L’estate è quel periodo dell’anno durante il quale tutti, soprattutto gli adolescenti, possono prendersi una pausa, da qualsiasi cosa. È una porzione di tempo ritagliato, un segmento, dentro cui tutti possono sbizzarrirsi e cambiare: identità, fantasie, possibilità. Lo sa bene la qui esordiente Emily Blunt, il cui personaggio gioca a interpretare un altro personaggio durante l’assenza estiva dei genitori. A farne le spese, o per meglio dire a seguirne questa breve avventura trasgressiva, è la nuova amica del cuore che a specchio vive le stesse situazioni della qui bella Emily con una piccola differenza: laddove per il personaggio della Blunt vive tutto come una finzione, Mona invece è costretta a vivere le situazioni sotto un aspetto prettamente reale. C’è il fratello che si rinchiude nella religione, c’è la mancanza dei genitori, c’è la voglia di scappare.
Mona troverà in Tamsim (Emily Blunt) la strada da percorrere per fuggire, prima in senso metaforico e poi in un’ipotesi di senso meno figurato. A fermarla sarà soltanto lo sgretolarsi delle sue certezze costruite in modo così sicuro nell’arco di quel periodo estivo.
Girato con sincerità e con mezzi magari ridotti, il film sente il peso del tempo, già a quasi un decennio dall’uscita (è del 2004), collocandosi nell’affollato ambito delle pellicole indipendenti che non riescono a sfoggiare una luce e una bellezza capaci di renderli particolari ed elevarli al di sopra della media. Una storia scritta per due, dove Emily Blunt prima gioca e poi rivaleggia con la protagonista Nathalie Press.
1 commento:
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