è qualcuno che conosci.
Seduto lì, continuando a fissarla, lui cominciò a scivolare fuori dai vestiti.
Forse esisteva una piega profonda nella trama delle cose, nel modo che hanno le cose di attraversare la mente, nel modo che ha il tempo di oscillare nella mente, che è poi anche l’unico posto in cui esiste in maniera significativa.
Allo specchio crediamo di vedere noi stessi. Ma non siamo noi. Non è quello l’aspetto che abbiamo. Non è il nostro volto letterale, ammesso che una cosa simile esista. È il volto composito. Il volto in transizione.
Era ciò che entrambi avevano conosciuto, nel movimento atemporale di quella lunga spirale discendente, e tornava da lei anche se i loro incontri contraddicevano quella che ultimamente Keith aveva preso a considerare la verità della sua vita, che andava vissuta in modo serio e responsabile, e non abbrancata al volo in manciate maldestre.
Le persone la vedevano, sorridevano, alcune, e le parlavano, una o due, e lei era stata costretta a vedersi nella superficie riflettente della folla. Era divenuta ciò che loro le rimandavano.
- Un giorno abbiamo cominciato a parlare, e quella conversazione non si è mai conclusa.
- Neppure quand’è finito tutto.
- Neppure quando non siamo più stati in grado di trovare cose piacevoli da dire, o qualcosa da dire in generale. La conversazione non si è mai interrotto.
Percepì un movimento vasto e altre cose più piccole, che non vide, oggetti che scivolavano e rimbalzavano, e suoni che non erano una cosa o un’altra ma solo suono, uno spostamento nella disposizione fondamentale delle parti e degli elementi.
Don DeLillo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento