martedì 26 giugno 2007

New Slang

Gold teeth and a curse for this town were all in my mouth
Only, I don't know how they got out, dear
Turn me back into the pet I was when we met
I was happier then with no mind-set

And if you'd 'a took to me like
A gull takes to the wind
Well, I'd 'a jumped from my trees
And I'd a danced like the king of the eyesores
And the rest of our lives would 'a fared well

New slang when you notice the stripes, the dirt in your fries
Hope it's right when you die, old and bony
Dawn breaks like a bull through the hall
Never should of called
But my heads to the wall and i'm lonely

And if you'd 'a took to me like
A gull takes to the wind
Well, I'd 'a jumped from my trees
And I'd a danced like the king of the eyesores
And the rest of our lives would 'a fared well

God speed all the bakers at dawn may they all cut their thumbs,
And bleed into the buns 'till they melt away

I'm looking in on the good life I might be doomed never to find
Without a trust or flaming fields am I too dumb to refine?
And if you'd 'a took to me like
Well I'd a danced like the queen of the eyesores
And the rest of our lives would 'a fared well

lunedì 18 giugno 2007

Icky Thump

White Stripes



Una partenza buona, potente, che ricalca perfettamente lo stile del duo di Detroit.
Ad un primo ascolto molto meglio dell'ultimo Get Behind Me Satan, un po' troppo oscuro e meno appariscente degli altri album targati White Stripes, ma allo stesso tempo lontano dalle vette di White Blood Cells. Se il suo predecessore aveva tentato di percorrere nuove strade rispetto allo standard White, questo ultimo lavoro pare partire alla ricerca di nuovi confini dalla parte opposta a quella in cui puntava Get Behind Me Satan. Così, tra una scarica di chitarra firmata Jack, e un rullo di batteria firmato Meg, si fanno spazio niente meno che delle cornamuse.
Con il passare degli ascolti non può far altro che migliorare.

01 Icky Thump [4:14]
02 You Don't Know What Love Is (You Just Do as You're Told) [3:54]
03 300 M.P.H. Torrential Outpour Blues [5:28]
04 Conquest [2:48]
05 Bone Broke [3:14]
06 Prickly Thorn, But Sweetly Worn [3:05]
07 St. Andrews (This Battle Is in the Air) [1:49]
08 Little Cream Soda [3:45]
09 Rag and Bone [3:48]
10 I'm Slowly Turning into You [4:34]
11 A Martyr for My Love for You [4:19]
12 Catch Hell Blues [4:18]
13 Effect and Cause [3:00]

domenica 17 giugno 2007

Throw Your Hatred Down

Here in the conscious world
We place our theories down
Why man must bring us
to our knees
Before he sees the weakness
of his sinful plan
The power in his hand
Will never touch a friend

Throw your hatred down
Throw your hatred down

Meanwhile in the underworld
The weaknesses are seen
By peasants and presidents
Who plan the counter-scheme
Children in the schoolyard
Finish choosing teams
Divided by their dreams
While a TV screams

Throw your weapons down
Throw your weapons down

The wheel of fortune
Keeps on rollin' down
The street that's paved
with sinful plans
There but for circumstance
May go you or I
Dressed in gold lame
Find a place to stay

Throw your hatred down
Throw your hatred down
Throw your hatred down
Throw your weapons down

giovedì 14 giugno 2007

L'immagine più bella

L'immagine di lui che ballava e cantava ad occhi chiusi, con le mani incrociate dietro la nuca, le braccia piegate in avanti e i gomiti che quasi si toccavano davanti ai suoi occhi, era il ricordo più bello che lui le avrebbe mai potuto regalare.

mercoledì 13 giugno 2007

Nuovo Giorno

Le cinque di mattina. L’aria tersa e ancora fredda. Il sole che non si decide a sorgere, ma che comincia timidamente ad affacciarsi all’orizzonte. I primi raggi lanciati oltre le colline. Alcune sciabolate di luce che irrompono nel cielo. Le nuvole teneramente colorate dell’arancione dell’alba. Il buio che lentamente lascia posto al chiarore del primo mattino. Il sapore dell’aria che d'improvviso cambia. Il paesaggio che comincia via via a delinearsi sotto il tuo sguardo. E i passerotti che iniziano a cinquettare nei propri nidi.
La vita che si risveglia.

lunedì 11 giugno 2007

Elide


Dici che
In fondo non siamo altro
Che ciò che decidiamo di essere
Che le nostre azioni
Ci descrivono meglio di mille parole
E che non siamo così innocenti
Come vogliamo far credere

Ma le cose a volte
Accadono solo perché devono accadere
E non ci sono colpe da assegnare
O scuse da dover recitare
Perchè quello che io vorrei
È fragile
O mia Elide

E non mi sento sporco
O perso
Ma solo un po' indifeso
Perchè sono in balia dei tuoi occhi
Delle tue labbra
E non c'è niente che mi possa difendere
Perchè in fondo non voglio difendermi

Se il mondo è il mare
Tu sei l'oceano
Mia Elide

domenica 10 giugno 2007

Dark Side

Come and ask me if I wanna dance with you
I think you will
It gets cold and lonely on my dark side of the moon
The air thin and cill
Come and show me what the grey looks like when it's blue
I think you can
You've got golden lips and I have got a silver spoon
We don't need romance

'Cause I've danced with romeos and gigolos
Philosophers and slackers
Vagabonds and cambridge dons
The king of cool's heir apparent
Infidels and jezebels
And poets with no talent
But they've never shone on the dark side of my moon

I was thinking love was just a complicated game
You play in the dark
No-one told me strategy was only for defence
And winners thank luck
Oh take my hand and show me how to spin around this floor
I don't know how
Come unlearn me everything I've ever learned before
I'm ready now

'Cause I've danced with romeos and gigolos
Philosophers and slackers
Vagabonds and cambridge dons
The king of cool's heir apparent
Infidels and jezebels
And poets with no talent
But they've never shone on the dark side of my moon

Now that you've warmed me
I never, never want to be that cold again
Cold may be easy but nothing
Nothing comes of nothing in the end
In the end

Take my hand and lead me where the music is alive
I think you can
You've got golden lips and a whole lifetime in your eyes
We don't need no plan
Oh come and ask me if I want to dance with you
I think you will
And when a thousand moons have spun around this earth of ours
We'll be dancing still

'Cause I've danced with romeos and gigolos
Philosophers and slackers
Vagabonds and cambridge dons
The king of cool's heir apparent
Infidels and jezebels
And poets with no talent
But they've never shone on the dark side of my moon
No they've never shone on the dark side of my moon

venerdì 8 giugno 2007

Kerouac

A vent’anni, poi, ti guardi i piedi e li vedi così piccoli che non credi mai sul serio di poter fare molta strada. Le scarpe sfatte. Rotte sulla punta, ed il tallone che ha un gran bel buco proprio sopra la suola. Pensi a Kerouac*, a quanta strada ha percorso lui. Fai un piccolo confronto e non ci vuole un genio per scoprire di non esserne all’altezza.

* Chi lo conosce a vent’anni ci pensa spesso. Lo guarda come si guarda un mito vero.
Chi invece non lo conosce, a vent’anni, oltre a perdersi, o al non perdersi, (per) un’America fatta di parole suonate, a volte ancor migliore di quella originale, rimane a girarsi i pollici e a guardarsi tra le gambe in modo interrogativo.
?
Gioca a vedersi, tra lo specchio e le proprie mutande. Si masturba su miti, che miti, i miti che non sono, o che forse potranno essere tra qualche anno.
Ma a vent’anni: perdersi tra i propri vestiti, cercando un paio di pantaloni che non siano jeans sfatti, e un pollice mai alzato alla ricerca di un passaggio, o di un qualsiasi mezzo per spostarsi. Troppa grazia: a dormire si può andare dopo.
Io ho fatto tutto questo:
Ho conosciuto Jack. L’ho sentito parlare con qual suo tono molto sporco: con l’inchiostro che gli colava dalla bocca: come bava, sulla maglia.
Ho cercato un passaggio per un posto che neppure io conoscevo dove si trovasse. Non l’ho trovato e mi sono inventato una strada per arrivarci.
Sono morto e rinato. Mi sono infilato un palo in culo e me lo sono tirato fuori. Sanguinante dalla disperazione e dal dolore.
Ma a vent’anni. Chi non conosce, Kerouac, mi faccia il piacere: vada a letto.

giovedì 7 giugno 2007

Zodiac

Durante l'estate del 1968, nell'area di San Francisco, comincia a operare un serial killer che rivendica i propri omicidi con lettere spedite ai principali quotidiani locali. Dopo aver assunto un nome riconoscibile, Zodiac, l'assassino sfida la polizia con una serie di messaggi in codice che nessuno riesce a decifrare correttamente. Sulle sue tracce, oltre a una coppia di detective, si mettono anche un giornalista alla ricerca di scoop e un vignettista frustrato, quest'ultimo appassionato di codici ed enigmistica: la sfida è appena cominciata…Zodiac è un thriller atipico: ispirato alle azioni di un serial killer che tenne per anni in scacco la polizia di San Francisco (ancora oggi il caso è considerato chiuso solo perché il principale imputato morì prima di essere sottoposto a processo), il film di David Fincher concentra le sue attenzioni non tanto sulla figura dell'assassino, che rimane sullo sfondo, avvolta da un'aura inquietante e misteriosa, ma su un eterogeneo gruppo di personaggi, le cui vite vengono sconvolte dalle azioni del killer. Il tema dell'ossessione, già declinato efficacemente da Fincher nelle pellicole del suo recente passato, ritorna e diventa quindi perno dell'intera vicenda: tutti i protagonisti della storia, in primo luogo l'ispettore David Toschi (un eccezionale Mark Ruffalo) e l'anonimo vignettista Robert Graysmith (il capace Jake Gyllenhaal), sacrificano carriera, affetti e famiglia, pur di trovare il bandolo della matassa che, anno dopo anno, si fa sempre più fitta e apparentemente inestricabile. Sullo sfondo, emerge sempre più chiaro il ruolo chiave che assumono col passare degli anni i media e l'informazione in generale. Nonostante la sua eccessiva durata (oltre due ore e mezza) non contribuisca certo a renderne più agevole la visione, Zodiac garantisce più di un momento memorabile: la sequenza dell'omicidio a sangue freddo di una coppietta nei pressi di un lago e quella che vede Jack Gyllenhaal scendere nello scantinato di uno dei presunti colpevoli, valgono, come si suol dire, il prezzo del biglietto. Peccato che Fincher non abbia reso più compatta e omogenea la narrazione e non abbia utilizzato il tempo a sua disposizione per approfondire meglio alcuni personaggi, come quello del giornalista ubriacone interpretato (casualmente…) da Robert Downey Jr. e quello, forse troppo marginale, cui dà volto e corpo Chloe Sevigny. Graziato da una prestazione del cast a dir poco sontuosa, Zodiac è un film ostico, affascinante, un "thriller non thriller" anticonvenzionale, forse troppo lento e denso di fatti e dialoghi. In America il pubblico non ha gradito (la critica è invece osannante): da noi, dato il genere, potrebbe avere miglior fortuna.

Giudizio: Dvd

Legenda Giudizio:
  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

mercoledì 6 giugno 2007

La differenza tra me e te

Ho smesso di cercare un significato in ogni tuo singolo movimento. Con il passare del tempo ho capito che non tutte le persone prima di fare qualcosa ci pensano trentaseimila volte, come invece faccio io. Tu, ad esempio, sei istintiva, agisci d’impulso: sei una che prima fa e poi magari si pente. Io invece no, sono l’esatto contrario. A volte mi pento anche prima di agire.

martedì 5 giugno 2007

Tra Foto e Soffitta

Ricordi?
La luna. Le stelle. L’aria che le rendeva più belle. L’odore di erba tagliata da poco. Le mani incrociate dietro la nuca. Il cielo notturno sopra una piccola collina. La neve che doveva esserci e che invece non c’era. Il freddo che avrebbe dovuto avvolgerci. E che al contrario si allontanava.
Le mille parole da dire. E le mille e una che poi non sono mai state dette. Il girare la testa verso destra. Alzare un po’ la schiena e appoggiarsi sul gomito. Avvicinarsi. Sentire la voce degli altri girare per la valle. E stringere gli occhi dentro le palpebre.
Le partenze la sera. Le nove e le chiavi di casa in tasca. Una pizza. Un locale squallido e tante risate. Le chiacchiere. I sorrisi. I minuti che passano. La strada. Il traballare tra un muro e l’altro.
Essere ubriachi: saperlo e non sentirne il peso. La testa, leggera. Lo stomaco pieno. E i pensieri altrove.
Le paste calde alle tre del mattino. La crema che ti cade sui pantaloni. Le tue bestemmie ed ogni tuo tipo di imprecazione: la cosa più divertente che ci possa mai essere.
L’alba. Il chiarore di un sole che non si è ancora deciso a sorgere. I suoi raggi che si affacciano timidamente all’orizzonte. L’orologio che ticchetta: le 5:30.
I saluti. I motori che ripartano. Il riaccompagnare tutti a casa. Fare da tassista, una volta per uno. E poi sentire il rumore della tua chiave che ritorna nella serratura di casa.
Il silenzio. Le scarpe tolte dopo appena due passi, e il muoversi lento. Arrivare in cucina e aprire il frigorifero. La luce che illumina la stanza buia. Il rovistare tra tutti quei cartocci del supermercato. Mangiare qualcosa aspettando che ti prenda sonno.
E poi il letto. Le coperte. Il cuscino sotto la testa. E il dormire beato come un piccolo angioletto.
Ricordi?

Si, ricordo.
Se mi impegno riesco addirittura a ricordare di quando siamo andati in spiaggia alle tre di notte, con alle nostre spalle le luci della passeggiata che si confondevano con la confusione dei locali, mentre di fronte a noi il mare scuro, che sembrava la fine del mondo.
Di quelle sere ho in testa tutto quanto possa entrarci. A partire dalla lista dei pub che visitavamo, fino ad arrivare alle notti peggiori accompagnate dalle nostre sbornie.
È difficile dimenticare quanto sia stato bello, e a volte anche esaltante, sentire così tanta felicità e allegria accarezzarti la pelle, quasi fosse un sospiro leggero. È difficile anche solo pensare che un giorno si possa dimenticarlo.

E allora, cosa mi dici?

Allora ti dico che l’altro giorno ho rimesso a posto la soffitta. Tutte le nostre vecchie cose si stavano ammassando lì e non era certo un bel vedere. Scatole, scatoloni e cianfrusaglie varie avevano riempito ogni angolo della stanza. C’era una tale confusione che sembrava che un uragano avesse passeggiato per casa.
Ho deciso per questo di prendermi un fine settimana intero per mettere un po’ in ordine. E proprio dentro una di quelle scatole ammassate una sopra l’altra, nascosta tra cartoline e ricordi di viaggi vari, ho trovato una foto di Alice.
Niente di particolare, siamo solo io e lei appoggiati ad un albero. Non so neppure dove, ne quando. Una semplice foto come se ne vedono tante in altrettanti album anonimi.
All’inizio pensavo che non mi avrebbe fatto nessun effetto. Nella mia ingenuità pensavo che in fondo era passato talmente tanto tempo che non mi avrebbe fatto più la stessa impressione. E invece, è bastato un solo sguardo per farmi cadere un’altra volta.
Mi sono seduto per terra, facendomi spazio tra tutti i fogli che avevo deciso di buttar via, e ho fatto una piccola pausa. La testa aveva cominciato a girare non appena mi ero reso conto di stare a guardare una foto di Alice, e tutte le forze mi avevano ad un tratto abbandonato: non aveva tanto senso continuare. Mi dispiace ammetterlo, perché tra me e me pensavo di aver superato questa fase ormai da tempo, ma avevo bisogno di gustarmi quella foto.
(Sospiro)
A volte è buffo vedere come funziona la memoria: mi ricordavo alla perfezione della passeggiata in riva al mare alle tre del mattino, di ogni singola bevuta che ho rivomitato nel cesso di casa dei miei; ma avevo completamente rimosso Alice. Forse è anche per questo che credevo di esserne guarito.
Fino ad allora Alice rimaneva soltanto un nome, il più astratto possibile dalla realtà. Poco importava che fosse presente anche lei a quella passeggiata in spiaggia: per me Alice non era un volto, ne tanto meno un corpo.
Rivederla in quella foto, così allegra e bella in una semplice posa da ragazza qualunque, è stato il classico colpo allo stomaco che non ti aspetti.
Sono rimasto per un quarto d’ora immobile, come incantato dal suo sguardo, a riassaporare ogni centimetro di lei: come un tossico che dopo un lungo periodo di astinenza si fa una nuova dose.
Non riuscivo a staccare gli occhi di dosso da quella fotografia. Mi perdevo tra le pieghe che la sua bocca formava agli angoli delle labbra mentre sorrideva; tra la linea delicata e regolare delle sue sopracciglie leggermente inarcate.
Non so cosa mi fosse successo, ma era come se mi fosse stata preclusa ogni attività mentale che non fosse quella di pensare a lei. Ogni cosa che mi passava per la mente aveva qualcosa a che fare con lei. Poteva essere la sua faccia, oppure il ricordo della sua voce; ma comunque pur sempre qualcosa di suo.
Per quel breve ma intenso periodo, durante il quale non ero ancora stato assalito dalla paura né tanto meno dall’angoscia, quella foto mi ha come spalancato le porte del paradiso.
Ho preso la foto e l’ho riposta in un cassetto che sapevo Valentina non avrebbe mai aperto. Un po’ per nostalgia, un po’ perché non ne avevo il coraggio, ho deciso di non buttarla via.
Forse ho sbagliato. Avrei dovuto accartocciarla, o farla in mille pezzettini minuscoli, e buttarla nel cestino. Ma non ci sono riuscito.
Così per un paio di notti mi sono alzato verso le due, stando attento a non svegliare Valentina, e a piedi nudi sono andato in soffitta. Non riuscivo a dormire e questa mi è parsa la scusa migliore per rivedere di nuovo Alice.
Ho aperto il cassetto, ripreso in mano la foto e mi sono seduto sul vecchio divano che ormai arreda la mansarda.

lunedì 4 giugno 2007

Ossessione

L'ossessione pura è un rito soave

Motherland

Where in hell can you go
far from the things that you know
far from the sprawl of concrete
that keeps crawling it's way about
1,000 miles a day
Take one last look behind
commit this to memory and mind
Don't miss this wasteland,
this terrible place
When you leave keep your heart off of your sleeve

Motherland cradle me, close my eyes
lullaby me to sleep
Keep me safe, lie with me
Stay beside me don't go
Don't you go
Oh my five & dime queen tell me what have you seen
The lust and avarice
The bottomless, the cavernous greed
Is that what you see

Motherland cradle me, close my eyes
lullaby me to sleep
Keep me safe, lie with me
Stay beside me don't go

It's your happiness I want most of all
and for that I'd do anything at all
Oh mercy meIf you want the best of it
or the most of it all
if there's anything I can do at all

Now come on shot gun bride
what makes me envy your life
Faceless, nameless, innocent
blameless and free
what's it like to be

Motherland cradle me, close my eyes
lullaby me to sleep
Keep me safe, lie with me
Stay beside me don't go
Don't go

venerdì 1 giugno 2007

Spaceman

La lettera che lo invitava a presentarsi davanti al carrello trasportatore gli arrivò una mattina. Una mattina qualunque nella quale si era alzato come sempre, senza nessun presentimento. Né sensazioni. Solo un pungente respiro che sapeva d’avorio e che non lo mollava. Per i primi minuti di risveglio fu così. Con lo stomaco attorcigliato come un ariete. Che cercava di risalire. Lungo l’esofago. Fino alla bocca. Spalancare e staccare i denti. Ed urlare.