lunedì 31 marzo 2008

Lontano da Ogni Cosa


Cominciava a rendersi conto dell'influenza che poteva avere sugli altri, del fatto che l'inizio di una sua corsa portava ad altre imitazioni di marcia veloce. E del fatto che ogni persona ha uno scudo e ogni scudo ha una parte molle e attraversabile, e attancod ripetutamente quella parte ogni corazza va in frantumi: gli strati di emotività più profondi e protetti saltano fuori, senza protezione né controllo né misura.

Quando è tornata sono rimasto sull'immagine del tagli dei suoi occhi e mi chiedevo come potesse continuare a inviarmi nella stessa misura sensazioni di disagio e calma.

Ricordo vagamente l'entrata di qualcuno in camera e la sua voce distante non maschile e non femminile con un'intonazione di circostanza dire "Tutto bene?" Ricordo la mia voce altrettanto di circostanza rispondere "Fantasticamente", e ripiombare in accenni di pensieri che non si riuscivano a formare del tutto e poi perdersi in pensieri ancora nuovi e vuoti e pieni, mi sono sentito una specie di umido addosso e ho pensato che fosse una bocca, ho pensato ai surrogati dell'amore e l'ho assagiata, ho sentito quella bocca staccarsi e dire ancora "Tutto bene?"; aveva un proumo da donna e toccavo con le mani una pelle liscia da donna e sforzandomi con gli occi ne intravedevo le forme nel buoio della stanza e ho detto "Resta qui", mentre passava di fuori un'altra stupida notte di convenzioni in cui cercavamo, in qualche modo, di essere felici.

Le vite sono tronchi, le possibilità sono rami. Guardali quei rami, sembrano strade. Ci sono così tante persone che sono rettilinei. Così tante persone che fanno di tutto per non accorgersi delle curve. Poi ci sono, invece, persone fatte di curve, che non arrivano mai. Ma almeno, loro, provano a svoltare.

"Pensi che sia normale che due amici stiano così". Ha fatto una pausa, incastrato un bacio. "Vicini?"
"Forse" le ho detto io.
Poi lei ha detto "Pantaloni".
"Calzoni".
Chiara Valentini mi ha detto "Non devi trovarmi un sinonimo anche adesso". Si è messa a sedere, mi ha slacciato i pantaloni. "Sono ingombranti in questo momento".
Non c'era nessun imbarazzo in quello scompartimento. Mi stringeva nella mano. La ha preso tra le labbra come se lo stesse solo sfiorando. Ha fatto una piccola risata, ha detto "Mi piace stringerlo. Baciarlo".
Ci siamo ritrovati in poco tempo senza quasi vestiti addosso. Guardavo nel buio il suo corpo di sapone. Lei mi ha detto "Signor Stefano Bersani, adesso non vorrà anche fare l'amore, per caso?"
"Sarebbe un'idea fantastica" ho detto. "Un'idea stupendamente fantastica".
Ascoltavo i nostri sorrisi diventare respiri e movimenti sempre più veloci e attaccati. Non avrei saputo dire qual era il confine tra i nostri due universi. Se bastava lo scompartimento di un treno, per non pensare più a niente, perché ci ostinavamo a cercare pezzi di mondo sempre diversi in cui stare?

Tutte le altre cose cominciavano a perdere di significato. Scrivere, scrivere. Entravo in dimensioni parallele alla mia, le inventavo, facevo muovere i fili di realtà simili a quelle che mi passavano vicino ogni giorno, e le modificavo. La pagina bianca era questa sensazione di flusso non prestabilito e allo stesso tempo la possibilità di attenuare tutto quel rummore d ifondo che arrivava continuo e gracchiante a dare fastidio.

Pensavo ancora a Chiara Valentini. La sua immagine si stava allontanando ma lo stesso non ero riuscito a colmare quel vuoto pazzesco che aveva lasciato. Mi rendevo conto, ora che non c'era più, quanto la parola amicizia non bastava a descrivere gli strati profondi in cui era riuscita a infilarsi.

Ero convinto che le definizioni fossero il primo passo per infilarsi in strade obbligate; da cui sarebbero stato troppo difficile fare marcia indietro.

Dedicato a tutti quelli che hanno puntato la loro strada, dritta in faccia. E hanno svoltato.


Mattia Signorini

sabato 29 marzo 2008

Ho Voglia di Te


Così è andata. Precisiamo: passava su Sky ed è capitato iniziasse proprio quando ho acceso la tv, quindi non è che lo volessi veramente vedere. Diciamo che non ho avuto la forza di cercare altro.
Non mi aspettavo niente e mi è stato pure dato di meno. La storia parte due anni dopo le vicende narrate in un altro capolavoro del cinema italiano Alto, Tre Metri Sopra il Cielo (quello si, purtroppo, visto con intenzione, per capire cosa potesse avere di tanto folgorante una storia di questo Moccia, all'epoca per me ancora oggetto misterioso, senza doversi sorbire tutta la pappardella di parole che componevano il suo libro). Il personaggio di Scamarcio (che d'ora in poi qui chiamerò Scamarciolo, perchè mi è più simpatico e sonoro) torna dopo due anni passati in America nella natale Roma (che culo!). Il burino teppistello del primo film ha fatto posto ad un ragazzo/uomo/non-ancora-uomo/un-po'-maturo-ma-non-troppo che per un bel po' di tempo non fa altro che vedere un po' ovunque il vecchio amore, Babi (marchio di fabbrica Moccia, in tutto il racconto non c'è un personaggio che venga chiamato con un nome decente: Step, Babi, Pollo, Pallina, Gin).
In uno dei suoi mille girovagare incontra una nuova ragazza e di lei si innamora. Laura Chiatti all'inizio dà al personaggio una certa vena di indipendenza, alternatività, e tra tutti gli altri personaggio che sembrano appena usciti dal liceo ha un vago senso di diversità... vago, giusto un'eco; ma ben presto il personaggio si ribella e di punto in bianco, più o meno dopo aver baciato Scamarciolo (che ha fatto? L'ha infettata?) diventa la classica ragazzetta moccianiana: prima aveva mille interessi ("Tieni un diario?" "Si", "Balli?" "Si", "Ti interessi di fotografia" "Si", "Suoni?" "Si"..."Ma riesci pure a pisciare tra una cosa e l'altra o la tieni tutta dentro e la scarichi a fine giornata???"), dopo ogni cosa va a farsi friggere e non si occupa più di niente.
Quando ormai si sono messi insieme, giurandosi amore eterno nel modo più romantico di questo mondo, ovvero chiudendo un lucchetto su un lampione di un ponte romano e gettando la chiave nel Tevere (forse la frase non mi è uscita abbastanza ricca sarcasmo... si legge il sarcasmo?) Babi torna nella vita si Scamarciolo e... non si capisce un cazzo!
Finiscono sulla spiaggia in riva al mare, si baciano, lei si spoglia, lui si sdraia su di lei... ma lo stacco successivo vede lei nuda e triste, lui senza parole ed ancora vestito: cosa è successo????
Fatto sta che Babi confessa a Scamarciolo di starsi per sposare, ovviamente con un altro; Scamarciolo litiga con Gin (Laura Chiatti); Gin si gongola del fatto di aver ragione; Scamarciolo va a scusarsi e litiga con Gin; Gin passa dalla ragione al torto in mezzo secondo; Gin piange; Scamarciolo si fa pensieroso. Ma poi: BUM! Lieto fine e Gin e Scamarciolo si rimettono insieme.

Cazzo che storia!
Da tutto questo però ho capito un po' di cose:
1) a Roma se cerchi qualcuno e non sai dove sia vai sul lungo Tevere: sono tutti lì che camminano;
2) Scamarciolo ha un iter ben preciso per baciare qualcuno: prima muove incessantemente la testa, come fosse in preda a convulsioni, poi la ferma improvvisamente, guarda dritto negli occhi la ragazza, e poi punta le labbra;
3) chiunque baci Scamarciolo dopo si muove al rallentatore (ad un certo punto pure le persone che vedono baciare Scamarciolo dopo si muovono al rallentatore)
4) a Scamarciolo quando fa sesso dietro la nuca vengono i capelli alla Oliver Hutton, solo che Holly ce li aveva lisci e non riccioli come lui;
5) a Roma imbroccare una ragazza pare piuttosto facilino (forse perchè Scamarciolo ha la faccia di Scamarciolo);
6) il personaggio di Laura Chiatti quando si trova per strada e vuole guardare qualcuno si porta sempre un albero portatile da piantare un po' ovunque e dietro il quale poi nascondersi;
7) Laura Chiatti che fa boxe è credibile solo quanto Laura Chiatti che suona la chitarra e canta;
8) quando pensavo che i dialoghi tra Scamarciolo e Laura Chiatti fossero banali e di una tristezza infinita non avevo ancora sentito i dialoghi tra Scamarciolo e Babi... morale: non c'è mai fine al peggio.

Giudizio: Passeggiata



  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

Non contento, dopo il film mi sono messo pure a leggere qualcosa su internet. Questo il risultato:


"che bello questo libro..pensate.. ho 15 anni e ho letto solo due libri: tre metri sopra il cielo e ho voglia di te… e ora ho appena prenotato scusa ma ti chiamo amore…i libri di moccia sono davvero fantastici….*giulia* "


"ciao! ankio ho 15anni e sono d’accordo con Giulia… i libri di Moccia sono fantastici, ma non ho letto solo quelli, anzi molti altri e devo dire che messi a confronto con altri racconti rosa, qll di Moccia sono bellissimi!! Leggeteli tutti e tre, ne vale la pena!!!"


"bellissimo qst libro è l’uniko ke ho letto tt e pensate sn una ragazza di 14 anni …ki è ke a voglia di leggere un libro a qst età? invece io lo fatto xkè è un bellissimo libro…"


In grassetto le parti che mi hanno mandato in coma............................

giovedì 27 marzo 2008

Sono solo parole


E pensare che io alle parole ci penso spesso. A volte ci gioco, cercando di incastrarle una dentro l'altra, come tante piccole tessere di un puzzle, nel tentativo di tirarne fuori una figura più completa e a tratti, per fortuna/sfortuna, più complessa.
Spesso, come accade di frequente a chi gioca con incoscienza con qualcosa di cui non conosce le regole, mi ferisco, o finisco per ferire gli altri. Sempre in modo inconsapevole, non certo spinto da una qualche vena di masochismo o cattiveria.
Bisognerebbe stare sempre atteti alle parole, perchè sono subdole, come tutte le cose che per spiegarle bisogna utilizzare la cosa stessa: le parole le puoi spiegare, ma per spiegarle devi per forza usare sempre altre parole; è un gioco piuttosto ricorsivo.
E allora cerchiamo di avere con le parole il giusto rapporto, perchè di più pericoloso e affilato delle parole c'è solo la fantasia.

mercoledì 26 marzo 2008

Infine

Un giorno mi fermerò
E penserò al tramonto

Non lo vedrò
Ma lo immaginerò talmente intensamente
Da averlo dentro

martedì 25 marzo 2008

Bianco/Nero


Se davvero ogni post dovesse rappresentare in qualche modo il giorno in cui è stato scritto, questo dovrebbe essere un post di resa; un messaggio che sventola bandiera bianca verso il nemico. Non per qualche cosa di specifico, ma solo per il semplice motivo che magari si è stancato di fronteggiare chi si trova dall'altra parte della trincea. Oppure perchè facendo in questo modo ha la speranza di vedersi uscire dal fango e dalla mota (lo so, lo so: non sono che sinonimi e non aggiungano altro significato).
A volte c'è bisogno semplicemente di muoversi, perchè l'immobilità irridisce i muscoli, li atrofizza e punge dentro un dolore che prima si credeva impensabile. A volte c'è bisogno di muoversi e basta, perchè nel bene o nel male, il muoversi cambia un po' il paesaggio: al posto della classica vallata verde che si perde fino all'orizzonte, si potrebbe avere una vallata verde con un minuscolo puntino nero che si staglia all'orizzonte.
Quel puntino nero è questo post: a braccia alzate si avvicina e non dice niente.
Sparate, sparate pure.

venerdì 21 marzo 2008

Erato

Nella mitologia greca Erato, figlia di Zeus e di Mnemosine è una delle Muse, precisamente quella del canto corale e della poesia amorosa.
Viene raffigurata come una giovane, con una corona di mirti e di rose, con in una mano una lira e nell'altra il plettro, collocato vicino a lei c'è un Amorino armato d'arco e di turcasso.
Il suo nome sembra significare "Amabile" e deriverebbe da Eros, dando ascolto a quanto suggerisce Apollonio Rodio nella sua invocazione ad Erato che apre il III libro delle Argonautiche. Erato viene citata insieme alle altre Muse nella Teogonia di Esiodo e veniva invocata nel proemio di un poema ora perduto, la Radina, ricordato e brevemente citato da Strabone. La romantica storia di Radina, fece sì che la sua supposta tomba, che si trovava sull'isola di Samo, all'epoca di Pausania fosse meta del pellegrinaggio degli innamorati infelici. Erato fu rappresentata come una figura collegata all'amore anche nel Fedro di Platone Tuttavia, all'epoca in cui Apollonio scriveva, il III secolo a.C., le Muse non erano ancora viste come figure così strettamente legate ad una specifica arte come avvenne in seguito.
Da lei nacquero Tamiri (suonatore di lira, quindi poeta e cantore) e Cleomene (che divenne poi sposo di Flegias). Inoltre dalla sua unione con Arcade nacque Azan.

giovedì 20 marzo 2008

Non sono il solo

Da un post di un blog davvero molto interessante. Avrei voltuo lasciare un commento ma non ho capito come fare :(

Una volta la mia macchina si chiudeva da sola, non so perché, ma io pensavo comunque che fosse una grande conquista tecnologica, soprattutto per quei disgraziati come me che tornano sempre indietro a controllare se l’hanno chiusa (come fanno quelli con le cabrio a possedere una cabrio? Io ci diventerei matto. Avrei continuamente paura che qualcuno la usi come cacatoio pubblico a cielo aperto, ma quando passo vicino a una cabrio incustodita nessuno l’ha usata come cacatoio, e allora non capisco). Poi ha smesso, senza avvertire. Un giorno arrivo e la trovo aperta e fine della tecnologia ansiolitica.

Da leggere anche tutto il resto:
http://chinaski77.splinder.com/

mercoledì 19 marzo 2008

Semplicità

E' arrivato il nuovo Giap, il numero 21. Impossibile non riportare un breve scorcio.

Lo so: è completamente decontestualizzato, ma nonostante questo non mi sembra affatto male.



John Maeda sostiene che per raggiungere la semplicità bisogna "sottrarre l'ovvio e aggiungere il significativo". Più che una definizione è uno scaricabarile: che cos'è ovvio? Che cos'è significativo? Un libretto di istruzioni ben fatto è privo di ridondanze, ogni riga è efficace e informativa. Peccato che la realtà non sia un aspirapolvere. La u dopo la q non dice niente di nuovo, eppure in italiano scriviamo così. Amare la complessità significa interrogarsi sul nome, la storia e gli ingredienti di quello che ci sta intorno. Se vado in vacanza in montagna, non posso tornare a casa senza aver mai aperto una mappa dei dintorni. Se vado al mare in Egitto, non posso mangiare spaghetti per una settimana. Amare la complessità non significa complicarsi la vita, come facevano Aldo, Giovanni e Giacomo quando davano un nome sardo a ogni foglia, a ogni goccia di pioggia. Le foglie si chiamano foglie, ma un albero può chiamarsi faggio, quercia, ulivo, ontano, sicomoro.



di WM2

martedì 18 marzo 2008

Zooey

Si presenta allungando la mano verso di me. Si chiama Zooey e la prima cosa a venirmi in mente è un racconto di Salinger letto qualche anno fa.
“Ti ho visto al concerto. – dice senza mai smettere per un secondo di guardarmi. – Tutto solo soletto, in un angolo a bere birra. Non pensavo saresti venuto a questa festa.”
“Non sono solo. – rispondo io. – Sono insieme ad un mio amico e alla sua ragazza; anche se al momento – mi guardo un po’ intorno con aria sperduta. – non so di preciso dove siano.”
Iniziamo a parlare con una naturalezza che mi è del tutto nuova. Le parole mi scivolano dalla bocca e quasi non sembro io a dirle.
Sono ipnotizzato dalla sua voce, da ciò che dice; ma anche dalla sua intonazione, dalla cadenza con cui parla.

lunedì 17 marzo 2008

Comunicazione non verbale

La comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo non concernenti il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso.

La visione comune tende a considerare questo tipo di comunicazione come universalmente comprensibile, al punto da poter trascendere le barriere linguistiche. In effetti i meccanismi dai quali scaturisce la comunicazione non verbale sono assai simili in tutte le culture, ma ogni cultura tende a rielaborare in maniera differente i messaggi non verbali. Ciò vuol dire che forme di comunicazione non verbale perfettamente comprensibili per le persone appartenenti ad una determinata cultura, possono invece essere, per chi ha un altro retaggio culturale, assolutamente incomprensibili o addirittura avere un significato opposto a quello che si intendeva trasmettere.

Uno studio condotto nel 1956 da Albert Mehrabian ha mostrato che ciò che viene percepito in un messaggio vocale può essere così suddiviso:

  • Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%
  • Aspetto vocale (Volume, tono, ritmo) 38%
  • Aspetto verbale (parole) 7%

L’efficacia di un messaggio dipende quindi solamente in minima parte dal significato letterale di ciò che viene detto, e il modo in cui questo messaggio viene percepito è influenzato pesantemente dai fattori di comunicazione non verbale.

Le diverse forme di comunicazione non verbale

Nell'ambito delle scienze della comunicazione la comunicazione non verbale viene suddivisa in quattro componenti:

  • Sistema paralinguistico
  • Sistema cinesico
  • Prossemica
  • Aptica

Sistema paralinguistico

Detto anche Sistema vocale non verbale, indica l'insieme dei suoni emessi nella comunicazione verbale, indipendentemente dal significato delle parole.
Il sistema paralinguistico è caratterizzato da diversi aspetti:

Tono
Il tono viene influenzato da fattori fisiologici (età, costituzione fisica), e dal contesto: una persona di elevato livello sociale che si trova a parlare con una di livello sociale più basso tenderà ad avere un tono di voce più grave.

Frequenza
Anche in questo caso l'aspetto sociale ha una forte influenza: un sottoposto che si trova a parlare con un superiore tenderà ad avere una frequenza di voce più bassa rispetto al normale.

Ritmo
Il ritmo dato ad un discorso conferisce maggiore o minore autorevolezza alle parole pronunciate: parlare ad un ritmo lento, inserendo delle pause tra una frase e l'altra, dà un tono di solennità a ciò che si dice; al contrario parlare ad un ritmo elevato attribuisce poca importanza alle parole pronunciate.
Nell'analisi del ritmo nel sistema paralinguistico và considerata l'importanza delle pause, che vengono distinte in pause vuote e pause piene. Le pause vuote rappresentano il silenzio tra una frase e l'altra, quelle piene le tipiche interiezioni (come "mmm", "beh") prive di significato verbale, inserite tra una frase e l'altra.

Silenzio
Paradossalmente anche il silenzio rappresenta una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico, e le sue caratteristiche possono essere fortemente ambivalenti: il silenzio tra due innamorati ha ovviamente un significato molto diverso rispetto al silenzio tra due persone che si ignorano. ma anche in questo caso gli aspetti sociali e gerarchici hanno una parte fondamentale: un professore che parla alla classe o un ufficiale che si rivolge alle truppe parleranno nel generale silenzio, considerato una forma di rispetto per il ruolo ricoperto dalla persona che parla.

Sistema cinesico

Il sistema cinesico comprende tutti gli atti comunicativi espressi dai movimenti del corpo.
In primo luogo vanno considerati i movimenti oculari: il contatto visivo tra due persone ha una pluralità di significati, dal comunicare interesse al gesto di sfida. L'aspetto sociale ed il contesto influenzano anche questo aspetto: una persona, in una situazione di disagio, tenderà più facilmente del solito ad abbassare lo sguardo.

Altra componente del sistema cinesico è la mimica facciale. Riguardo questo aspetto và considerato che non tutto ciò che viene comunicato tramite le espressioni del volto è sotto il nostro controllo (ad esempio l'arrossire o l'impallidire). La gran parte delle espressioni facciali sono, ad ogni modo, assolutamente volontarie ed adattabili a nostro piacimento alle circostanze. Gli studiosi di comunicazione Paul Ekman e Wallace Friesen, della scuola di Palo Alto, hanno classificato quarantaquattro diverse "unità di azione" (ossia possibili movimenti) del viso umano, come strizzare gli occhi, aggrottare la fronte e così via.
La diversa interpretazione delle espressioni facciali nelle varie culture è uno dei campi di studio più considerati nella storia delle scienze della comunicazione. Vari test, tra i quali i più importanti sono sicuramente quelli condotti da James Russel, hanno dimostrato che alcune espressioni (quali quelle atte a mostrare ira, sofferenza, gioia, ecc.) hanno percentuali di riconoscimento molto alte, ma comunque non assolute: le maggiori differenze nell’interpretazione si riscontrano nel confronto tra gruppi di occidentali con alto livello di istruzione e non occidentali con basso livello di istruzione.
Altro elemento fondamentale del sistema cinesico sono i gesti, in primo luogo quelli compiuti con le mani. La gestualità manuale può essere una utile sottolineatura delle parole, e quindi rafforzarne il significato, ma anche fornire una chiave di lettura difforme dal significato del messaggio espresso verbalmente. Anche in questo senso và considerata la difformità interpretativa che le diverse culture danno ai vari gesti: ad esempio in Bulgaria lo scuotimento laterale del capo, che in quasi tutte le culture significa “No”, ha esattamente il significato opposto; in Inghilterra, il gesto della mano con indice e medio alzati col palmo della mano rivolto verso il corpo, che in altre parti del mondo potrebbe essere identificato col segno della vittoria, ha il significato di una grave offesa.
Altro elemento del sistema cinesico è la postura. Anche in questo caso gli elementi sociali e di contesto hanno grande importanza, talvolta identificando con precisione la posizione corretta da mantenere in una data circostanza (i militari sull’attenti di fronte ad un superiore), talvolta in maniera meno codificata ma comunque necessaria (una postura corretta e dignitosa di un alunno in classe di fronte al professore).

Prossemica

L’aspetto prossemico della comunicazione analizza i messaggi inviati con l’occupazione dello spazio.
Il modo nel quale le persone tendono a disporsi in una determinata situazione, apparentemente casuale, è in realtà codificato da regole ben precise. Ognuno di noi tende a suddividere lo spazio che ci circonda in quattro zone principali:

  • Zona intima (da 0 a 50 centimetri)
  • Zona personale (da 50 cm ad 1 metro)
  • Zona sociale (da 1 m a 3 o 4 m)
  • Zona pubblica (oltre i 4 m)

La zona intima è, come facilmente intuibile, quella con accesso più ristretto: di norma vengono accettati senza disagio al suo interno solo alcuni familiari stretti e il partner. Un ingresso di altre persone esterne a questo ristretto nucleo di “ammessi” all’interno della zona intima viene percepita come una invasione che provoca un disagio, variabile a seconda del soggetto. Come conferma di questo basti pensare alla situazione di imbarazzo che si prova quando siamo costretti ad ammettere nella nostra zona intima soggetti estranei, ad esempio in ascensore o sull’autobus; la conseguenza di questa situazione è un tentativo di mostrare l’involontarietà della nostra “invasione”, quindi si tende ad irrigidirsi e a non incrociare lo sguardo con le altre persone.
La zona personale è meno ristretta: vi sono ammessi familiari meno stretti, amici, colleghi. In questa zona si possono svolgere comunicazioni informali, il volume della voce può essere mantenuto basso e la distanza è comunque sufficientemente limitata da consentire di cogliere nel dettaglio espressioni e movimenti degli interlocutori.
La zona sociale è quell’area in cui svolgiamo tutte le attività che prevedono interazione con persone sconosciute o poco conosciute. A questa distanza (come detto da 1 a 3 o 4 metri) è possibile cogliere interamente o quasi la figura dell’interlocutore, cosa che ci permette di controllarlo per capire meglio le sue intenzioni. E’ anche la zona nella quale si svolgono gli incontri di tipo formale, ad esempio un incontro di affari.
La zona pubblica è quella delle occasioni ufficiali: un comizio, una conferenza, una lezione universitaria. In questo caso la distanza tra chi parla e chi ascolta è relativamente elevata e generalmente codificata. E’ caratterizzata da una forte asimmetria tra i partecipanti alla comunicazione: generalmente una sola persona parla, mentre tutte le altre ascoltano.

Aptica

L’aptica è costituita dai messaggi comunicativi espressi tramite contatto fisico. Anche in questo caso si passa da forme comunicative codificate (la stretta di mano, il bacio sulle guance come saluto ad amici e parenti), ad altre di natura più spontanea (un abbraccio, una pacca sulla spalla).
L’aptica è un campo nel quale le differenze culturali rivestono un ruolo cruciale: ad esempio la quantità di contatto fisico presente nei rapporti interpersonali fra le persone di cultura sud-europea verrebbe considerata come una violenta forma di invadenza dai popoli nord-europei.

venerdì 14 marzo 2008

Al voto! Al voto!


Tutti alle urne! Guai a chi non si presenta!
Dobbiamo fare di tutto per non farlo tornare!!
Ma come diavolo si fa?
Ad avere anche solo per fantascentifica masturbazione mentale un tipo così in politica?
Uno che ad una domanda di una ragazza, su come sia possibile per una giovane coppia pensare di metter su famiglia con la spada di damocle di un lavoro precario che grava da un centimetro dal collo, risponde:
"Non c'è problema.. basta sposarsi con un miliardario."






Sig!

Sogh!

Sblurp!!

Grrrrr

mercoledì 12 marzo 2008

lunedì 10 marzo 2008

La vera vita di Sebastian Knight

Questo ti farà soffrire, mio povero amore. Il nostro picnic è finito; la strada è buia, piena di buche, e sull’auto il bambino più piccolo comincia a sentirsi male. Un povero sciocco ti direbbe: devi essere coraggiosa. Ma qualunque cosa io possa dirti per farti animo o consolarti sarà come una minestrina insipida – tu sai quello che voglio dire. Tu l’hai sempre capito. La vita con te è stata incantevole – e quando dico “incantevole” intendo canti e voli e viole, e quella morbida, rosea “v” nel mezzo, e quelle sillabe sulle quali si curvava indugiando la tua lingua. La nostra vita insieme è stata allitterativa, e quando penso a tutte le piccole cose destinate a morire, ora che non le possiamo più condividere, sento come se fossimo morti anche noi. E forse lo siamo. Vedi, quanto più grande era la nostra felicità, tanto più sfumavano i suoi bordi, come se i contorni si sciogliessero, e ormai essa si è dissolta del tutto. non ho smesso di amarti; ma qualcosa è morto in me, e nella nebbia non riesco a vederti… Questa è tutta poesia. Io sto mentendo. Vigliacco. Niente è più vile di un poeta che mena il can per l’aia- credo tu abbia intuito come stanno le cose: la solita dannata formuletta, “un’altra donna”. Con lei sono disperatamente infelice – ecco, questo almeno è vero. e penso non ci sia molto altro da aggiungere su questo lato della vicenda.
Non posso fare a meno di pensare che nell’amore ci sia qualcosa di essenzialmente sbagliato. Tra amici si litiga o ci si perde di vista, e anche tra parenti stretti, ma non c’è questo spasimo, questo pathos, questa fatalità che sta attaccata all’amore. L’amicizia non h amai l’aspetto di una condanna. Perché, cosa succede? Non ho mai smesso di amarti, ma poiché non posso continuare a baciare il tuo caro, pallido volto, dobbiamo lasciarci, dobbiamo lasciarci. E perché? Perché l’amore è così misteriosamente esclusivo? Si possono avere mille amici, ma si deve amare una sola persona. Non è il caso di parlare degli harem: io sto parlando della danza, non della ginnastica. O si può forse immaginare un portentoso turco che ami ognuna delle sue quattrocento mogli come io amo te? Quando dico “due”, ho già cominciato a contare e non vi è più limite. Esiste solo un numero vero: Uno. E l’amore, a quanto pare, è l’esponente migliore di questa unicità.

Vladimir Nabokov

giovedì 6 marzo 2008

Dentro la testa

“Beh, si… magari è vero, ma… anche se fosse… cosa potrei farci?” Farfuglio, e quando farfuglio in questo modo è sempre perché cerco di guadagnare tempo. Ho bisogno di fare un po' d'ordine tra i miei pensieri, metterli in fila, o dargli un senso; perché un conto è sapere quello che si ha in testa, un altro è invece riuscirlo a dire a qualcuno e, ancor più difficile, farglielo capire. I pensieri di solito sono sempre piccole schegge che godono di vita propria. Difficilmente, almeno per quanto mi riguarda, sto anche un solo istante senza pensare, e a volte mi capita di passare di palo in frasca: pensare una cosa e poi, senza nessun preavviso o senza alcun nesso logico, pensare a cosa fare per cena, o durante la sera, o a fantasticare di come potrebbe essere la mia vita se per assurdo vivessi in un ambiente a gravità zero.
Sono strano, lo so, e proprio per questo mi rendo conto che se dovessi mettermi a dire a Eddie tutto quello che ho dentro, di getto, senza rifletterci molto, sono sicuro che lui non capirebbe assolutamente niente. La mia testa è un po’ come una scrivania su cui sono ammassate in perfetto disordine centinaia, migliaia, o miliardi, di pagine di libri diversi: ogni libro è presente per intero, ma magari tra una pagina e l’altra c’è un capitolo di un manuale di cucina, o un trattato sulla fame nel mondo, o la prima revisione di un romanzo russo dell’ottocento.

Altalena

Non importa quel che è, o ciò che la realtà con insistenza ti bisbiglia all'orecchio. Quello che interessa alla testa è il più delle volte ciò che essa pensa.
Può sembrare strano, ma è un gioco nel quale spesso ci si perde e non si riesce più ad uscirne. Diventa un circolo vizioso dove mille cani cercano di mordersi tutti e mille contemporaneamente la propria coda: è un vortice, nel quale non si riesce a capire o a distinguere più nulla.
Così, come in un labirinto, vai a sbattere in muri dei quali ignoravi completamente l'esistenza. Ti muovi sicuro fino a quando non sbatti il naso contro qualcosa di più duro della tua testa.
E' questo che causa quell'altalena di sensazioni, di umori, di stati alternati di felicità, tristezza, slancio, e voglia di restare immobili. Ti guardi dentro, durante uno di questi picchi alti, e ti vedi non alto, ne grande, ma tranquillo: come il mare piatto durante una bellissima giornata d'estate dove non c'è nessuna onda pericolosa. Poi ti guardi dentro, durante uno di questi picchi bassi, e ti vedi gretto, asfissiante, ripetitivo, prolisso; ti vedi grigio come la cenere; ti senti come il grigio che cerca con ottusa cocciutaggine di vestirsi da arlecchino: ne esce una figura triste, ma non di una tristezza affascinante, bensì una tristezza patetica, capace di suscitare compassione.

Sono le viscere le fondamenta dell'uomo. Sono le budella, le interiora, e gli accumuli di grasso, che ne costruiscono il corpo. E' ciò che di sporco si nasconde sotto di esse che lo rendono quel che è.
Ed in certi momenti l'importante non è la realtà, ne tantomeno ciò che la testa si ostina a vedere come realtà. L'importante è restare immobili, fissare il soffitto nel buio, e sopra ogni cosa: cercare di non deglutire.

mercoledì 5 marzo 2008

John Belushi


Belushi visse un'esistenza segnata dalla droga, che finì per costargli la vita all'apice della sua carriera. Fu trovato morto il 5 marzo 1982 in una stanza dell'albergo "Chateau Marmont", sul Sunset Boulevard a Los Angeles, California. La causa della morte fu un'iniezione letale di cocaina ed eroina (speedball). Belushi era dipendente dalla cocaina e non si era mai fatto di eroina. L'iniezione fatale gli venne fatta al termine di una notte di bagordi (di cui furono testimoni e partecipi Robin Williams, Jack Nicholson e Robert De Niro) dalla tossicodipendente, groupie e spacciatrice Cathy Smith che ha scontato 15 mesi di carcere e si è rifatta una vita in Canada.

John Belushi riposa oggi all'Abel's Hill Cemetery a Martha's Vineyard, Massachusetts.

martedì 4 marzo 2008

In Biblioteca

Guardo dalla vetrata che ho di fronte e vedo: al piano di sotto, nella stanza riservata ai più piccoli, una bambina dai capelli biondi, lunghi ben oltre la spalla, vestita con un maglione rosso ed un paio di jeans scuri, giocare con un suo coetaneo, o magari con suo fratello più piccolo. Saltano, corrono, ed aprano le braccia come se fossero dei cavatappi.
Due donne, molto probabilmente le madri, sono sedute ad un tavolo tondo poco distante. Parlano senza volgere minimamente lo sguardo a quelli che presumibilmente sono i loro figli.
Visti da quassù, guardando tutta la scena senza sentire niente, come un film muto, sembrano due scene separate, di due film completamente diversi.

lunedì 3 marzo 2008

Febbraio 2008


“La speranza è buona come prima colazione, ma è una pessima cena."

Francesco Bacone