lunedì 8 giugno 2009

L'opera galleggiante

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E sospetto che Harrison semplicemente assuma, col passare del tempo, il colorito intellettuale, oltre che alle maniere, di chi lo circonda.

E in effetti la sua pelle, particolarmente sull’altopiano dello stomaco, odorava, come seppi dopo, di raggi di sole, e i suoi capelli di spruzzi salati, e l’odore di lei nella mia testa mi diede invariabilmente per cinque anni quel medesimo senso di esaltazione vertiginosa che, da ragazzo, provavo sempre quando mi avvicinavo a Ocean City durante una gita di famiglia, e la prima spuma inebriante dell’Atlantico nell’aria mi faceva vacillare i sensi.

Non avevo scrupoli sull’adulterio: ero un cinico, ricordatevelo. Eppure, so benissimo che se fosse dipeso da me non avrei portato la mia corte oltre quell’occhieggiare e il dirle, metà sul serio, in presenza di Harrison, che ero innamorato di lei.

L’assenza di Harrison era impossibile da ignorare.

Una pelle incredibilmente liscia, tesa, perfetta!

Nell’aiutarla a formulare le sue lamentele scoprii che riuscivo a discorrere con lei più facilmente e più spontaneamente che con qualsiasi altra persona avessi mai conosciuto: non c’era nessun imbarazzo a rendermi sciocco, come accadeva con le altre ragazze, né c’era quel bisogno di fare impressione che falsava tutti i miei rapporti con i compagni maschi.

Ma Betty June, la magra Betty pelle e ossa, ruppe i sigilli della mia mente, che prima della sua venuta era stata uno strumento abbastanza ozioso: mi tolse la verginità intellettuale

E parlavamo all’infinito, facilmente, con grande empatia, saldando la sua esperienza alla mia capacità linguistica.

“Felice di vederti, Toddy”, disse Betty June con sarcasmo.
“Non ho intenzione di chiacchierare, se non ti dispiace”, dissi io con circospezione. “Non saremmo mai capaci di dirci tutto, quindi se per te fa lo stesso, io…”

Prima che potessi spiegarle quel che mi sentivo esplodere dal bisogno di spiegare, il suo ago aveva fatto un rumore decisamente sbagliato di piccola foratura (più sentita che udita, certo) nella pelle bianca del mio avambraccio e svenni un’altra volta.

Molto spesso, le cose che sono evidenti ad altre persone non sono neanche visibili per me.

La signora Holiday Hopkinson è pronta a morire da tanta tempo che, quando la morte verrà a prenderla sul serio, sarà una delusione.

“Permettetemi che vi dica una cosa. A meno che non si aderisca a una religione che non lo permette, la domanda se suicidarsi o meno è la prima a cui bisogna rispondere prima di poter risolvere i problemi della vita. Questo vale soltanto per chi vuole vivere in modo razionale, si capisce. La maggior parte della gente non si rende neanche mai conto che una tale domanda esiste.”

“Se uno vuole dire cose sensate, ho imparato che non dovrebbe mai servirsi della parola dovrebbe o deve prima di adoperare la parola se.”

“Però non dimenticate”, aggiunsi con serietà, “di considerare ogni obiezione al suicidio che vi viene in mente. Se decidete di non uccidervi, potete sempre cambiare idea dopo, invece sulla decisione opposta è difficile ritornare.”

John Barth

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