giovedì 25 giugno 2009

Di draghi non ce n'è mai abbastanza

Di tutti i jeans appesi a stendere di fronte alla nostra porta, quanti ce ne saranno stati ieri sera? Dove ci avrebbero portato se li avessimo fatti tappeto, lungo le strade e per i vicoli. Firenze bella, Firenze balla, sotto un cielo sempre più scuro, sempre più blu. Chi è seduto per terra, chi chiede una foto, chi ride, chi beve, chi esplode nel vuoto. Il mangiafuoco che ci sputa addosso l'odore di cherosene: vampate d'aria calda a ritmo irregolare, in una folla medioevale accerchiata attorno ad un drago. Vederlo ruggire gonfiando il petto alzandosi sulle zampe posteriori, come due lucertole che litigano sull'asfalto. Montiamoci sopra, anche se questo drago non esiste, sentiamo le squame rubino scuro che al contatto si indorano di luce. E voliamo, voliamo via, lontano, non lontano; cavalchiamo questo drago immaginario sotto gli archi del cielo, le nuvole stese, sopra prati di bottiglie vuote: vino, birra, sangria, vodka, evaporate con la sete giovane e spensierata di chi non lavora il giorno dopo. Voliamo ai confini, alla periferia dell'impero: la nostra notte bianca sotto i portici dell'università, seduti uno accanto all'altra, la schiena appoggiata al muro, vedere la gente passare mentre i Marta sui Tubi da lontano fanno rumore, e le nostre parole si cristallizzano appena uscite dalla bocca. Domani sarà nuovo, ci ricorderemo ancora di questo rauco gridare, un'arrampicata lungo le chiacchiere spontanee. Non avrei immaginato di uscirne così bene, senza sforzi, senza lividi; invece mentre i ragazzi ci passano accanto, tu parli di qualcosa che io so bene. Parli degli studenti, del comitato; parli del cadere dalle scale, degli esami passati imparando nuove sigle; parli della differenza dei ricordi, delle preferenze del suono, della gente che ti sta addosso, che spinge l'esuberanza contro altra gente, che alza le braccia sopra la testa, che stringe il pungo in segno di sfida, in segno di speranza, che salta a tempo, che sta sulle punte dei piedi, che si dondola melodia come gli steli dei fiori al vento; parli di questa notte, notte bianca, notte buia, notte fredda, notte tra noi due e altre mille mille mille persone; parli dei giorni futuri, delle racchette accordate con le dita come fossero chitarre, delle corse che fanno ridere e di chi ride, chi ride cretino, quando chi ride è sdraiato in fondo alle fogne e nel ridere ride della gente che cammina alta sull'asfalto sopra di loro; parli delle grate da cui gronda l'acqua della pioggia, dell'estate che ha spazzato via il bel tempo, con il sole ed il caldo che se ne sono andati; parli del mare, del fine settimana sull'asciugamano in spiaggia; parli dell'ombrellone, delle creme solari, dell'abbronzatura e del nostro pallore; parli del caldo, dell'afa che vorresti, mentre ora invece c'è freddo e hai freddo, sotto la tua camicia appena; parli dell'abbracciami, per piacere. Parli dell'andiamo via, torniamo a casa. Parli del divano e del nostro senderci stanchi.

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