E' tutto così confuso, nebuloso. Le azioni si disperdono nella foschia acquosa, i contorni si fanno così labili, a tratti solo accennati quel tanto che basta da marcare un confine, giusto per non far scappare l'essensa. Per ora ci sono sogni, pensieri mescolati e legati gli uni agli altri da spaghi a volte tenui a volte robusti. E' forse il momento migliore, quello in cui divertirsi risulta facile, anche se lo si fa solo in testa, a velocità siderale senza freni di carta, schermo di pc, penne difettose o dolori alle mani. Il difficile sarà l'azione, il portare tutta questa nube cosmica dal cervello fino alle punta delle dita e far tracimare ogni cosa da qualche parte. Rendere il tutto più o meno definitivo, reale, vero. Quando le linee saranno più marcate, più continue, tutto si ridurrà alla propria rigidità. Bisogna lavorare in fretta, lavorare con lentezza, lavorare la creta, il pongo, prima che l'effetto dell'acqua svanisca e tutto torni maledettamente duro. Non ha importanza se poi tutto quanto crollerà, le cose sono fatte per crollare. Solo i capolavori restano ben eretti, senza crepe, o linee di vecchiaia. Anche gli uomini sono fatti per crollare, in fin dei conti. In fin dei conti marciamo tutti su strade assai provvisorie, asfalto artigianale, catrame amatoriale. E i passatempi più frequenti si indorano di nastri meno rischiosi.
I cantastorie, ai bordi delle strede, richiamano attenzione e indicano un'altra via.
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