venerdì 28 settembre 2007

Pulsar

Una pulsar, nome che stava originariamente per sorgente radio pulsante, è una stella di neutroni che ruota molto velocemente, la cui radiazione elettromagnetica in coni ristretti è osservata come impulsi emessi ad intervalli estremamente regolari.
Il modello di pulsar generalmente accettato, e raramente messo in discussione, spiega le osservazioni con un fascio di radiazioni che punta nella nostra direzione una volta per ogni rotazione della stella di neutroni. L'origine del fascio rotante è legato al disallineamento tra l'asse di rotazione e l'asse del campo magnetico della pulsar, analogamente a quanto si osserva sulla Terra. Il fascio è emesso dai poli magnetici della pulsar, che possono essere separati dai poli di rotazione di un angolo anche ampio. Questo angolo rende il comportamento dei fasci simile a quello di un faro. La sorgente di energia dei fasci è l'energia rotazionale della stella di neutroni, la quale rallenta lentamente la propria rotazione per alimentare i fasci. Le pulsar millisecondo sono state probabilmente accelerate dal momento angolare posseduto da materia esterna caduta su di esse, proveniente da una vicina stella compagna in un sistema binario mediante il meccanismo del trasferimento di massa. Anche le pulsar millisecondo, però, rallentano costantemente la propria rotazione.
L'osservazione di glitch è di interesse per lo studio dello stato della materia nelle stelle di neutroni. Un glitch è un improvviso aumento della velocità di rotazione (che viene osservato come un'improvvisa riduzione dell'intervallo tra gli impulsi). Per lungo tempo si è creduto che tali glitch derivassero da "stellamoti" dovuti ad aggiustamenti della crosta superficiale della stella di neutroni. Oggi esistono anche modelli alternativi, che spiegano i glitch come improvvisi fenomeni di superconduttività dell'interno della stella. La causa esatta dei glitch non è al momento conosciuta.
Nel 2003, le osservazioni della pulsar della Nebulosa del Granchio ha rivelato "sotto-impulsi", sovrapposti al segnale principale, con una durata di pochi nanosecondi. Si pensa che impulsi così stretti possano essere emessi da regioni della superficie della pulsar con un diametro massimo di 60 centimetri, rendendo queste regioni le più piccole strutture mai misurate all'esterno del Sistema Solare.
La scoperta delle pulsar ha confermato l'esistenza di stati della materia prima solo ipotizzati, appunto la stella di neutroni, e impossibili da riprodurre in laboratorio a causa delle alte energie necessarie, gravitazionali e non. Questo tipo di oggetto è l'unico in cui è possibile osservare il comportamento della materia a densità nucleari, anche se solo indirettamente. Inoltre, le pulsar millisecondo hanno consentito un nuovo test della relatività generale in condizioni di forti campi gravitazionali.

giovedì 27 settembre 2007

Volevo sposare Kurt Cobain (o fidanzarmi con Manuel Agnelli)

Nell'estate seguita a questa brutta esperienza mi ero fatta una solida cultura letteraria. Avevo letto molti libri.
E avevo capito che dalle storie che ti raccontano i libri ci entri e ci esci quando ti pare. Invece, in quelle che vivi davvero, ci esci e ci entri quando pare agli altri.
Così avevo preferito i libri.

Elisa Genghini

mercoledì 26 settembre 2007

Hard Sun

When I walk beside her
I am the better man
When I look to leave her
I always stagger back again
Once I built an ivory tower
So I could worship from above
And when I climbed down to be set free
She took me in again

There's a big
A big hard sun
Beaten on the big people
In the big hard world

When she comes to greet me
She is mercy at my feet
When I see her pin her charm
She just throws it back again
Once I sought an early grave
To find a better land
She just smiled and laughed at me
And took her blues back again

There's a big
A big hard sun
Beaten on the big people
In the big hard world

When I go to cross that river
She is comfort by my side
When I try to understand
She just opens up her eyes

There's a big
A big hard sun
Beaten on the big people
In the big hard world

Once I stood to lose her
When I saw what I had done
Bound down and flew away the hours
Of her garden and her sun
So I tried to warn her
I'll turn to see her weep
40 days and 40 nights
And it's still coming down on me

There's a big
A big hard sun
Beaten on the big people
In the big hard world

martedì 25 settembre 2007

Gnam

Da un po' di giorni, per un motivo o per un altro, mi capita di dover prendere l'auto di mio padre: una vecchia Clio primo modello, nera e con pochissimi accessori. Ogni volta che ci risalgo e mi metto al posto dell'autista mi accorgo sempre di più di quanto mio padre sia riuscito a "distruggere" una macchina che fino a qualche tempo fa aveve pure sempre una sua dignità, nonostante la non certa tenera età.
Il pomello del cambio è incollato in modo piuttosto artigianale, con la colla secca che ha lasciato i segni della colata sulla plastica nera; la frizione non è più quella di una volta e per cambiare marcia bisogna premere il pedale fino in fondo e si sente dura, poco rattiva; un grande abete penzola dallo specchietto retrovisore e innonda tutto l'interno di uno schifosissimo odore di Arbre Magique alla vaniglia; il tappetino sul lato sinistro è diverso da quello del lato destro, fatto ritagliando in modo sommario una stoffa plastificata di dubbia provenienza.
Le uniche cose che mi fanno tenerezza sono le audiocassette degli Afterhours e dei La Crus che ho lasciato un po' sparse ovunque nei vari scompartimenti; la vecchia autoradio con il display verde che ogni tanto salta e fa sentire la musica come se si stesse facendo suonare un 45 giri alla velocità di un 65; l'orologio che ancora segna l'ora legale, a causa della pigrizia o l'incapacità di mio padre; le casse posteriori che all'epoca avevo comprato da un mio amico e per le quali avevo fatto i salti mortali per riuscire ad installarle negli appositi alloggi al limite della bauliera.
Mi fa sempre uno strano effetto ogni volta che ci salgo e mi accorgo di questi particolari, sia quelli belli che quelli brutti; perché quella macchina ha rappresentato un sacco di cose per me. Quando presi la patente avevamo due auto in casa e quella era la più nuova, quindi era per me off limit: era il sogno di guidare finalmente un'auto con il servosterzo, le scuse che inventavo per convincere i miei genitori a darmela, le sere e le notti sulle strade del ritorno a casa con la musica a palla che mi avvolgeva e mi teneva sveglio.
Vederla ora così, nelle condizioni in cui si ritrova, vecchia e non più nuova come un tempo, adesso che un'altra Clio modello successivo ha preso il suo posto e l'ha fatta diventare la seconda auto di casa, mi fa capire non quanto tempo sia passato da quei giorni durante i quali la guardavo con occhi pieni di desiderio; ma mi fa capire, più semplicemente, che il tempo è passato. Se lei è cambiata, e me ne rendo conto a guardarla, pure io devo essere cambito, anche se non me ne rendo conto.
Quando giro la chiave, tenendo la frizione premuta, e metto in moto mi domando se mi riconosce, se sa che sono di nuovo io a prendere in mano il suo volante e a tirarla fuori dal garage per uscire la sera, come un tempo, come se non fosse passato neppure un giorno da allora.
Sorrido, e mentre sorrido mi volto indietro e faccio retromarcia.

lunedì 24 settembre 2007

Camere Separate

In questi giorni ho riletto Camere Separate, il più bel libro che mi sia mai passato per le mani, e che ad ogni persona che incontro consiglio, vivacemente, ogni volta di leggere.
Ho preso in mano, in modo quasi distratto, la mia copia Bompiani e mi sono messo a sfogliarla. Qualche ora dopo questo primo approccio mi è capitato di entrare in una libreria e di trovarlo nascosto tra gli scaffali, offuscato da altri volumi più o meno grandi: un'altra copertina, un'altro tipo di carta, ma le stesse parole, la stessa impaginazione. Mi sono messo anche lì a sfogliarlo, ho letto la prima pagina, e mi sono accorto con sorpresa di quanto fosse nuova quella copia che avevo in quel momento tra le mani. Rispetto a quella la mia aveva la costola ingiallita; la quarta di copertina non era più di un bianco acceso, ma di un bianco sporco; le pagine erano più finite, e in qualche punto c'erano i segni del mio lapis adolescenziale che sottolineavano i punti più forti, quelli che mi avevano colpito di più.
Tornato a casa ho abbandonato il libro che stavo leggendo al momento e mi sono di nuovo immerso nel mondo di Leo (e Thomas). Bellissimo. Di nuovo sono tornato ad amarlo, ad amare Leo, ad amare Thomas, ad amare una prosa scorrevole e mai banale. E di nuovo torno a consigliarlo, a chiunque.
Forse sarebbe meglio arrivare a Camere Separate partendo dall'inizio. Cominciando laddove anche Tondelli aveva iniziato, e pure io a suo tempo avevo iniziato. Partendo da Altri Libertini, per arrivare a Pao Pao, passando per il quasi tradimento di Rimini, ed infine arrivare a Camere Separate: il punto di arrivo e la fine della scrittura di Tondelli.
Ma anche preso singolarmente, da solo, conserva tutta la sua bellezza, e si lascia leggere con una gioia e una soffice tenerezza che pochi altri libri riescono a dare.

venerdì 21 settembre 2007

Musa

È una questione di qualità
La tua presenza
Rassicurante e ipnotica
Mi affascina
E gioca col mio senno
E ne lascia ben poche briciole

E io amo darlo a te
O amabile
Custode degli sguardi che
Ti dedico
Fra lo sragionamento e l’estasi
Degli amplessi magnifici

Perché tu sai come farmi uscire da me
Dalla gabbia dorata della mia lucidità
E non voglio sapere quando, come e perché
Questa meraviglia alla sua fine arriverà

Musa: ispirami
Musa: proteggimi
Ogni ora

Mi strega e mi rapisce
La tua giovane
Saggezza incomparabile
(che ossequio)
E l’eleganza di ogni tua
Intenzione è incantevole

E quando ti congiungi a me
Sai essere
Deliziosamente spinta
E indocile
Coltivando le tue bramosie
Sulle mie avidità

Tu sai come farmi uscire da me
Dalla gabbia dorata della mia lucidità
E non voglio sapere quando, come e perché
Questa meraviglia alla sua fine arriverà
E sai come prenderti il bello di me
Mettendo a riposto la mia irritabilità
E non serve sapere come riesci e perché
È una meraviglia e finche dura ne godremmo
Insieme

Musa: ispirami
Musa: proteggimi
Musa: conducimi
Musa: adorami
Musa: noi ne godremmo insieme

Voglio aver bisogno di te
Come di acqua confortevole
Vuoi aver bisogno di me?
Troverai terreno fertile

giovedì 20 settembre 2007

Pistoia, 20 Settembre 2006

Ho aspettato a scrivere di questo concerto... ho aspettato tanto quasi quanto ho aspettato loro.. ora che lo sto riascoltando quasi ogni giorno in cd posso finalmente dire qualcosa.. fissare qualche parola in un preciso momento, questo, in modo che tutto quello che ho provato quella sera non sparisca via... tutte le mille sensazioni che ho ancora dentro, che si muovevano le une contro le altre, come un vortice e ballano e stanno ancora dentro il cuore e la testa e ogni altro posto che trovano libero o che conquistano a suon di spallate e memorie di note... sono difficili da prendere e organizzarle, tutte queste sensazioni, deciderne un inizio e porne una fine... potrei iniziare dalla telefonata di mia madre, che con il suo solito tempismo riesce a chiamarmi proprio mentre eddie sale sul palco per omaggiarci con una intensa Throw Your Arms Around Me.. oppure quando eddie attacca il concerto.. un solo accordo... solo un accenno... ed io mi volto verso mio fratello qualche metro dietro di me e con un sorriso come solo un bambino che riceve il regalo di compleanno può avere, dico "Corduroy"... poi attaccano Interstellar Overdrive e mi sento quasi un cretino.. ma dopo riprendono... the waiting drove me mad.... oppure potrei partire dalla fine, dopo aver fatto la fila per spendere 50 € al banco delle magliette, aver bevuto una birra (il primo sorso di birra...), sentire mio fratello che mi dice "Cazzo, potevi andare a sarabanda! non iniziavano neppure a suonare e te sapevi già cosa avrebbero fatto!! non hai smesso un minuto di cantare". ma forse è meglio lanciare dei fugaci lampi, così come vengano, senza stare troppo a pensare... e allora mi viene in mente quando eddie ha innondato il pubblico con la luce riflessa sulla chitarra...
quando è salito sul'impalcatura su Keep On Rocking In The Free World... quando all'inizio di Even Flow tutti ci siamo prese a spingere per non venire schiacciati.. a quanto saltavamo e ballavamo tutti insieme... il primo pezzo di Betterman cantato dal pubblico... mi vengono in mente i sorrisi, di tutti quelli che avevo intorno e con cui mi sono goduto un concerto incredibile... ripenso a quel concerto e mi accorgo di quanto abbia segnato il tempo... non esiste più il 22 settembre 2006 o il 29 settembre 2006, c'è solo due giorni dopo il concerto dei Pearl Jam e nove giorni dopo il concerto dei Pearl Jam.. il venti settembre è diventato uno sparti acque... oggi mi accorgo di essere sempre felice... mi vengono i brividi lungo la schiena.. ho le lacrime agli occhi... in macchina, con lo stereo a palla e i Pearl Jam a suonare, vado a 80 in terza perchè mi dimentico di cambiare, e quando me lo ricordo in altri momenti scalo inspiegabilmente dalla quinta alla quarta, senza alcun motivo... devo ringraziare tutti... tutti... Eddie, Stone, Jeff, Mike, Matt, Boom... tutti quelli che hanno aiutato a montare il palco... ma anche tutto il pubblico di pistoia...
dove ero io ballavamo tutti e cantavamo tutti in coro... grazie a quelli che erano vicini a me e che per una serata mi hanno fatto sentire meno solo, in una città che fino al giorno prima era piena di ragazzetti/e che non facevano altro che ascoltare tiziano ferro, fibra, o grignani, o qualche altra schifezza del genere o pseudo rock/funky/disco... grazie a tutti coloro che mi hanno fatto sentire a casa.. in una piazza... grazie alla ragazza che ad un certo punto "aveva i polpacci come quelli di kikko evani".... grazie.... GRAZIE.. DI CUORE

20 Settembre 2006 Pearl Jam Piazza del Duomo Pistoia
Interstellar Overdrive, Corduroy, Rearviewmirror, Life Wasted, World Wide Suicide, Severed Hand, Unemployable, Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town, Dissident, 1/2 Full, I Got Id, Even Flow, Come Back, Not For You(Modern Girl), Breath, Given To Fly, Why Go, Comatose, Porch

Last Kiss, Hail Hail, State Of Love And Trust, Black, Crazy Mary, Alive

Last Exit, Do The Evolution, Wasted Reprise, Better Man, Spin The Black Circle, Rockin' In The Free World, Yellow Ledbetter

mercoledì 19 settembre 2007

Lucciole

Chi ha detto che ogni discorso deve partire lento? Perchè c'è bisogno, questo impellente bisogno, di una introduzione, di un crescendo. In fondo i pensieri non sono un po' come le lucciole? Che si illuminano e si spengono ad intermittenza, senza alcun preavviso. Per un secondo le vedi, poi scompaiono, e quando riesci di nuovo ad individuarle sono qualche metro più lontano di prima. E così sono i pensieri, no? Appaiono d'un tratto e se non cogli l'attimo li potresti perdere e rimpiangere per giorni interi.
Non si può aspettare di costruire una struttura, perchè spesso i pensieri sono figli di momenti e ispirazioni che durano un battito, sono fugaci. Per questo c'è sempre fretta. E qui, ora, non mi resta che dire quello che penso, prima che voli via, o si spenga per poi illuminarsi di nuovo qualche metro più lontano da me.

Autunno.
Caldo e con le foglie gialle sotto gli alberi.

martedì 18 settembre 2007

I'm Not There


Christian Bale, Cate Blanchett, Marcus Carl Franklin, Richard Gere, Heath Ledger, Ben Whishaw. Tutti ad interpretare Bob Dylan e tutti a non farsi chiamare come lui. Ognuno recita la parte di un personaggio diverso, nell'aspetto, nel comportamento, nel colore della pelle, ma sempre e comunque specchio di un lato del carattere del mitico menestrello.
Il film non è facile, sono il primo ad ammetterlo. Salta da un personaggio all'altro, da un anno all'altro, facendo sembrare tutta la storia come un grande ed enorme arrangiamento di eventi, senza niente in comune. Invece ogni singola immagine, parola, visione, è ispirata a, e da, Bob Dylan. Si va dalla riproposizione "live action" di alcune delle sue copertine, al Bob Dylan che con la faccia dipinta di bianco canta su un piccolo palco, passando per tutti gli anni che ci stanno nel mezzo.
Straordinaria Cate Blanchett che più di chiunque altro si avvicina nell'atteggiamento al grande cantante. E fantastico il personaggio di Richard Gere, il più dichiaratamente vicino a Dylan, quel Billy the Kid che ha il compito di guardarsi indietro e di giudicare, o evitare di giudicare, una vita passata a cambiare continuamente faccia.
Irritante invece il fatto che i vari cinema lo programmino ad orari improponibili: due soli spettacoli, uno alle 17.20 (!!??!?) e uno alle 20.00. Il risultato è sconfortante: allo spettacolo delle venti mi ritrovo in una posizione buonissima, perfettamente a metà sala, proprio al centro dello schermo. Peccato che fino a pochi secondi dall'inizio del film risulti pure l'unico... ed anche quando arrivano gli ultimi ritardatari basta una mano per contarci.

Il giudizio sarebbe da Cinema, ma tanto nessuno andrà mai a vederlo, purtroppo lo so. Almeno da rimediare in Dvd!


Giudizio: Cinema

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema

  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio

  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv

  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

I Simpson


In un certo senso si entra direttamente dentro il cartone animato: così come accadeva per l'uscita di "Grattachecca & Fichetto: Il Film", in una puntata della serie, la mania dei volti gialli è dilagata in tutti i cinema. A ragion veduta o solo come riflesso di una notorietà costruita negli anni televisivi? Personalmente
il film è godibile, davvero geniale, ma se qualcuno non fosse un fan del cartone, o non ne avesse mai visto un episodio, credo sarebbe difficile convincerlo ad andarlo a vedere. Un po' perchè alcune gag, o alcuni tipi di gag (il gioco di Bart dei nomi, che dal telefono qui passa al "vivo") non avrebbero quel gusto di simpatica routine, un po' perchè sicuramente si sentirebbe solo in mezzo a tutta quella gente in sala che si comporterebbe come se stesse vedendo la televisione un po' più in compagnia (fantastica l'idea di ricordare al pubblico di non essere a casa, ma in una sala cinematografica, e di evitare comportamente prettamente casalinghi).Ma per quelli che invece fan lo sono, questo film è una specie di sogno che diventa realtà: ricco di situazioni improponibili e tipicamente simpsionane.
Storia principalmente intrecciata su Homer, che nel tempo ha saputo caricarsi sulle spalle tutto il peso dello show, ricca di citazioni cinematografiche (stupenda quella dei Green Day per Titanic, ma anche Indipendence Day, e 28 Giorni Dopo, solo per dirne alcune) e di graffiante satira (il presidente che prende decisioni senza leggere i rapporti, l'immane apparato spia del governo americano che per la prima volta trova una persona che stava cercando).
Consigliato a tutti quelli che alle 14.30 da anni hanno un appuntamento fisso.


Giudizio: Cinema

  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema

  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio

  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv

  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

lunedì 17 settembre 2007

Tacito

Che tace, non dice parola; per estensione, che non fa rumore; silenzioso, privo di rumori: se ne stava tacito; passo tacito.

Che non è espresso in modo palese: una tacita preghiera; un tacito rimprovero; fra me e lui c'è un tacito accordo, sottinteso.

Tacitamente: senza parlare, segretamente: la madre lo incoraggiava tacitamente.

venerdì 14 settembre 2007

Pier Vittorio Tondelli

Se non se ne fosse andato troppo presto, oggi avrebbe compiuto 52 anni...

Buon compleanno

mercoledì 12 settembre 2007

Festa

C’era una festa, questo me lo ricordo bene. Una festa non molto intima, ma non per questo esageratamente grande. Una festa durante la quale si incontrano per lo più persone che si conoscono di già, ma anche una festa durante la quale, in minima parte e se sei molto fortunato, riesci a conoscere qualcuno che poi varrà la pena di chiamare amico.
C’era la birra, e non solo. Bottiglie vuote di aranciata e limonata che erano state riempite di vodka, whisky, limoncello, rum, e molto molto altro, appoggiate ad un tavolino come se fossero state quasi dimenticate lì.
C’era anche qualcosa da mangiare, non molto ma qualche pizzetta, dei panini palesemente preconfezionati due o tre ciotole di patatine e similari non si possono certo definire niente. Era proprio quello che ci voleva per non lasciare la bocca vuota tra una chiacchierata e l’altra, e non far borbottare lo stomaco talmente tanto da confonderlo con la voce di qualcuno. Poi, poco prima di mezzanotte venne portata in tavolo un pezzo enorme di porchetta che rappresentava la metà inferiore di un maiale ben cotto a legna. Successivamente, quasi per convenzione che non per fame vera e propria, si susseguirono tre torte una dietro l’altra: una alla frutta, una al cioccolato e una al latte e biscotti: tutte rettangolari e grandi come quadri da parete.
Poi c’ero io, un po’ in disparte e molto estraneo a tutto. Trascinato lì anche un po’ contro voglia, in un posto dove a dire la verità conoscevo due o tre persone al massimo, escluse quelle che mi ci avevano portato. Mi limitavo a guardare quel piccolo mondo che mi passava davanti, sorseggiando una bottiglia di birra più per darmi un tono che per altro. Mi divertivo a scommettere chi sarebbe stato il prossimo ad essere accompagnato in bagno mentre si teneva lo stomaco e tentava di non vomitare davanti a tutti. Fino a che, tutto ad un tratto, finii la birra, e non sapendo dove trovarne un’altra mi misi a cercarla un po’ ovunque. Fu così che nel giro di pochi minuti quella serata cambiò radicalmente, e quel piccolo mondo che avevo davanti cominciò stranamente a parlarmi come non aveva mai fatto prima.

martedì 11 settembre 2007

Il Circuito Affascinante

L'aria è rarefatta, non produce odore
Non mi cambia più l'umore
Nel circuito affascinante mi rallegri l'anima
Luce intermittente
E non riesco a perdonarti veramente
Io cerco ma non riesco a perdonarti veramente
Mentre moltiplichi ragioni di fango
Vedo quel che vedo

Evito... evito i tuoi movimenti
Immagino nell'amore che da me pretendi
Toccami e baciami fino alle viscere
Immagino... Fantastico che immagino

I colori cambiano, quasi per proteggere
Pomeriggi inutili
Fammi affogare nel tuo verde mare
Con certezze sterili
E non riesco a perdonarti veramente
Io cerco ma non riesco a perdonarti veramente
Mentre moltiplichi acide lacrime
Vedo quel che vedo

Evito... evito i tuoi movimenti
Immagino nell'amore che da me pretendi
Toccami e baciami fino alle viscere
Immagino... Fantastico che immagino

lunedì 10 settembre 2007

Verdi Colline

A volte mi fermo a ricordare quanto accogliente fosse il tuo abbraccio.
Mi accorgo che tutti i sogni fatti e il tempo speso sembrano essersi fermati a quando ancora non sapevo niente e nulla; quando ancora guardavo quelle verdi colline con occhi puliti e inutilmente reali.
Ci raccontavamo storie che non avevano senso. Ci sedevamo uno di fronte all'altra, e parlavamo di navi spaziali che viaggiavano dentro buchi neri; principesse che aspettavano il proprio principe azzurro in un regno lussureggiante. O ancora: cavalli alati che ci permettevano di guardare valli infinite, da un cielo terso e privo di nuvole grigie; avventure con draghi sputafuoco, orsi parlanti e folletti alti appena due pollici. Sogni che facevamo ad occhi aperti, guardandoci.

domenica 9 settembre 2007

Blandizie

Carezze (Dimostrazioni d'affetto o di benevolenza fatte con atti o parole e specialmente lisciando con la mano. Per similitudine, il lambire, lo sfiorare.)

Lusinghe (Inganni compiuti con parole o atti di falsa lode o di falsa promessa. False speranze, illusioni.)

Moine (Affettuosità; vezzi infantili o leziosi fatti specialmente con l'intento di ottenere qualcosa oppure di farsi perdonare.)

venerdì 7 settembre 2007

Tutto ad un tratto una notte a Vienna

Una notte normale, tranquilla come molte altre notti d’inverno. Il freddo pungente di un dicembre grigio e arrabbiato non incoraggiava quasi nessuno a scendere in strada dopo le undici di sera. Non si sentivano i passi di qualcuno che camminava, ne tanto meno le parole di una conversazione che si allontanava lungo il marciapiede. Solo alcune auto passavano veloci di tanto in tanto a rompere la monotonia, e il silenzio che tutto attorno ad essa si creava. Il suono della campana della chiesa scandiva il tempo con regolare timidezza, giusto per pochi istanti, come se anche quello avesse timore di sciupare una quiete quasi innaturale.
Vienna si preparava a festeggiare il Natale in modo intimo e privato, senza troppi clamori celebrativi, o feste piene di musica assordante e stravaganze varie. Per cose del genere ci sarebbe stato poco tempo dopo il capodanno, con tutti i suoi botti, le sue grida di felicità e pazzie di ogni genere. Ma per Natale la città si vestiva semplicemente del suo abito più classico, fatto di viali illuminati e vetrine lussuose.
Marco quella sera aveva noleggiato un film, come faceva ogni mercoledì, e dopo cena si era sdraiato sul divano a guardarlo, sapendo già che prima della fine si sarebbe addormentato senza riuscire a vederlo tutto. Era classico: ogni settimana succedeva sempre la stessa cosa. Ormai vi si era abituato e sotto certi aspetti gli piaceva pure. In fondo in fondo Marco era sempre stato un piccolo abitudinario, altrimenti non si sarebbe spigato per quale motivo non si sedeva per bene e cercava di guardare il film con un minimo di attenzione, anziché appoggiare la testa sul bracciolo del divano e rilassarsi nel modo più completo possibile.
Quando si risvegliò lo schermo della televisione era completamente nero. Il lettore dvd si era spento automaticamente dopo dieci minuti dalla fine della proiezione e in tutta la casa regnava un silenzio che proprio non spiegava in che modo Marco fosse riuscito a svegliarsi. Di solito era sempre un rumore che lo destava, magari un vicino che rientrava sbattendo la porta dell’appartamento accanto al suo, oppure l’antifurto di una macchina parcheggiata qualche isolato più lontano che partiva senza un motivo ben preciso; ma quella sera fece tutto da solo, quasi nella sua testa fosse suonata una sveglia che aveva programmato di suonare precisamente in quel momento.
Senza alzarsi afferrò il telecomando che aveva appoggiato sul pavimento, prese la mira con precisione e spense la tv. Solo allora si mise a sedere e massaggiandosi il collo con una mano si chiese per quale motivo non si fosse ancora deciso a compare un divano letto.
Da quando si era trasferito in quell’appartamento tutte le sere, quando prima e quando dopo, si addormentava sdraiato su quel divano, che nonostante tutti suoi pregi non era certo il massimo della comodità. Tutte le volte si svegliava con un leggero dolore al collo, una fitta che era poco più di un fastidiosa puntura, ma che ogni tanto si trasformava in un terribile torcicollo che si portava dietro per un paio di giorni. Per questo ad intervalli regolari si trastullava con l’idea di comprarsi un bel divano letto, dove magari avrebbe anche potuto dormire tutta la notte senza doversi per forza alzare ed andare in camera, verso un letto vero.
Anche quella volta, come tutte le volte, si rispose che un divano letto in quel salotto non sarebbe entrato neppure smontato, a meno che non avesse deciso di abbattere la penisola che separava la cucina dal soggiorno, ma così facendo la sua casa si sarebbe ritrovata con due zone notte, un bagno e niente più.

giovedì 6 settembre 2007

Agosto 2007

"Sai quando arrivi a quel punto della tua vita in cui ti rendi conto che la casa in cui sei cresciuto non è più casa tua. Improvvisamente anche se hai un posto dove mettere le tue cose, l'idea di casa non esiste più.Vedrai, un giorno quando te ne andrai, di colpo non ci sarà più. E non potrai tornare indietro. Come avere nostalgia di un posto che neanche esiste.Probabilmente è un momento di crescita, e non proverai più quella sensazione finché non ti crrerai una nuova idea di casa per te, i tuoi figli, per la tua nuova famiglia. Una specie di ciclo.Non so, è il concetto che mi manca.Forse una famiglia è proprio questo: un gruppo di persone che hanno nostaligia di un luogo immaginario."

Zach Braff

mercoledì 5 settembre 2007

The Black Parade

My Chemical Romance

Album godibile, che si lascia ascoltare, ma che per qualche strana e inspiegabile ragione non mi convince del tutto. Sarà il suono che pare essere a metà strada tra il college rock ed un rock più adulto; sarà che le canzoni cercano di essere sempre e comunque orecchiabili, dure (alcune traccie iniziano in modo più soft e non sarebbe stato male se finissere pure in quel modo), e alla moda; sarà che ascolto questo disco e poi ripenso ad altri degli anni '90 e mi accorgo di quanto sia scadente il panorama rock rispetto a quello dell'ultimo decennio del '900. Fatto sta che "The Black Parade" è un buon disco, ma da mettere come sottofondo a qualcosa, magari ad una bella conversazione o ad una festa; ma non è un disco da farti prendere del tempo, sederti su una poltrona comoda, metterti le cuffie ed immergersi in esso completamente.


01 The End [1:52]
02 Dead! [3:15]
03 This Is How I Disappear [3:59]
04 The Sharpest Lives [3:20]
05 Welcome to the Black Parade [5:11]
06 I Don't Love You [3:58]
07 House of Wolves [3:04]
08 Cancer [2:22]
09 Mama [4:39]
10 Sleep [4:43]
11 Teenagers [2:41]
12 Disenchanted [4:55]
13 Famous Last Words [4:59]

martedì 4 settembre 2007

Natalie cammina nel mio cervello

Il pomeriggio in ufficio è lungo e lento. Si trascina come un rettile al sole, steso su una roccia calda. Non sembra aver punta voglia di passare. Qualsiasi cosa mi metta in testa di fare, Natalie mi cammina nel cervello come un’ombra.
L’immagine di lei appoggiata alla macchina l’ho inchiodata in testa, impressa negli occhi, e il contorno della sua figura si appoggia su qualsiasi cosa guardi. Il suo volto si disegna sullo schermo del pc che uso per registrare l’ennesima fattura; così come si delinea sulla parete bianca che sta di fronte alla mia scrivania.
Nulla sembra distrarmi, e la maggior parte del tempo la passo a camminare lungo il corridoio che dal mio ufficio porta alla macchinetta del caffè. Poi in realtà di caffè ne prendo solo due: uno poco dopo essere rientrato in ufficio e uno verso le quattro, ma questo non importa molto. Le altre volte vado verso la macchinetta solo per perdere tempo. Per camminare. Al massimo per bere un po’ d’acqua: prendere un bicchiere di plastica, riempirlo neppure per metà, bere, e poi buttarlo nel cestino.