venerdì 29 gennaio 2010

Hell

No I' m not ready for
a big bad step in that direction
No I'm not ready for
downtown trash void collection
four blocks, run and hide
don't walk alone at night
city scapes city change before they die
four blocks i should mention in a song
if i wanna get a long with change,
who doesn't want to change this?

I know you feel it too,
these words get over used
when we get up and over it and over them,
up and over it and over them,
I know you feel it too,
it all seems so untrue,
when you get up and over it and over them,
Oh and no, Oh and no

No We're not ready for
fair distribution just determine the solution for
No We're not ready for
hell hell no for, hell hell no,
four days wide awake why slide along and say it
girls afraid girl will change just move away
for days that i mention in a song move along
get ahead get her hand and bring her with you.

I know you feel it too,
these words get over used
when we get up and over it and over them,
up and over it and over them,
I know you feel it too,
it all seems so untrue,
when you get up and over it and over them,
oh and no, oh and no

always to remove all the bad that we do,
from the heart and the soul of the city sad and cold
for ways to collect what we say and what we save
to discard and discover a brand new way,

I know you feel it too,
these words get over used
when we get up and over it and over them,
up and over it and over them,
I know you feel it too,
it all seems so untrue,
when you get up and over it and over them,
up and over it and over them,

I know you feel it too,
these words get over used
when we get up and over it and over them,
up and over it and over them,
I know you feel it too,
it all seems so untrue,
When you get up and over it and over them.
Oh and no, Oh and no
Oh and no, Oh and no

Performed by Tegan & Sara

giovedì 28 gennaio 2010

Malattia

fotogenico stile omogeneizzati scaduti. febbre gialla agli angoli della bocca. labbra screpolate e ferite vive dove danzano le mosche. ovuli caldi pulsanti in ritmi di battiti cardiaci ai primi istanti di vita. vagiti. urla. pianti. gli insetti depongono le uova in luoghi accoglienti, caldi, ricchi di pus vischioso, nettare nutriente per i neonati non appena dischiusi. sento lo zampettare frenetico della prima fame, quella che prende non appena ti rendi conto di avere una bocca per mordere, uno stomaco per digerire; quando ti accorgi di aver bisogno di carburante per continuare a muoverti, carbone da buttare nella fucina dei muscoli.
se faccio silenzio e chiudo gli occhi, sposto l'attenzione dal mio esterno al loro esterno, sento le ali dei piccoli muoversi veloce nel tentativo di prendere il volo. movimenti impacciati ancora privi di esperienza. sbattano quelle pelli sotti fatte di niente, di calli non ancora formati, schizzano via per lasciarmi malato, bruciato dal ghiaccio, punito dal freddo. per questo non parlo, non muovo, non sento, non provo lo scotto del gelo pungente.
ti incrocio nel corridoio, sei vestita di giada: tessuti, intrecci, stelle filanti. mi dici: non parli. mi chiedi: cos'è che non va? mi misuri la febbre, accosti la bocca sulla mia fronte. mi dici: non bruci, non parli. mi chiedi: cos'è che non va? chiudo gli occhi una volta. li riapro. ti vedo. li chiudo di nuovo. mi dicesti una volta: inventiamoci un linguaggio. mi dicesti: non una lingua. ti chiesi: cosa di preciso? dei segnali, dei codici, dei movimenti. sbattiamo le palpebre: una volta per si, due volte per no. chiudo gli occhi. li riapro. ti vedo. chiudo gli occhi di nuovo. quante combinazioni di si e di no per dire: tutto. linguaggio binario, vero falso. mi misuri la febbre, appoggi le labbra sulla mia bocca. chiudo gli occhi. li chiudo. non li riapro. chiudo gli occhi, guardo il buio. chiudo gli occhi e ti sento, ti ascolto. ti rispondo.

mercoledì 27 gennaio 2010

I colori sbiadiscono ogni volta di più/1 (silenzio)

Quest'anno ci sono stati bambini in lacrime, famiglie intere scese giù dal nord per festeggiare chissà cosa, gite fuori porta in baite fredde senza riscaldamento. Non sono bastate le telefonate fatte ormai già troppo tardi, solo per dire: si, l'ho fatto; per rompere quel silenzio che stava diventando forse un po' troppo pesante.
"Quanto pesante si può rendere un silenzio prima che questo diventi maledettamente fastidioso?"
"Non c'è una regola, un minutaggio fisso, il tempo varia da persona e persona. Di solito però quando senti il sangue uscirti a rivoli dalle orecchie è già ormai troppo tardi."
"E a te è mai capitato di sentirli, i rivoli di sangue?"
Non c'erano molte facce. Quelle poche si perdevano prima nel buio fuori, poi nello spazio rarefatto dove le luci delle lampade andavano a colmare i vuoti. In compenso c'erano assai molte macchine, e non macchine spaziali, navicelle o astronavi; no, proprio macchine intese come auto, parcheggiate di traverso metà sulla strada e metà dentro boschi, prati.
"Parlami ancora del silenzio."
"Cosa vuoi sapere?"
"Te l'ho già fatta una domanda, ma a quanto pare tu non vuoi rispondere."
"Forse è proprio così."
"Ma io voglio sapere dei tuoi silenzi, voglio conoscerli."
"I silenzi non si conoscono. Non li puoi incontrare per strada e tender loro la mano: piacere, come stai, cosa fai, ti va un caffè, quattro chiacchiere per rivangare i vecchi tempi."
"Come mai?"
"Perchè i silenzi sono dei pessimi compagni di bevute. Ti metti lì, seduto al tavolo, ordini una birra, qualcosa da sgranocchiare tra un sorso e l'altro, e aspetti che loro comincino a parlare. Ma niente. I silenzi se ne stanno sempre zitti, muti, fermi a guardarti."
"E sei costretto a passare una serata in questo modo?"
"No. Dopo qualche minuto cominci te a parlare, a raccontare. Ma è solo un lungo ed estenuante monologo. Alla fine ti si arrugginisce la gola, e non basta bere ogni due o tre frasi, giusto un sorso poco più, per rendere di nuovo scorrevoli le parole: alla lunga i tuoi discorsi si fanno appiccicosi lungo l'esofago, stentano ad uscire. Fai una fatica tremenda per riuscire a sputarli fuori, tutti appollottolati e sporchi di saliva densa come colla. E quando ci riesci, quando vedi rotolare a stento questo grumo attorcigliato di chiacchiere tenuto insieme dalla bava, la tua bava; quando lo vedi cadere sul tavolo e stendersi sotto l'inevitabile peso della gravità, ormai privo di quella cura che gli forniva la tua voce, non vorresti far altro che il tuo silenzio, quello seduto proprio di fronte a te, prendesse questa massa informe e la ingoiasse il più presto possibile. Che cominciasse a parlare, cazzo!"
"Ed il sangue?"
"Il sangue comincia ad uscire quando inizi ad afferrare il tuo silenzio per il collo, e a strattonarlo, ad appendarlo al muro, a minacciarlo. Il sangue comincia ad uscire quando finalmente il silenzio prende a parlare, ad aprire la bocca, e ti accorgi con paura che la sua voce è così affilata da affettarti i timpani."

martedì 26 gennaio 2010

Quando sono stato appeso come carne

E' stato come i ganci da macellaio, a cui appendono carni o brandelli di parti già tagliate. Io ero lì, attaccato per un braccio, con l'uncino acuminato passato attraverso la pelle, scalzando muscoli e lascerando nervi; oppure per la coscia, qualsiasi posto dove il ferro lucido e sanguinolento potesse trovare spazio e lavorare di gravità. Ho sentito come la pelle tendersi e allontanarsi il più possibile dalle ossa, da quella membrana indistinta o da me non conosciuta che tiene insieme gli organi e incollata la cute allo scheletro tutto, che le impedisce di volare via al primo colpo di vento; ho sentito la pelle tendersi sempre di più, schiarendo il rosa nel più pallido dei bianchi nei punti di maggiore tensione, e più questa si allontanava dalla sua base, da me, più il sibilo dentro la testa di faceva di strappo, uno scricchiolio lento di fibre sfilacciate, allungate a dismisura. Ma non mai, proprio più, arrivava lo stacco definitivo, quello che mi permetteva di slegarmi tutto e appendermi ad asciugare: era il continuo, perseverante, allungamento all'infinito: da qui all'eternità.
Erano i ganci, questi ganci da macellaio. Lascia perdere la mia incapacità descrittiva, guarda la punta, assaggiane il luccichio acuminato. Lì è come se ci fosse stata la mia carne.

lunedì 25 gennaio 2010

Basta che Funzioni


prendi un quasi candidato al premio Nobel e una ragazza sempliciotta di campagna che si ritrova catapultata nella Grande Mela come un angelo caduto dal paradiso. aggiungi tutti i satelliti che questi due personaggi si portano appresso, formando un piccolo sistama solare con loro proprio nel bel mezzo a fare il ruolo della stella, e agitata ben bene. ne viene fuori una storia che all'inizio sembra implodere in se stessa, attorno al proprio personaggio principale nonché io narrante, poi si espande avvolgendo altre succursali di vicende legate tra di loro, in un moto di formazione durante il quale tutto può succedere e ogni cosa può cambiare, per poi cementificarsi nel finale, stabilizzarsi in una forma precisa ben delineata e che non cambierà più.
Allen ritorna nella sua New York e ritrova le battute pungenti che nascondano significati seriosi, plasma Larry David a sua immagine e somiglianza, così come era accaduto a Kenneth Brannagh con Celebrity, e costruisce una spettacolare prima parte tutta attorno al proprio protagonista.

quando anche le cose più impensabili possono accadere.
e quando le cose più prevedibili possono farti un male pazzesco.

risollevarsi.
non arrendersi.

monologo finale.

venerdì 22 gennaio 2010

Prophecies And Reversed Memories

You've dreamt this all before
You've sang this song before
You've seen it all before
It was just a little different that's all

You've dreamt this all before
You've sang this song before
You've seen it all before
It was in another world that's all

Long, long, long, long ago
Long, long, long, long ago

You've dreamt this all before
You've sang this song before
You've seen it all before
It was in another world that's all

You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
It was in another bed that's all

Long, long, long, long ago
Long, long, long, long ago

(Prophecies are memories in prophecies and memories)

You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
It was in another bed that's all

(Prophecies are memories in prophecies and memories)

You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
You've dreamt this all before
It was in another world that's all

Long, long, long, long ago
Long, long, long, long ago

Performed by Mum

giovedì 21 gennaio 2010

pulizia

la morra cinese per decidere chi deve buttare via l'immondizia. e quando perdo io i camion degli spazzini sono sempre passati un attimo prima. la sera con gli scarti delle cena non trovo mai un sacchetto nuovo vuoto nel cestino, li cullo neanche fossero bambini in fasce di sei settimane. poi faccio un casino con la birra, a stappare le bottiglie agitate in frigorifero, erutta quasi tutta sul pavimento, nel lavello sporco e sul pane, quel poco pane che compriamo. mi dici: pulisci, dai l'aspirapolvere. che nella mia metà di camera c'è sempre così tanta polvere e capelli persi che sembrano le palle di fieno spinte dal vento nelle praterie dei vecchi film western. quando ti deciderai mai a pulire, mi dici, che sei sempre a lamentarti che a scendere dal letto ti pare ogni giorno di appogiare i piedi sulla moquette. ti lamenti sempre e poi lo lasci lì, lo sporco e tutto il resto. ma io dico mi difendo, pure di una montagna ogni tanto mi potrei lamentare ma mica ho la pretesa di volerla spostare, no, la lascio lì, la montagna come la polvere e i miei capelli morti. che poi non pulisco e non passo l'aspirapolvere ma invece rifaccio il letto, perchè la notte dici sempre lo faccio diventare come quei campi minati dove le mine sono tutte esplose, neppure fossi un cinghiale, agitandomi e tirando le coperte, scalzando le lenzuola pure sopra le nostre teste. e poi dentro quello stesso letto mi ci ritrovo la notte a leggere mentre te dormi e mi dai la schiena in modo da non vedere da sotto le palpebre abbassate la luce dell'abat-jour accesa appesa a metà muro dalla mia parte. ed io leggo pagine, sottolineo frasi con i lapis troppo appuntiti presi da ikea che fanno un rumore come cinquecento carri armati sulla carta. poi finisco e spengo tutto, libri e luce, ma non ho affatto sonno. sono di fatto sveglio e ho così tanta voglia di scrivere che ti scriverei addosso. e poi la mattina ti sveglieresti con un nuovo tatuaggio impresso sul corpo.

mercoledì 20 gennaio 2010

Brothers


hai pochi minuti istanti secondi per decidere se il gioco vale la candela, sotto il sole abbronzato di bruciature e scoppi in aria prigioniera, attimi in cui credi di saper bene cosa puoi perdere e cosa invece puoi ritrovare. ma quel che più si nasconde tra le grotte del deserto non sei te stesso bensì un fatto che non capirai se non quando ormai sarà troppo tardi: la candela ti brucerà la mano, poi il braccio il torace e tutto quanto dentro; non importa se il gioco rimarrà uguale o se le regole cambieranno. sii forte, come ti hanno insegnato, ma in questo modo diventi duro e rigido, non hai più modo di far passare gli altri, nessuno. chiudere ogni cosa dentro, costruire una nuova pelle con il cemento; questo è ciò che cambia. e quando tornerai a casa non sarà più casa, quando avrai una nuova cucina non la sentirai più tua, così come tutte le cose da cui ti sei allontanato senza rendertene conto. perchè ti brucia, quella candela. dalla mano è passata dentro e la fiamma ancora arde. e quando torni a casa non puoi far altro che constatare che Marty ormai è cresciuta, che pattina sul ghiaccio proprio come te la ricordi, ma ora è donna, proprio come lo sono pure i suoi pianti.
hai pochi minuti, e in quei minuti, qualsiasi decisione tu prenda, in qualsiasi caso, ti bruci la vita, e dovrai imparare a convinvere con le ustioni, o imparare a costruirti una nuova vita, oltre.

martedì 19 gennaio 2010

Basta!

basta parlare di terremoti! sono scosse sismiche sotto pelle a far tremare vene arterie e far crollare cuori. la lava è il sangue che tracima dalle ferite, quel fuoco impertinente di bruciore primitivo. lapilli frizzanti di pianti, sofferenza e tristezza, piovono come cenere a condire giornate grigie i cui colori si fermano in pausa tra una pioggia e l'altra, immobili in attimi di respiri trattenuti fino all'inverosimile. aridi sono i polmoni così quanto i pensieri, la testa: le pareti si appiccicano tra di loro, una sopra l'altra, pellicola su pellicola, creano una patina sottile sotto la quale i bronchi appassiscono, muoioni in crepe di sirene di ambulanze elettriche. i vuoti pneumatici delle labbra mute chiuse serrate che per alzarzi si strappano in filamenti di carne viva pulsante ancora di; dolore in formato di fibre sfilacciate, grotte crollate tenute in piedi da colonne spaccate, altro sangue che sgorga docile per scivolare questa volta in gola, con il sapore di ferro, battuto, rovente, ingoiare ad occhi chiusi per recuperare quello perduto. urla di silenzi in fischi sottili taglienti che non vogliono uscire fuori, gli angoli cicatrizzati più duri dei muri eretti abbattuti e di nuovo cementificati.
basta parlare di terremoti! così come di uragani e febbri e denti e morsi. ogni boccone sarà il nostro ossigeno ingoiato a forza con il naso tappato per non sentirne il sapore schifoso di merda e letame vario, di carne andata a male con il passare del tempo peggiore - freddo e fuoco dentro, cascate di idrogeno liquido fuori - pavimento per danze di vermi viscidi striscianti su muffe pelose.
sputeremo lana dai nostri orifizi più intimi, e tapperemo le orecchie con mazze da golf incastrate a forza.

lunedì 18 gennaio 2010

Ricordi scritti male

dici che ormai per arrivare a Prato bisogna attraversare Chinatown. che oggi hanno inaugurato una nuova stazione ferroviaria che quando noi ci andavamo in treno non era neppure nei sogni degli assessori comunali. e chissà che fine avrà fatto quella libreria in centro dove andavamo sempre quando fuori pioveva e anche quando fuori non pioveva. dici che quando scrivo di notte ho la calligrafia talmente storta che si leggono male pure i ricordi. e poi i pomeriggi di sabato e domenica a non incontrarci a non trovarci anche se io avevo una tuta tutta rossa. o ancora quella volta del cinema sotto le stelle che a fine spettacolo mi ritrovai a piedi in un paesino sperduto e tutto addormentato all'una di notte. o le influenze prese sotto la pioggia a pedalare verso casa tua. le palloniere chiuse a molla prese in faccia. i bicchieri d'acqua rovesciati vicino ai divani. o ancora ancora e ancora. poi alla fine mi domandi se anche ora per conoscere una ragazza mi ritrovo a ballare sui comodini vestito da donna e truccato da clown.

venerdì 15 gennaio 2010

Sing Along



Sing along to songs you don't know
And you'll never know until you sing along

Sing along to songs you don't know
And you'll never know until you sing along

You are so beautiful to us
We want to lock you in our house
So beautiful

You are so beautiful to us
We want to keep you as our pets
So beautiful

You are so beautiful to us
We want to lock you in our house
We want to feed you with our spoon
We want to make you sing along

Sing along to songs you don't know
And you'll never know until you sing along

You are so beautiful to us
We want to lock you in our house
So beautiful

You are so beautiful to us
We want to keep you as our pets
So beautiful

Sing along to songs you don't know
Sing along, sing along
You'll never know what could have been
If you don't sing along

Sing along to songs you don't know
Sing along, sing along
You'll never know what could have been
If you don't sing along

Performed by Mum

giovedì 14 gennaio 2010

Mystic River


tre bambini giocano in strada. due bambini e mezzo imprimono sul cemento della città i loro nomi. un bambino sale su un'auto e non ritornerà. quanti anni saranno necessari per capire che forse su quella macchina ci sono saliti tutti e tre i bambini? forse il tempo di un sogno che si continua a sognare e sognare e sognare nonostante i minuti che passano i giorni i mesi gli anni. ma la verità è che solo quando si è davanti ad un tavolo d'obitorio per riconoscere una salma, solo allora ci si sveglia davvero da quel sogno e si cade in un incubo ancora più profondo. un incubo che alla fine abbiamo contribuito noi stessi a creare, costruendo un edificio che sembra così stabile quando invece traballa oscilla al passaggio del più flebile colpo di vento, spostandosi leggermente a destra e a sinistra, a destra e a sinistra, a destra e a sinistra, fino a quando non crolla in un giorno che sarebbe dovuto esser solo di festa ed invece diventa esplosione di rabbia incredula in un parco, dove uomini su uomini cercando di fermarti, di non far crollare pure te. possono venire in tre, quattro, cinque, una marea dove poter immergerti e affogare, facendo uscire sola la testa per respirare e urlare, al cielo maledicendo chissà chi, ma prima o poi troverai il modo di crollare in modo inevitabile, perchè pure tu, così come l'edificio il castello costruito e perso come durante un terremoto, pure tu sei fatto di quei mattoni di colpa, di errori, di supposizioni, ipotesi, che portano a confondere il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, a causa di.

mercoledì 13 gennaio 2010

War I'm crazy War I'm crazy I'm war

non serve a nulla affondare il piede sul pedale dell'acceleratore a fondo in fondo più in fondo per andare veloce nei tratti diritti o rovesci di una strada percorsa ormai troppe volte. c'è fango bagnato di merda e di morte, puzza dolente ai bordi di pascoli selvaggi chiamati col nome di uno smog smodato di auto in panne ferme in folle ai semafori o irritate in fila con le mani battute a pugno su sterzi a forma di stella stretti contorti arricciati in forme nuove dettate dalla rabbia di una sciocca fugace incomprensione nell'agire con forza violenta che strappa quasi le unghie. quanto vorrei: poter aprire i cofani di questi cadaveri a cui abbiamo costruito sopra a modo di corazza vestiti a festa sgargianti di colori metallizzati; strappare i fili che uniscono le parti lontane con tubi annodati su se stessi in voli esemplari contorti a sfociare nel niente, vuoto pneumatico di spazi ingordi lasciati lì soltanto a prender posto, scusi è libero? no, occupato; oppure svitare le viti le croci appese sui muri, ancora: scagliare con forza verace le parti ignobili di questo nascondersi sotto lamiere scontorte scontente, neppure fossero coperte di lana flanella bugiarda, contro muri irsuti di peli appuntiti, i resti in schegge di sogni speranze desideri e virtù. reale sarebbe più reale soltanto partecipare di corsa in corsa a questa campestre di strette vedute in curve affannose snodate in tornanti, salite ripide rapide di cascate di fiumi corpi caduti scaduti in laghi gelati da tempo marciti. non è che fantasia quella che abbiamo, dritta solare come l'autostrada del mare, solo starnuti venduti per veri quando fingiamo di stare tranquilli nel bene e nel male per sempre felici e contenti tamponandoci il naso non appena gocciola macchiato di giallo e non di rosso furiose ventate fischiate dall'alto verso il basso, sonori richiami quasi di attenzione per potersi sentir dire salute e vederla andar via colante giù da un fazzoletto bagnato.
facciamo che di questo viaggio sono io il combustibile, fossile ancor prima di morire crepare tale e quale il muro contro il quale mi vado poi a schiantare. diciamo che mi fermo soltanto lontano, che i chilometri arricciati come i capelli annodati tra onde su onde spettinate non contan più nulla se non la distanza, vicina lontana, lo spazio di mezzo nel nostro intramezzo, quel tanto che basta da non farci toccare parlare sentire mi ascolti? ti ascolto. facciamo che di me di te di tutti di noi ci dimentichiamo per anni per mesi in eterno di fare revisioni sulle frustazioni comuni che ci prendono in modo violento su strade statali senza pedaggio. fanculo l'onore la forma e l'aspetto, al diavolo il rumore gracchiante di quel cigolio di frusta con cinghie finite, il boato di tosse perenne profonda ogni volta che parto. continuiamo così, a farci del male, fino a quando avremo pneumatici gonfi di ebrezza in ventimila atmosfere; andiamo avanti di passo lento e pacato, lasciandici dietro soltanto il passato.

martedì 12 gennaio 2010

Fanboys


Tornare indietro da bravi nerd ai tempi di guerre stellari, episodio uno, di quella incredibile distesa d'erba con colline all'orizzonte che poi sarebbe diventato il nuovo desktop di Windows Xp. Assaporare l'attesa di poter vedere, io per la prima volta, quella scritta celeste che introduce in una galassia lontana lontana, e ricordare i pomeriggi le sere passate incollati alla tv cercando di leggere il più velocemente possibile, dopo aver imparato a leggere da poco, l'inizio di quelle scritte gialle perdersi tra le stelle, su uno schermo in quattro terzi che mangiava le lettere fin quasi da ultimo.
In questo film c'è dentro la speranza, il ricordo dei vecchi episodi e il credo della vecchia trilogia; c'è la rivalità tra guerre stellari e star trek, c'è lo Skywalker Ranch e i sogni per un Jar Jar non ancora svelato; insieme ad amicizia, decisioni, morte, e miracoli (ma in dose molto molto molto minore). Si ferma qui, ad un passo dalla visione, che a quei tempi faceva ugualmente brillare gli occhi nella sala e che a riassaporarla ora perde molto di quel gusto, di quell'attesa che avrebbe reso d'oro anche un calcio nei coglioni assestato con grande forza e voglia di deludere.

Solo per gli appassionati della saga che ha creato il conto in banca di Lucas.

lunedì 11 gennaio 2010

Questa è l'acqua

More about Questa è l'acqua

E' una cosa difficile da afferrare, il percome delle cose.

Non sa di averlo fatto, perché da quando in qua anche il migliore dei maghi sa di usare la magia sulle persone e non la semplice abilità di uno svelto di mano e sciolto di lingua? Sophie crede di avere ormai capito alla sua età che la magia altro non è se non il semplice rapporto tra una persona e le altre persone che la circondano.

Sophie resta lì e le guance tracciano roventi righe di lacrime scaturite da una cosa che non è gioia né dolore, con in più un pizzico di medicine.

A partire da quel giorno dentro una culla di metallo con le lenzuola bianche inamidate e l'altro seno una bomba a orologeria e il veleno di molti linfonodi del corpo Sophie sa e lo sa per davvero che per il Solomon-che-lei-ama lei non è solamente il suo corpo o quello che c'è dentro il suo corpo. Che la malattia è una cosa che hai, non una cosa che sei.

Prendo gli antidepressivi da, quanto sarà, un anno, e ritengo di avere i numeri per dire come sono. Sono straordinari, davvero, ma sono straordinari come sarebbe straordinario vivere, che so, su un altro pianeta caldo e comodo fornito di cibo e acqua fresca: sarebbe straordinari, ma non sarebbe la cara vecchia Terra. Ormai è quasi un anno che non sto sulla Terra, perchè sulla Terra non me la cavo troppo bene. Diciamo che me la cavo un po' meglio dove mi trovo adesso, sul pianeta Trillafon, con grande piacere, credo, di tutti gli interessati.

Non so davvero se la Cosa Brutta sia davvero depressione. Prima avevo sempre pensato che la depressione fosse come una tristezza davvero profonda, tipo quella che ti prende quando muore il tuo bravo cagnolino, o quando in Bambi uccidono la madre di Bambi. Pensavo che t'imbronciassi un po' e magari se eri una femmina versavi qualche lacrimuccia dicendo: - Per la miseria, sono davvero depressa, - ma poi vengono gli amici, se ce li hai, a tirarti su di morale e a rimetterti in sesto e poi al mattino è come un colore sbiadito e dopo un paio di giorni chi se lo ricorda più. La Cosa Brutta - e mi sa che la depressione è questo e nient'altro - è molto diversa, e indescrivibilmente peggio. Mi sa che dovrei dire più o meno indescrivibilmente, perché nell'ultimo paio d'anni ho sentito le persone più disparate cercare di descrivere la "vera" depressione. Uno della televisione con lo scilinguagnolo ha detto che secondo certi è come sott'acqua, sotto una massa d'acqua che non ha superficie, almeno per te, che qualunque direzioni prendi trovi solanto altra acqua, niente aria fresca né libertà di movimento, solo restrizioni e soffocamento, e niente luce. (Non so quanto sia azzeccato dire che è come essere sott'acqua, ma provate a immaginare il momento in cui vi rendete conto, in cui improvvisamente capite che per voi non c'è superficie, che potete nuotare finché vi pare tanto lì dentro ci affogate; immaginate come vi sentireste in quel preciso istante, come Cartesio all'inizio della sua seconda cosa, poi immaginate quella sensazione in tutta la sua piacevolissima intensità soffocante protrarsi per ore, giorni, mesi... forse questo è più azzeccato).

Perché la Cosa Brutta attacca non solo te facendoti sentire male e mettendoti fuori uso, ma attacca in special modo, fa sentire male e mette fuori uso proprio le cose che ti servono a combattere la Cosa Brutta, a sentirti magari meglio, a restare vivo.

Vi ha fatto ammalare in modo da non permettervi di guarire.

La malattia vi "definisce", specie dopo che è passato qualche tempo.

Facciamo tante storie quando chi ha una "grave depressione" si suicida; diciamo: - Per la miseria, dobbiamo fare qualcosa per impedire che si suicidino! - Errore. Perché, vedete, tutte quelle persone a quel punto si sono già uccise, nel senso che conta per davvero. Quando scolano interi armadietti di medicine, schiacciano un pisolino in garage o che so io, si sono già uccisi da un pezzo. Quando "si suicidano" si dimostrano semplicmente coerenti. Danno semplicemente forma esteriore a un fatto la cui sostanza in loro esiste gà da molto tempo.

Ho detto: - Perché la porti al rovescio? - riferendomi alla maglia. E May ha detto: - Perché non mi piace che l'etichetta mi graffi il collo -. Io, comprensibilmente, ho detto: - No, dico, perché non tagli l'etichetta? - Al che ricordo che May ha risposto: - Perché non riconoscerei il davanti della maglia. - Eh? - ho detto, facendo lo spiritoso. May ha detto: - Non ha tasche, scritte né altro. Il davanti è uguale e identico al didietro. con la differenza che il didietro ha l'etichetta. Perciò non li distinguerei. - Così ho detto: - No, dico, se il davanti è uguale e identico al didietro, ch edifferenza fa da che parte la indossi? - A quel punto May mi ha guardato serissima per una cosa come undici anni, quindi ha detto: - Per me fa differenza -.

Al lavoro la faccenda somiglia anche al mutismo di un sogno. All'incapacità di parlare quando le cose da dire sono così importanti da diventare un impedimento. Mi sembra di non parlare mai, ora.

Per Barry Dingle, invece, l'amore per Myrnaloy Trask è diventato il campanello emotivo che domina la sua tranquilla esistenza, la condizione di un cuore ormai guidato dalle fluttuazioni

E, ironia delle ineluttabili ironie, nella vita le cose più naturali non sono spesso anche le più terrorizzanti?

Guardi da una sola angolazione: le cose sembrano senza meta, disordinate. Domina la fluttuazione. Modifichi l'angolazione: illuminazione. Schema. Ordine.

Dingle sente sulla lingua il sapore della materia di cui è fatto il suo cuore.

Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pescie anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve, ragazzi. Com'è l'acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: - Che cavolo è l'acqua?

Ci sono due tizi seduti a un bar nel cuore selvaggio dell'Alaska. Uno è credente, l'altro è ateo, e stanno discutendo l'esistenza di Dio con quella foga tutta speciale che viene fuori dopo la quarta birra. L'ateo dice: - Guarda che io ho le mie buone ragioni per non credere in Dio. Ne so qualcosa anch'io di Dio e della preghiera. Appena un mese fa mi sono lasciato sorpredere da quella spaventosa tormenta di neve lontano dall'accampamento, non vedevo niente, non sapevo più dov'ero, c'erano quarantacinque gradi sottozero e così ho fatto un tentativo: mi sono inginocchiato nella neve e ho urlato: "Dio, sempre ammesso che Tu esista, mi sono perso nella tormenta e morirò se non mi aiuti!" - A quel punto il credente guarda l'ateo confuso: - Allora non hai più scuse per non credere, - dice. - Sei qui vivo e vegeto -. L'ateo sbuffa come se il credente fosse uno scemo integrale: - Non è successo un bel niente, a parte il fatto che due eschimesi di passaggio mi hanno indicato la strada per l'accampamento.

David Foster Wallace

venerdì 8 gennaio 2010

This Beard is for Siobhan

The daughter of a man was a mammal
She wore the mark of fire and of flame
Though they're both the same
Born onto the age of the golden
Oh that golden age of endless loss and endless gain
Now because my lips have split
All the little children they are hiding in front, in the middle, and in the behind
And because my nose has froze
But I can keep on smelling
I could smell my little day away
I could smell my whole day away
Now because my teeth don't bite
I could take them out dancing
I could take my little teeth out and show them a real good time
Well a real good time, a good time
A real good time

Performed by Devendra Banhart

giovedì 7 gennaio 2010

0:30

va detto che abbiamo aspettato mezzanotte. abbiamo aspettato i rintocchi della campana. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice alzato per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e uno. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice alzati per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e due. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio alzati per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e tre. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare alzati per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e quattro. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e cinque. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e sei. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e sette. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e otto. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e nove. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e dieci. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato l'unghia dell'alluce del piede destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e undici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice del piede destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e dodici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice del piede destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e tredici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo del piede destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e quattordici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e quindici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure l'unghia del pollice del piede sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e sedici. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice del piede sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e diciassette. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice del piede sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e diciotto. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo del piede sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e diciannove. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e venti. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventuno. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventidue. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventitre. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventiquattro. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro per tenere il conto.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e venticinque. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventisei. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro e un taglio sulla coscia destra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventisette. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro e un taglio sulla coscia destra e un taglio sulla coscia sinistra per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventotto. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro e un taglio sulla coscia destra e un taglio sulla coscia sinistra e un taglio sul polpaccio destro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e ventinove. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro e un taglio sulla coscia destra e un taglio sulla coscia sinistra e un taglio sul polpaccio destro e un taglio sul polpaccio sinistro per tenere il conto. ripartire da uno.
va detto che abbiamo aspettato mezzanotte e mezza. poi, contando, abbiamo fatto passare i secondi, fino a sessanta: pollice e indice e medio e anulare e mignolo alzati, abbiamo alzato pure il pollice e l'indice e medio e anulare e mignolo della mano sinistra, abbiamo smaltato le unghie dell'alluce e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede destro, abbiamo smaltato pure le unghie del pollice e dell'illice e del trillice e del pondolo e del minolo del piede sinistro. ci siamo guardati senza avere più dita per contare, così abbiamo preso un trincetto abbiamo fatto un taglio sul palmo della mano destra e un taglio sul palmo della mano sinistra e un taglio sul dorso della mano destra e un taglio sul dorso della mano sinistra e un taglio sull'avambraccio destro e un taglio sull'avambraccio sinistro e un taglio sulla coscia destra e un taglio sulla coscia sinistra e un taglio sul polpaccio destro e un taglio sul polpaccio sinistro. un taglio sul petto per tenere il conto. ripartire.
abbiamo sentito il rintocco della campana segnare la mezza ora. poi: il silenzio della notte; le urla di una madre; il pianto di un bambino; l'affievolirsi dell'epidurale.

mercoledì 6 gennaio 2010

Vendetta

vengo di notte, quando meno te lo aspetti. porto carbone su carbone per poter accendere il camino, fare arrosto quello stronzo di un babbo natale che mi ha rubato via tutta la fama e tutta la gloria. fama e gloria. io sorella o amante o puttana, prima che scappasse in lapponia, al freddo al gelo, a prendersi il meglio non il peggio della fine mentre a me lascia solo e sempre l'inizio inetto non ancora cresciuto abbastanza per guardarlo con lucrosa ingordigia di regali e dolciumi e (compleanni) e festività e pranzi e cene, gran galà per festeggiar. quante coccole, quante carezze, quante amichevoli affettuosità sparse su tutto il corpo prima che diventassi curva, una schiena sulla strada, un tornante o una rotatoria. quante frasi, d'amore di speranza di futuro insieme sempre e comunque in eterno felici e contenti, sotto le lenzuola calde ci sdraiavamo per ammirare i nostri sentimenti, prima che la faccia mi si deformasse in questo lancia razzi del mio naso, l'occhio un po' di traverso, nei porri verruche, escrescenze irregolari che mi maculano ora le guance, così tanto che anche se sorrido sembro sempre stretta in un ghigno quasi diabolico o maligno. mi additano, mi spernacchiano, quando mi vedono è solo per tirarmi dietro roba, vecchie cianfrusaglie ormai in disuso, superate sorpassate rimpiazzate dai regali che quel grassone vecchio barbuto ha portato solo pochi giorni prima. malvagia! hanno il coraggio di dire loro, seduti sotto ancora l'albero che aspettano solo me per disfare; perchè sono io, secondo loro, a rubare via ogni cosa, a saccheggiare il calendario, a colorare di nero ogni singolo giorno numerato, ad ingozzarmi di così tante feste da non lasciarne più nessuna per nessuno. oh, se sapessero davvero tutta la storia come la so io, come la racconterei volentieri a tutti quei bambini che fanno la fila nei supermercati nei centri commerciali per la strada per mettersi a sedere sulle ginocchia di quel pagliaccio che un tempo si vestiva di verde e che poi si è venduto così bene da farsi ricordare solo di rosso. fu la nostra prima vera grande litigata, con io che lo prendevo per la barba e giù botte infamate urla e calci; perchè secondo me stava svendendo non solo la magia che quel periodo gli aveva dato, ad occhi chiusi - è proprio vero che la fortuna è cieca - ma anche se stesso e tutti quei bambini che all'epoca si lo aspettavano sveglio con in mano biscotti e un bicchiere di latte, che credevano sul serio di poterlo vedere saettare nel cielo innevato di un tempo tra le stelle fisse della notte poco dopo esser sceso giù dal camino per consegnargli di nascosto i più belli e brillante dei suoi doni. chissà che fine hanno fatto quei fanciulli così innocenti ed indifesi, di fronte alle logiche imperscrutabili di quella fottuta nuova scienza che si chiama come il marketing: spazzati via senza alcun problema, messi sotto il tappeto come una qualsiasi altra cosa da nascondere. e io glielo dicevo, gli urlavo contro che per me era una puttana, era un vile stronzo di quelli di bassa lega, a cui importava solo l'apparire, 'fanculo tutto il resto e i buoni sentimenti. ricordo ancora come ingoiava merda, standosene zitto zitto buono in un angolino della nostra casa, il nostro tenero nido di amore segreto e perfetto. credevo sul serio di aver vinto qualcosa, di avergli fatto cambiare idea, di aver avuto finalmente ragione sulla sua voglia di mostrarsi; ed invece era solo l'ennesima calma prima di un'ennesima tempesta. e ancora litigate e screzi vari, così tanto che facevamo cadere l'intonaco del soffitto sotto forma di neve pura ad imbiancare le vallate. fino a quando non mi ha cacciata, lasciandomi con solo una scopa e poco altro. chiusa la porta in faccia, cambiata la serratura. prova tu, senza svenderti, senza cambiare, mi diceva al chiuso al caldo, a fare quello che faccio io. vedrai quanto ti ricorderanno quanto bene ti vorranno non appena invecchierai arrugginita quanto la strega cattiva confondendoti con qualcosa che c'è di male; se mai ancora ti ricorderanno.

martedì 5 gennaio 2010

Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero

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E tu che entri col piccone e col casco da minatore nel mio cuore.

Tu che perdi la pazienza e la fai suonare con il cellulare per ritrovarla. Io che cerco delle agenzie di copywriting per riuscere a venderti il mio carattere di merda, per leggerti chilomtrei di righe confusionarie d'amore. che non mi scrivi più.

Perché litigando risparmiamo sul riscaldamento.

quando sei suscettibile e andiamo a vedere l'autunno e le nuvole morte che crollano per terra nei parchi.

Che io ti voglio bene a fondo perduto.

E tu che parli da sola. Tu che parti. per la tua sesta guerra mondiale.

E quando mi trovo a mezzogiorno a letto a trascrivere i tuoi silenzi.

E certe pagine di certi libri che è come se ti cambiano le impronte digitali mentre li leggi.

Hai scritto sulla sabbia che mi pensi raramente.

- Dopo questa lavanda gastrica di ottimismo a cosa vuoi sottopormi -

mi dici che posso risparmiarmi le mie inutili lettere d'amore e di lamentele da delle camere di alberghi senza stelle.

Mentre me ne vado, mi rendo conto che ti ho lanciato una specie di bacio soffiandotelo contro.

A volte si sente male quando mi chiami perché la capsula microfonica del tuo telefono è piena di lacrime. Lo so, lo so. I rami degli alberi la mattina sono ancora coperti di strani rimpianti e le tue ciglia di brina. E me ne accorgerò solo quando ti avrò persa.

Vasco Brondi

lunedì 4 gennaio 2010

Dicembre 2009


"Ricordati che le cose che ti entrano in testa poi ci restano per sempre, gli disse. Forse dovresti pensarci.
Però certe cose uno se le dimentica, no?
Sì. Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare."

Cormac McCarthy

venerdì 1 gennaio 2010

New Year's Day

All is quiet on New Year's Day,
A world in white gets underway,
And I want to be with you,
Be with you night and day.
Nothing changes on New Year's Day.
I will be with you again.
I will be with you again.

Under a blood-red sky
A crowd has gathered in black and white.
Arms entwined, the chosen few,
Newspapers say, it says it's true.
And we can break through,
though torn in two we can be one.
I will begin again, I will begin again.
Oh and maybe the time is right,
Oh maybe tonight.
I will be with you again.
I will be with you again.

And so we are told this is the golden age
And gold is the reason for the wars we
wage.
Though I want to be with you,
To be with you night and day.
Nothing changes on New Year's day.

Performed by U2