venerdì 25 luglio 2008

This Is Not A Test

For those of you who tried, but didn't make it,
Settle down- it's never what you think.
The summit doesn't differ from the deep, dark valley,
And the valley doesn't differ from the kitchen sink.

For those of you who thought you'd be forgotten,
The friends you've made will try their best, to make it so.
Think of all the beauty that you left behind you.
You can take it if you want it, and then let it go.

And this is not a test,
No, this is not a test.
Taking numbers never made sense, anyways.
No, this is not a test,
No, this is not a test.
'Cause you can have it, if you want it, anyways.

For those of us who try to keep remembering,
Try to do our better than our best.
Think of all the children in the drifts of snow.
Winners never quit, but winters never rest.

And this is not a test,
No, this is not a test.
Taking numbers never made sense, anyways.
No, this is not a test,
No, this is not a test.
'Cause you can have it, if you want it, anyways.

And this is not a test,
No, this is not a test.
Taking numbers never made sense, anyways.
No, this is not a test,
No, this is not a test.
'Cause you can have it, if you want it, anyways.

giovedì 24 luglio 2008

Requiem ad un personaggio

Dite addio al personaggio del Joker.
Perchè dopo questo:e questo:solo un pazzo potebbe anche solo pensare di interpretarlo di nuovo e credere di uscirne vivo al confronto.

Ps. Purtroppo una grande, immensa interpretazione di Ledger, che aumenta il rammarico per la sua scomparsa.

mercoledì 23 luglio 2008

Stelle fra i capelli

E le bambine che portano i fermagli a forma di stella tra i capelli... solo per apparire più belle, per avere più anni di quelli che hanno... e giocare a fare le Lolita, anche se ancora non sanno cosa significa...
Si affacciano dai finestrini delle auto in viaggio... baciano l'aria, baciano il vento

martedì 22 luglio 2008

Creature Ostinate


Per lui il dolore non era più un mistero, e quando un uomo ha dimestichezza col dolore vuol dire che ha raggiunto un novo tipo di libertà.

Volenti o nolenti, una persona, una volta conosciuta, non può ridiventare una sconosciuta.

È a questi spazi vuoti che bisogna stare attenti, perché si riempiono di sentimento prima ancora che uno si renda conto di cos’è successo.

Forse, in certo senso, se una persona piange addosso a noi diventa nostra, almeno un pezzo, per sempre.

Perciò lo invitò nella sua casa nuova in mezzo alle curve buie delle colline di Hollywood.

Io la amo, la mia ragazza, per tutte le differenze e le somiglianze che ci sono fra noi, ma non so se un giorno l’elemento che ai suoi occhi mi definisce per quello che sono smetterà di farlo.

Aimee Bender

lunedì 21 luglio 2008

Sinistra o destra?

Lo ammetto: non avevo mai pensato a quante cose bisogna tener conto per tirare su una casa. Certo, sapevo di dover comprare una cucina, di dover decidere le mattonelle, e poi il bagno, e la camera da letto; ma essenzialmente una casa nuova per me rappresentava un luogo mio, già fatto, già pronto, dove poter stare per conto mio, senza mia mamma che entra in stanza ogni cinque minuti per raccontarmi un fatto accadutole in giornata, e partendo sempre e comunque dalla sera in cui lei e mio padre si sono conosciuti. Oppure un posto dove le cose potessero stare al loro posto: le lamette da barba in bagno, e non in camera per paura che mio padre usasse le mie; la carta igienica, può sembrare strano, in bagno, e non come ora per imperscrutabili ragioni in soffitta, ad una rampa di scale dal cesso, dove fino a prova contraria si dovrebbe usare.
Ma ora che vivo tra la polvere escono fuori cose del tutto inaspettate. Mi trovo a dover giudicare, utilizzando solo la fantasia, se ci sarà abbastanza luce in cucina. In bagno, dove lo spazio è ottimizzato al millimetro e che mi impedirà di ingrassare di un solo chilo per il resto della mia vita se voglio continuare ad entrarci, spunta fuori il quesito su dove tenere gli accappatoi. E poi, il vero dilemma che in questi ultimi giorni mi sta bloccando: come far aprire il portone? Verso destra, aprendosi sulla cucina e nascondendo un po’ il salotto; o verso sinistra, indirizzando chi entra un po’ più verso la sala e un po’ meno verso la cucina?
Queste si che sono belle domande.

venerdì 18 luglio 2008

Free things for poor people

Free things for poor people, is what it said,
written on a t-shirt around her neck.
Take me to the water and watch me by the edge,
reflecting all the fireworks in my head.

Free things for poor people, that’s what she said,
all the gold you’re wearing, won’t save you in the end.
Take me to the water and watch me by the edge,
reflecting all the fireworks in my head.

I make my way, up and down through the days,
she knocks me out, my river runs through her now.
My river runs,
my river runs through her now.

Free things for poor people, that’s what it said,
written on a t-shirt around her neck.
Take me to the water and watch me by the edge,
reflecting all the fireworks in my head.

Free things for poor people, that’s what she said,
all the gold you’re wearing, won’t save you in the end.
Now take me by the water and watch me by the edge,
reflecting all the fireworks in my head.

I make my way, up and down through the days,
she knocks me out, my river runs through her now.
My river runs,
my river runs, through her now.

Free things for poor people, that’s what it said,
written on a t-shirt around her neck.
Take me to the water and watch me by the edge,
reflecting all the fireworks in my head.

I make my way, up and down through the days,
she knocks me out, my river runs through her now.
My river runs,
my river runs, through her now.

My river runs.

giovedì 17 luglio 2008

Astronauti

Più tardi lui avrebbe definito la lora relazione, se così la poteva chiamare, come un'assenza di gravità: non avevano i piedi ancorati a terra, ma allo stesso tempo non volavano neppure. Galleggiavano nell'aria, come astronauti alle prime armi, senza peso e, almeno per quanto riguardava lui, senza pensieri.

mercoledì 16 luglio 2008

Riprendimi


Mi ero detto di andarlo a vedere al cinema, ma poi tra una cosa e un'altra, e la distribuzione certo non capillare, me lo sono perso. L'ho recuperato in questi giorni in dvd, guardandomelo tranquillo e beato a casa e devo ammettere di essermelo gustato proprio bene, come si beve un buon vino.
Film davvero bello, magari non perfetto ma capace di rapirti. E una stupenda e brava Alba Rohrwacher.
Da vedere!

Giudizio: Cinema
  • Cinema ==> Da vedere assolutamente, correre al cinema
  • Dvd ==> Da vedere, ma si può aspettare il noleggio
  • Tv ==> Niente di esaltante, se proprio si deve vedere aspettare il passaggio in tv
  • Passeggiata ==> Perdibilissimo. Andate pure a fare una passeggiata.. anche sotto la pioggia

martedì 15 luglio 2008

Chesil Beach


Era vero, ovviamente, e contro la verità non c’è nulla da fare.

La contraddizione venne ora risolta grazie all’atto di nominare il fenomeno, grazie al potere che ha la parola di rendere l’inosservato visibile.

Certe volte è imbarazzante scoprire che il corpo non vuole, o non sa mentire a proposito delle emozioni. Chi è mai riuscito, per ragioni di decoro, a rallentare un cuore che batte forte, o a ricacciare indietro un rossore?

Non aveva mai saputo di poter cambiare umore e stato d’animo così intensamente e così all’improvviso.

“Lo sai che ti amo. Tanto, tantissimo. E io so che tu mi ami. Non ne ho mai dubitato. Mi piace stare con te, e voglio passare il resto della vita al tuo fianco, e tu dice sempre che per te è lo stesso. Dovrebbe essere così facile!”

Ian McEwan

lunedì 14 luglio 2008

Blues '08

E' incredibile come una città come Pistoia si possa riempire per tre giorni, e poi magicamente svuotarsi come se niente fosse.
Ti ritrovi così a fare un giro la sera dell'otto luglio, quando non c'è assolutamente niente di particolare, e le strade sono deserte e aride. Passano due giorni e ti ritrovi per le stesse strade, sempre di sera, solo con i negozi aperti. Allora la gente esce un po' di più. Almeno vedi persone, incontri facce e ti pare di essere in una città vera, non uno di quei villaggi fantasma che si vedono nei vecchi western in bianco e nero.
Poi un'esplosione: tre giorni, i tre giorni del Blues, e tutti sembrano essersi dati appuntamento in centro. Ci vai la sera e quasi non riesci a camminare, ma ti lasci trascinare dalla folla. Riesci a intravedere ragazzi/e che non vedevi da una vita, gente che l'ultima volta che ci hai parlato ti hanno detto con aria schifata: Pistoia? Che noia.
Ovvio, le bancarelle del blues, forse più della musica, attirano molto più di qualsiasi cosa potrebbe offrire un "borgo" come può essere Pistoia; ma oggi il Blues non c'è più, ma nonostante questo credo Pistoia non scomparirà dentro un buco nero, per farsi poi rivedere fra un anno.

martedì 8 luglio 2008

Un'estate al mare


"Luca! Ciao!"
Dice proprio così: Luca! Ciao! Abbasso definitivamente il giornale ormai inutile.
“Katja?” faccio io.
“Katja?” fa Benedetta.
“Katja!” sorride lei. “Sapevo che ci saremmo rivisti!”
“Perché, vi eravate già visti?” interviene Benedetta.
“Si”, le dico io. “Nell’estate del ’79.”
“Beh, quella è stata la prima volta”, sorride Katja. “Ma non l’unica. L’ultima invece è stata l’altroieri.”
Si sporge, mi bacia sulle guance. Ricambio imbarazzato.
“L’altroieri?” mi fa Benedetta.
“Si”, le dico io. “In farmacia. Cioè no, tu eri in farmacia e io ero da Gerardi, dove ho incontrato Katja. Tra l’altro: Benedetta, questa è Katja. Katja, questa è Benedetta.” Si stringono la mano. “Benedetta è mia moglie, Katja. Ci siamo sposati a Roma due settimane fa.”
“Già, siete qua in viaggio di nozze.”
“Più o meno”, dico io. “Cioè, si.”
“Come si dice in Italia in questi casi? Condoglianze?”
“No, congratulazioni.”
“Ah, è vero, che stupida! Congratulazioni!”
“Grazie.”
“E Katja? Chi è Katja?” interviene Benedetta, con un tono di voce un filo risentito. Credo per via di quel condoglianze, che non si è capito se p venuto fuori per sbaglio oppure no.
“Katja è…” Esito. Mi riprendo. “Un’amica d’infanzia. Tedesca. Di monaco, se non ricordo male. Vero, Katja?”
“Di Feldafing, a quaranta minuti di S-Bahn da Monaco.”
“Interessantissimo”, fa Benedetta. “E com’è che siete diventati così amici?”
“Oh, non eravamo amici”, sorride Katja. “O almeno, a me non sembrava di ricordare proprio così. Tu che dici, Luca? Eravamo amici, secondo te? Si può dire esattamente così?”
“Beh, no”, mi stringo nelle spalle io. “Veri amici no. In fin dei conti i veri amici sono un’altra cosa.”
“Luca e io ci siamo conosciuti perché ero in vacanza con i miei genitori Qui a Marsala, e affittavamo una villa al mare di proprietà di un ufficiale…”
“La casa del colonnello Rallo”, intervengo io. “Quella che si era fatta costruire al Delfino, per la pensione.”
“Esatto. Ed è successo… come si dice, Luca?”
“Come si dice che?”
“È successo… un colpo di fulmine, no?”
“Un colpo di fulmine?” sbotta Benedetta.
“Si, vabbè, più o meno”, arrossisco io, e non capisco perché: magari per via delle rughe che segnano il viso di Katja, in particolare gli occhi. “Avevo appena quattordici anni.”
“E io diciassette”, dice Katja.
“Ah, però”, fa Benedetta. “Lei ne aveva diciassette.”
“Già”, sorride Katja. “Come ora Andrea, mia figlia.”
La fanciulla in topless dell’altro giorno a San Teodoro, penso.
“Eccola là”, continua lei, e ci indica il nugolo di kyte e windsurf nel blu del mare di fronte alla spiaggia. “È una ragazza molto sportiva. Ha preso dal padre, evidentemente.”
“Allora possa stare tranquilla”, le fa Benedetta. “Non è di sicuro figlia di Luca.”
“Ma figurati!” abbozzo una risata. “Katja e io non ci vediamo da una vita.”
“Vent’anni”, precisa Katja.
Segue un momento di silenzio. Porto una mano alla nuca. Ho la sensazione di aver perso qualche centimetro quadrato di capelli solo nel corso degli ultimi minuti. Mi schiarisco la gola ma non dico niente. Lo so: Benedetta sta facendo i conti.
“Vent’anni?” esclama a un tratto. “Ma se vi siete conosciuti nell’estate del ’79, ventisette anni fa, vuol dire che vi siete rivisti.”
“Un paio di volte”, mormoro.
“Oh, molto paio do un paio di volte”, ride Katja. “Ma eravamo ragazzi. Almeno: tu lo eri, Luca. Vivevi ancora con tua madre. E non ne volevi sapere di andartene di casa.”
Segue un altro momento di silenzio. Sotto il chiringuito passa un bambino grassissimo, con in mano un panino gigantesco. Sto per dire qualcosa, qualsiasi cosa. Magari un commento sull’obesità infantile, ormai dilagante. Ma Benedetta mi precede.
“Quante novità”, sibila. “Del resto Luca non parla volentieri del suo passato. Ma come fa a conoscere così bene la nostra lingua, signora?”
Non posso fare a meno di notare una certa enfasi sulla parola signora.
“Oh, non la conosco tanto bene. Prima ho perfino confuso le condoglianze con le congratulazioni. Ma come tutti i tedeschi adoro l’Italia, ci vengo in vacanza da più di trent’anni. E poi a Monaco insegno Storia dell’arte, e all’epoca dell’università ho anche studiato l’italiano.”
“Ma che brava. Io invece in Germania non si sono mai stata, al contrario di Luca.” Si volta verso di me. “E che posto è, questa Festafing?”
“Feldafing”, la correggo. “Bella. Molto verde. Molte mucche. Molti alberi. Se non sbaglio lì vicino c’è anche un lago.”
“Lo Starnberger See, certo”, dice Katja. “Dove mi portavi in barca alla Rosen Insel, l’Isola delle Rose. Ricordi?”
A un tratto fa molto più caldo di prima, e sento lo gocce di sudore che mi scendono sulla fronte.
“Beh, felicissima di averla conosciuta”, dice Benedetta a denti stretti, rivolgendosi a Katja. “Io vado a farmi una nuotata.”
Dopodiché, se ne va.

“Un momento”, le dico. “Un momento.”
Lei alza i suoi occhi azzurri e li punta con aria interrogativa nei miei, senza levarsi di bocca l’uccello. È piena di lentiggini. Ha solo diciassette anni.
“Senti, Andrea, non so come… emh, non so come affrontare la cosa, ma…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, prende a fare su e giù con la bocca, massaggiandomi le palle. Ha solo diciassette anni.
“… ma devo chiederti…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, lo ingoia praticamente fino alla base. Ha solo diciassette anni.
“… se per caso…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, mi infila piano un dito nell’ano. Ha solo diciassette anni.
“… hai fatto di recente…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, prende a muovere delicatamente il dito. Ha solo diciassette anni.
“… l’esame, cioè il test…”
Lei, sempre fissandomi negli occhi, ricomincia a fare su e già con al bocca continuando a muovere delicatamente il dito. Ma siamo sicuri che ha solo diciassette anni?

venerdì 4 luglio 2008

Se io indossassi il tempo

Cambierebbe qualcosa? Avere un bell'abito fatto di minuti, con un tessuto in cui si intrecciano i secondi. Guardando in basso, vedendo l'orlo dei pantaloni che si tiene su con delle ore, magari potrei tornare indietro, nel passato. E magari alzando di poco gli occhi verso il cielo potrei vedere un cappello, e in quel cappello vedere il futuro.
Ma anche se fosse così, se davvero riuscissi a trovare un sarto talmente bravo da cucirmi addosso un abito del genere, sarei davvero sicuro che cambierebbe qualcosa? Nel senso: i fatti che vedrei sarei capace di cambiarli? E in più: li cambierei?

giovedì 3 luglio 2008

Senza Dir Niente

Francesca ci guarda senza dire niente. Io la guardo, e forse qualcosa dico, anche se non me ne rendo conto. Enrico si volta subito verso di me, mentre Alessio continua a parlare come se niente fosse. Io non bado a nessuno dei due. Rimango come un ebete a fissarla, ed ogni secondo che passa mi rendo conto di metterla sempre più in imbarazzo.
Lei per un attimo abbassa velocemente lo sguardo, poi guarda di nuovo verso di noi. Neppure questa volta dice niente. Io invece evito di dire qualcosa.
Abbasso lo sguardo: ora tocca a me, come in una specie di ballo.
Poi lei volta le spalle e se ne va, ed io, anche qui, non dico niente.

mercoledì 2 luglio 2008

Tutto per una ragazza




E non bisogna essere Sherlock Holmes o non so chi per capire che Alicia era una ragazza che per me contava qualcosa.

Stava guadagnando troppi punti. Ancora un po’ e mi ci voleva la calcolatrice per fare la somma.

“Sta a sentire. Tu sei stupenda. Ma il problema è che lo sai e credi per questo di poter trattare gli altri da cani. Beh, mi dispiace, ma io non sono disperato fino a questo punto.”
E la mollai lì. Fu uno dei miei momenti migliori: le parole erano uscite bene, credevo in quelle parole e ne ero soddisfatto. E non avevo neanche cercato l’effetto. Lei mi aveva veramente, letteralmente stufato. Per circa venti secondi. Dopo venti secondi mi calmai e cercai il modo di riprendere la conversazione. E sperai che la conversazione si trasformasse in qualcos’altro – un bacio e poi il matrimonio, dopo esserci frequentati per un paio di settimane.

Perché le ragazze sono fatte così. A volte capisci che hai delle buone possibilità dal fatto che lei vuole litigare con te. Se i mondo non fosse incasinato com’è, non sarebbe così. Se il mondo fosse normale, il fatto che una ragazza ti tratti bene sarebbe buon segno, ma nel mondo reale le cose non vanno così.

L’ex di Alicia non andava a letto con lei perché aveva sempre in tasca un preservativo; io non sarei andato a letto con lei perché non ce l’avevo. Comunque, almeno voleva venire a letto con me. Quindi, tutto sommato ero contento di essere me. E meno male, aggiungo.

Bisogna viverla, la propria vita; non basta entrare e uscire. Se no non capisci mai le situazioni.

Il fatto è che si arriva a un punto in cui i fatti non contano più e, pur sapendo tutto, non si sa niente, perché non si conoscono le emozioni. È questo il problema delle storie, no? I fatti possiamo anche raccontarli in dieci secondi, volendo, ma i fatti non sono niente.

Gli altri – a scuola e all’università, professori e genitori – vogliono sapere che progetti hai, che cosa vuoi, e non puoi dirgli che vuoi una sola cosa: che tutto vada bene. Mica c’è un diploma, per questo.

Poco dopo Alicia si svegliò e le contrazione ripresero, stavolta sul serio. Bisogna contare un sacco, quando si partorisce. Prima conti il tempo che passa fra una contrazione e l’altra, poi conti i centimetri. La cervice si dilata, cioè il buco si ingrandisce, l’infermiera ti dice di quanto e quando arriva a dieci centimetri si parte. Non so ancora bene che cos’è la cervice. Non mi pare che nella vita normale venga fuori spesso.
Comunque, Alicia arrivò a dieci centimetri senza problemi, poi smise di ragliare come un asino e cominciò a ruggire come un leone quando gli vacano un occhio. E non è solo che sembrasse imbestialita. Era davvero imbestialita.

Non bisognerebbe mai estrapolare delle parole da una conversazione gradevole per ficcarle in mezzo a una conversazione sgradevole. Alla fine, invece di un bel ricordo e un brutto ricordo, ti ritrovi con due ricordi di merda.

L’età non è un concetto ben definito. Puoi raccontarti che hai diciassette anni, o quindici, o quel che vuoi, e magari è anche vero, all’anagrafe. Ma la verità anagrafica è solo un aspetto della questione. Posso dire per esperienza che è un continuo sbandare da una parte all’altra. Si possono avere diciassette, quindici, nove e cent’anni lo stesso giorno.

Nick Hornby