Non abbiamo fatto sedute spiritiche, unendo le mani con pollici e mignoli distanti, ma vero è che parlavamo e nel parlare è finito dentro il tuo nome, o le tue linee, i tuoi pensieri o te nei miei. E' vero che avevamo finito e ci affacciavamo oltre il burrone che era quella bottiglia vuota, guardando cosa ci potesse essere al di là del bordo leggermente macchiato di rosso. Mi domando quale sia stata, la parola magica, che ti ha fatto apparire come un ologramma che all'inizio mi trattenevo dal toccare, forse per evitare che la mia mano creasse un onda sulla tua immagine e per qualche misterioso corto circuito essa sparisse via, di nuovo. Forse è stata colpa, mia, la parola; oppure è stata chiamala, pronunciata in modo esortativo. Certo non è stata litigare: litigare è una parola così spigolosa, per piacere aiutami a cercare un posto dove poterla nascondere; oppure sbricioliamola come un biscotto scaduto, in mille pezzettini così minuscoli che neppure l'attack sarebbe capace di ricomporla in modo degno, l'unica cosa spero che l'attack non sia capace di incollare.
E non vorrei che tu credessi che durante questo trascorrere le cose si siano come per magia fermate, perchè non lo sono affatto; anzi, sono state ancora più uno scrivere, un accumulare e mettere tutto quanto da una parte, da poterlo rileggere in silenzio quando di colpo mi scoprivo a sentire la tua mancanza a seccare la pelle in superficie e le vene in profondità. Non vorrei che tu pensassi che il silenzio e lo spazio vuoto dove solitamente c'eri tu, si fosse colmato di qualcosa che non è silenzio o di qualcosa che quello spazio lo riempisse: no. E' cresciuto fino a moltiplicarsi e triplicarsi, fino a quando non ho costruito una gabbia abbastanza grande e robusta in cui chiudere tutto dentro, dove poter collezionare quello che non c'era più. Una specie di vetrina delle mie e dei miei rimpianti, una mensola dove posare le chiavi di casa tra le nostre parole felici e le nostre sincerità, le nostre; o i tuoi non rispondere o i miei forse fraintendimenti nel credere di averti finalmente scocciata quel tanto, troppo, da farti stufare. Questi che sono stati, quanti?, giorni, mesi, anni, secoli di solitudine: spazzati via dal vento, insieme alle palle di fieno nelle praterie del west dove ci siamo rincontrati, intenti a progettare progetti su fogli di carta, scrivere curriculum e preparare un film 3d per macchine parcheggiate.
2 commenti:
molto intiresno, grazie
good start
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