mercoledì 27 giugno 2012

Men in black 3

Ci sono dei film che, a prescindere da quanto in realtà siano belli o brutti, andranno sicuramente bene al botteghino. Sono quei film che possono affidarsi a capitoli precedenti andati abbastanza bene e che per fama a richiamano in sala gli spettatori fedeli a cui erano piaciuti i capitoli precedenti di cui sopra. Men in black 3 è uno di questi, anche perché la formula si discosta poco poco da quanto già portato in scena nella prima e seconda parte.
Ci sono inoltre dei film per i quali è necessario delle acrobazie pazzesche per giustificare il cambiamento di età di un protagonista, magari bambino in un primo film e adolescente invece in quello successivo. Qui invece gli sceneggiatori hanno dovuto inventarsi un viaggio nel tempo, indietro, per giustificare la ringiovanita faccia dell’agente K, al secolo Tommy Lee Jones: quando gli effetti speciali vengono superati dal botox.
Will Smith torna perciò nel mitico 1969, anno della prima passeggiata sulla luna di Neil Armstrong e soci, per andare a ritrovare il suo collega, un giovane K interpretato con una perfezione accigliata da Josh Brolin. Insieme dovranno sventare una minaccia che avrà ripercussioni sul futuro.
Gli uomini in nero restano godibili nonostante comincino a invecchiare alla rovescia. Si cercano altre strade, andando a giocare con la diversità tra l’agente J e l’agente K, non più tra Will Smith e Tommy Lee Jones. Alcune magagne vengono però fuori, come per esempio il fatto che i due sembrano sempre essersi appena conosciuti, come congelati in una bolla temporale che li obbliga a non conoscersi mai a fondo. Dettagli su cui si può chiudere un occhio e fare finta di niente. Caso mai gli si può rimproverare di avere seguito la moda e avere giocato la carta del 3D.

lunedì 25 giugno 2012

Voci dalla luna

More about Voci dalla luna 
Non devi pensare a loro come a dei peccatori. Non pensare soltanto al sesso. La gente non si sposa per il sesso. Pensa all’amore. Loro sono due persone che si amano, ed è faticoso per loro come lo è per gli altri. E anche se è sbagliato, è lo stesso amore.

“Dove sei stato?” Chiese lei.
“A Messa,” rispose lui, rivolto verso gli occhi di lei. E poi, parlando alla sua bocca: “Ci vado ogni giorno.”

Si sporse sul sedile della biciletta e, tenendo le labbra chiuse, velocemente, lo baciò sulla bocca – che lui tenne immobile, aperta, con le labbra percorse da sorpresa, paura ed eccitazione. Subito dopo lei si allontanò lungo la strada, chiamando Conroy e, un isolato più in là. Il cane si voltò e le corse incontro con le orecchie all’indietro e il rametto fra i denti. Richie era ancora lì, in piedi, a respirare il buon odore di fumo e rossetto della ragazza e qualche altra essenza dolce, forse acqua di colonia o qualche cosmetico – o forse solo il ricordo di ciò che era appena successo e che non si era ancora dissolto nell’aria.

Se tu avessi quarantasette anni, ameresti in maniera diversa. Ricordo di quando avevo venticinque anni. Gesù, a malapena riuscivo a lavorare o a fare qualsiasi altra cosa. Uno si sveglia al mattino e il cuore è già pieno d’amore. Volevi stare con lei tutto il tempo. Poteva essere bugiarda, ladra, puttana. Non te ne accorgevi. L’unica cosa di cui eri consapevole, o l’unica cosa a cui pensavi, era lei. Potevi scendere da un tetto con le tegole e il martello in mano, dimenticandoti della scala, solo perché stavi pensando a lei. Ma, vedi, a quarantasette anni è differente. Non c’è tutto questo affanno. Forse, a quel punto, un uomo ha troppe falle, non lo so. È diverso. Ma è più profondo. Magari perché è tardi e ti sei fottuto tanto di quel tempo che quello che ti è rimasto è, in qualche modo, prezioso. E l’amore – Brenda nel mio caso – è come un completamento di ciò che sei. Questa storia ha a che fare con tutto quello che non ho mai avuto e tutto quello che mai avrò. Capisci qualcosa di quello che sto dicendo?

Voleva andarci prima di Venezia o Atene, delle isole greche e della Spagna, posti dove desiderava passeggiare con lui, in città o per le strade di qualche villaggio, e consumare lunghi pasti e cene tranquille, dormire fino all’ora di pranzo e fare l’amore nel pomeriggio, in quel modo che solo gli hotel, e soprattutto in un paese straniero, potevano concederti.

Alcune persone, aveva detto poi, hanno queste doti e non sono tenute a farci dei soldi. È una cosa che devono fare, perché il rischio è quello di perdersi. Se tu gli levi quella cosa, continueranno a sopravvivere e potrei toccarli e parlare con loro. Ti risponderanno, anche. Ma nessuno sarà più lo stesso.

Fu colta da una tristezza improvvisa, eppure cos familiare che ormai non aveva più nemmeno il bisogno di darle il nome di morte.

Convinte di rimanere amiche per la pelle, Carol non l’aveva più vista da quell’inverno, e anche quella volta era successo per caso. Così la sedia a dondolo, di sovente, le ricordava Diana e come spesso le amicizie morissero a causa degli amori.

“E così ti sei innamorato,” disse lei. “Che altro?”
“Non sono sicuro che sia questo.”
“E che cosa sarebbe, allora?”
Gli occhi di lui erano chiusi adesso e muoveva la testa da un lato all’altro, al ritmo della musica.
“Non lo so. Forse non lo saprò mai.”
Sollevò il braccio e lei si girò verso di lui e gli passò sotto, e, dietro di lei, lui si girò. Quando Carol ebbe completato il giro si trovarono uno di fronte all’altra.
“Perché non lo chiami innamorarsi?” Gli disse.
Lui la tirò a sé, in una danza lenta e con volteggiamenti simili a quelli di un valzer. “Perché a una certa età,” disse “non ti senti più ardere d’amore. Al massimo ti scotti e brucia sempre più forte.”
“Sul serio?”
“Questo non significa che sia una cosa negativa.”
“E come la definiresti allora?”
“È una cosa diversa. Non è più un fuoco. È qualcosa di solido.”

Alla sera tardi, le piaceva sentire Billie Holiday ed Ella Fitzgerald, Brubeck ed Ellington e Charlie Parker, John Coltrane e Sarah Vaughan e cose di questo tipo, mentre stava alla finestra o si appoggiava allo schienale della poltrona al buio e modellava la propria tristezza in qualcosa di forte e bello.

Tu ti limiti a voler essere un artista. E aspetti che questo accada. Non vai oltre. E lasci che troppe cose ti siano portate via. Aspetti che troppe cose ti accadano. Sprechi tutto quel cazzo di tempo a pensare.

Sai perché mi piacciono così tanto le mie amiche cameriere? E sai che cosa ho imparato da loro? Non hanno delusioni. Così, quando sono sola la notte – e mi piace esserlo, Larry – guardo fuori dalla finestra e capisco. Il nostro compito non è vivere grandi vite, il nostro compito è capire e portare avanti le vite che abbiamo.

Le stava guardando la bocca, deglutì e capì di essere perduto. Se solo avesse potuto perdersi senza avere paura. Se solo il cuore avesse potuto continuare a crescere fino a che lui non fosse stato costretto a stringerla a sé, con il rischio di scoppiargli tra le costole. Se solo avesse potuto guardare le stelle… e lo fece. Improvvisamente sollevò il viso al cielo e vide le stelle e si sentì libero da ciò che provava in quel momento. O libero di provarlo. La guardò negli occhi e le osservò il naso, le labbra.

Andre Dubus

venerdì 22 giugno 2012

Sweetheart

I will rustle your lashes loose after we have travelled;
Like the leaves from the trees when Autumn unravels,
I will pinch them in my tips, and place them on my lips,
Stoop down and kiss you on the cheek,
Sweetheart,
Stoop down and kiss you on the cheek,
And every week I'll show you something else,
And make you feel better about yourself,
The letters will fly over the sea,
And I will write you without poetry,
Sweetheart,
I will write you without poetry,

Sweetheart,
Let me tell you something you don't know,
Sweetheart,
When I'm with you I wish I didn't have to go,
Sweetheart,
I wish that I didn't have to go,

I will write down the ways of your hearts and tongues,
I will write about the rain and that one day in (?)
I've got forty years left in this skin,
When my plane arrives watch it roll in,
Sweetheart,
When my plane arrives watch it roll in,

Sweetheart,
Let me tell you something you don't know,
Sweetheart,
When I'm with you I wish I didn't have to go,
Sweetheart,
I wish that I didn't have to go,
Guitar,

Sweetheart,
Let me tell you something you don't know,
Sweetheart,
When I'm with you I wish I didn't have to go,
Sweetheart,
I wish that I didn't have to go,
Sweetheart,
I wish that I didn't have to go,
Sweetheart,
I wish that I didn't have to go.

Performed by The Wave Pictures

mercoledì 20 giugno 2012

J. Edgar

La nascita travagliata e romanzata dell’organizzazione statunitense più famosa del mondo (FBI), vista appunto con gli occhi del suo fondatore J. Edgar Hoover. Gli inizia sembrano essere normali, ma poi lungo la narrazione si evince quanto sia stato proprio il giovane Hoover (interpretato qui da Leonardo Di Caprio e da vecchio da Leonardo Di Caprio truccato da Jack Nicholson che interpreta Hoover) a volere la fondazione del bureau con un’insistenza maniacale. Pronto a fare qualsiasi cosa affinché la sua creatura godesse di una vita propria, di una libertà mai avuta prima da nessun’altra organizzazione federale, dedica anima e corpo al lavoro, impiegando a volte anche mezzi non del tutto “leale”, e ignorando quasi del tutto il resto della propria esistenza, o per lo meno escludendolo: la morte della madre, l’amore strano con il proprio collega.
Difficile dire quanta parte del raccontato sia verità e quanta invece interpretazione di Eastwood. L’informazione è potere, come sapeva bene lo stesso Hoover, e per essere potente non solo è necessario avere informazioni (su altri) ma anche limitare al minimo quelle su se stessi. Si deve quindi giudicare, come forse è più giusto che sia, in base al film stesso, senza lasciarsi inquinare da altri aspetti quali per esempio la biograficità della pellicola. Quindi si può dire che il film ha la monolitica quadratura di qualsiasi altro film del vecchio Clint, e allo stesso tempo è anche una bella lezione di storia (più o meno moderna, dipenda da come si definisca la storia appunto moderna). Ma ci sono ugualmente delle pecche, almeno a mio avviso visibili, o invisibili, come la fotografia, talmente scura che a volte si ha difficoltà a notare i personaggi in luoghi bui; oppure il trucco da vecchio di Armie Hammer, chiamato a interpretare un anziano Clyde Tolson che risulta però troppo plastificato.
Un film che si lascia vedere, soprattutto se si è un po’ curiosi per natura, ma Clint Eastwood ha fatto di meglio. Leggasi: Gran Torino.

lunedì 18 giugno 2012

Sotto il vulcano

More about Sotto il vulcano 
Lo so, Jacques, può darsi benissimo che non mi rendiate mai il libro, ma: se io ve lo avresti prestato proprio per questo e voi un giorno doveste pentirvi di non avermelo reso? Oh, io vi perdonerei allora, ma potrete, voi, perdonarvi? Non soltanto per non averlo reso, ma perché il libro sarà allora divenuto un emblema di ciò che ancora ora è impossibile restituire.

Entrò nel bar in silenzio, ammiccando, miopemente, nell’ombra alcolica odorosa di cuoio, il mare quella mattina entrando con lei, mosso e puro, i lunghi cavalloni dell’alba avanzando, gonfiandosi, abbattendosi in uno scroscio per sdrucciolare via assorbiti in ellissi incolori sulla sabbia, mentre pellicani mattinieri a caccia giravano e si tuffavano, si tuffavano e giravano e si tuffavano ancora nella spuma, muovendosi con la precisione di pianeti, gli esausti frangenti affrettandosi a rifluire alla loro calma; rifiuti marini giacevano sparsi lungo tutta la spiaggia: ella aveva udito, sui battelli sobbalzanti nel Mar dei Caraibi, i ragazzi, come giovani tritoni, cominciare già a soffiare nella loro funeree conchiglie…

E per un momento essi rimasero sulla veranda senza parlare, non tenendosi per mano, ma con le mani che si sfioravano appena, come se non fossero del tutto sicuri di non sognare, ognuno di loro separatamente sul suo da troppo tempo orbato giaciglio, le mani se non frammenti esplosi dei loro ricordi, quasi timorose di intrecciarsi, ma sfiorantisi sopra il mare clamoroso a notte.

È troppo evidente che abbiamo migliaia di cose da dirci e che non c’è il tempo di dirne la massima parte. È difficile sapere da dove cominciare. Io non mi ci raccapezzo. Sono al buio.

Un uomo ventinovenne era già sui trent’anni. E lui aveva ventinove anni. E finalmente, sebbene questo sentimento avesse preso corpo in lui durante tutta la mattina, sapeva che cosa fosse l’intollerabile urto di quella conoscenza che sarebbe potuta venirgli a ventidue, ma anche non gli era venuta, che gli sarebbe dovuta venire almeno a venticinque e non gli era venuta neanche allora, quella conoscenza concessa finora solo alle persone che stanno sull’orlo della tomba e al poeta A. E. Housman, che non si può essere giovani per sempre, che, infatti, in un batter d’occhio, ecco, non si è più giovani.

Pure, non era che il tempo si fosse arrestato, ma piuttosto che il tempo si muoveva a varie velocità, la velocità alla quale l’uomo sembrava morire differendo bizzarramente da quella con cui ognuno scopriva quanto fosse impossibile prendere una decisione.

Il crollo finale dentro la trappola di nemici che non sapevi mai con certezza se non fossero amici più maldestri che malintenzionati

Il silenzio è contagioso quanto il riso, pensò Yvonne, dato che un silenzio impacciato in un gruppo genera un silenzio instupidito in un altro gruppo, che a sua volta induce un altro silenzio più generale e insensato in un terzo gruppo, fino a che il silenzio non si sia diffuso dappertutto. Nulla al mondo è più potente d’uno di questi improvvisi e strani silenzi…

Con un solo fanale acceso contro il mattino

Nauseante, torpido e con un gusto d’etere, il mescal dapprima non le provocò nessun tepore nello stomaco, ma solo, come la birra, un gran freddo, un gelo. Ma agì.

“Piace il mescal?”
“Come dieci metri di filo spinato. Mi ha quasi fatto saltar via la testa.”

Devi aver pensato molto a noi due, a quanto abbiamo costruito insieme, alla leggerezza con cui abbiamo demolito quanto di bello s’era fatto, ma senza poter distruggere il ricordo di quella bellezza.

Malcolm Lowry

venerdì 15 giugno 2012

Nights in White Satin

Nights in white satin,
Never reaching the end,
Letters I've written,
Never meaning to send.

Beauty I'd always missed
With these eyes before,
Just what the truth is
I can't say anymore.

'Cause I love you,
Yes, I love you,
Oh, how, I love you.

Gazing at people,
Some hand in hand,
Just what I'm going thru
They can understand.

Some try to tell me
Thoughts they cannot defend,
Just what you want to be
You will be in the end,

And I love you,
Yes, I love you,
Oh, how, I love you.
Oh, how, I love you.

Nights in white satin,
Never reaching the end,
Letters I've written,
Never meaning to send.

Beauty I'd always missed
With these eyes before,
Just what the truth is
I can't say anymore.

'Cause I love you,
Yes, I love you,
Oh, how, I love you.
Oh, how, I love you.

'Cause I love you,
Yes, I love you,
Oh, how, I love you.
Oh, how, I love you.

Performed by The Moody Blues

mercoledì 13 giugno 2012

Dark Shadows


C’era una volta un Tim Burton capace di confezionare film allo stesso tempo belli, godibili e significativi. Era un regista alle prime armi, dai capelli un po’ arruffati che facevano ridere non appena li vedevi privi di ogni possibile pettinatura. I grandi studi cinematografici lo guardavano un po’ storto, indecisi su cosa fare, perché scommettere del denaro sul suo talento poteva essere davvero un gran bel rischio, visto i suoi progetti strampalati, molto cupi e dark, quando ancora questa moda non era ancora stata sdoganata dai grandi incassi. Era il Tim Burton di Beetlejuice e soprattutto di Edward mani di forbice. Dopo di questi la fama lo ha accolto a braccia aperte, anche complice il buon lavoro per portare Batman al cinema, e di lì a poco il nome di Tim Burton non era più così pauroso come poteva esserlo agli esordi.
Una dichiarazione dello stesso buon Tim che può far riflettere: “Hollywood è strana: prima dovevi lottare per convincere gli studios ad avere Johnny Depp nel cast, ora non ti lasciano fare un film senza Johnny Depp.” È vero, Hollywood è strana, e non può non essere balzato all’occhio dell’attento regista che bene o male lo stesso discorso potrebbe benissimo essere trasportato sulla sua figura.
Dopo i flop del remake-reboot de Il pianeta delle scimmie, de La fabbrica di cioccolato e del musical gotico Sweeney Todd, è stato necessario mettere in scena un progetto baraccone e coloratissimo, con un target di possibili spettatori ad ampio raggio (soprattutto bambini) quale Alice in Wonderland (film dai buoni risultati al botteghino ma per niente affatto riuscito) per rimettere in pista Tim Burton.
Dopo il ritorno ai risultati economici, arriva ora questo Dark Shadows tratto da una soap opera degli anni sessanta basata su di una famiglia di mostri. Quale migliore tema per Tim Burton? È vero, l’atmosfera potrebbe essere la migliore e la più naturale per il regista, e infatti ne esce fuori un film davvero godibile, a tratti divertente, e che non annoia; ma la sensazione è che se lo stesso soggetto fosse stato dato in mano al Tim Burton di cui sopra, quello degli inizi, il film che avremmo per le mani sarebbe decisamente migliore di quello uscito nelle sale.
L’inizio e la fine sembrano tirati via, quasi di fretta per toglierseli finalmente dai piedi, e in certi punti (ed è questo che più in un certo senso rattrista) si ha la sensazione che quando prima Burton riusciva ad affermare qualcosa senza per questo dire esplicitamente nulla, qui invece prima allude in modo abbastanza evidente, poi ritorna su quanto sottointeso e prende per mano lo spettatore che ancora non ci è arrivato e gli fa capire con forza, spiattellandoglielo in faccia, il senso di quanto accennato prima. Lontani sono i tempi delle villette a schiera anonime di Edward mani di forbice.
Dark Shadows è carino, senza dubbio migliore di Alice in Wonderland, ma fa anche rivalutare molto il bislacco Mars Attacks!.

lunedì 11 giugno 2012

Cos'era

Non aveva mai dato la colpa a Marco per essere arrivata così presto al capolinea. Lui all’epoca ci metteva tutta la sua volontà per far funzionare la loro strana relazione, ma arrivati a un certo punto, a entrambi, era stato richiesto ancora altro rispetto a quanto potevano essere in grado di dare, di più. Per superare indenni quel periodo, come coppia, avrebbero dovuto essere capaci di spremersi di dosso le energie come si fa con uno straccio bagnato, strizzandolo, per racimolare tutta la forza possibile, e ancora di più, andare contro corrente, combattere la corrente stessa fino allo stremo, quando invece la cosa più facile sarebbe stata quella di abbandonarsi a essa e lasciarsi trascinare dove voleva lei, la corrente, senza opporre resistenza né lottare. Avessero unito le forze, affrontando ogni ostacolo insieme e non da soli, forse sarebbero riusciti a superare quei mesi d’inferno. In fondo non stavano certo vivendo una cosa speciale o particolare, la nascita di un figlio. Succede ogni giorno, di continuo, a svariate persone, e queste persone riescono ad andare avanti senza alcun tipo di problema. Si stringono attorno a un unico nucleo, la famiglia, e diventano talmente compatti da riuscire a sconfiggere qualsiasi avversità: la stanchezza, le notti insonni, i pianti improvvisi, i pannolini, le paure per un arrossamento o per un inspiegabile silenzio protratto, il tempo che pare restringersi tagliandosi via le ore e i minuti di dosso fino ad arrivare a sera e non ritrovarsi più niente nel polso, dentro l’orologio. Il mondo continua a girare da millenni in questo modo. Loro non erano un’eccezione particolare o speciale. Erano solo due ragazzi, di sedici e diciassette anni, inadatti l’uno per l’altra, che avevano avuto un figlio nel momento meno opportuno della loro vita e per questo si erano intestarditi a volerla passare insieme, la vita, nonostante le circostanze e i loro caratteri suggerissero di non fare gli sciocchi e di proseguire separati, senza troppo clamori, come se niente fosse successo, almeno a livello sentimentale, rendendosi conto che non si trattava di amore quanto piuttosto di un errore.

venerdì 8 giugno 2012

Il corpo del reato

Alzati, andiamo,
non fare il cretino
non fare il bambino
ti porto a casa
ti porto in braccio
tornando a casa ci fermiamo a fare colazione
un cappuccino
le paste alla crema
una sigaretta
andiamo a casa cosa vuoi fare?
vuoi stare lì tutta la notte sull'asfalto
vuoi riposare?
non lo senti il maestrale?
che umidità! mi spezza le ossa
mi sento male
andiamo a casa lasciati andare
ti tengo forte
ve l'ho detto mille volte di rallentare,
andiamo non pensi a tua madre?
non pensi a tua madre?
ci sta aspettando
ha appena preso la pensione
ma pensa a tua madre
è rimata lì inchiodata
crocefissa sul portone di casa
in bella mostra in mezzo alla strada

attenti al cane! attenti al cane! no!
attenti a tua madre! attenti a tua madre! attenti a tua madre!
non dice niente non si lamenta
sospira soltanto
dovresti vederla
sulla pancia con lo spray le hanno scritto JUVE MERDA
coi piedi coperti di fiori
si guarda la pancia,
la scritta intendo
e lo sa meglio di me lo sa meglio di te
che per un figlio appena dato
uno nuovo tale e quale è ricevuto
e me lo ha chiesto balbettando
di prendere in ostaggio il direttore di una qualche agenzia di viaggio
ma gliel'ho detto
non c'ho le palle,
non c'ho il coraggio

alzati, andiamo
è quasi mattino
mi sto addormentando
pulisciti il viso mi stai spaventando,
andiamo, lasciati sollevare
che pensi di fare?
se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando
non c'è niente di più scontato
di più normale
è molto meno originale di quelle scarpe
che detto tra me e te davvero
le ho viste ai piedi di almeno 300 persone
andiamo, torniamo in paese
dovresti vedere cos'è successo,
ma non sei un po' curioso?
ma te lo giuro,
sembra di stare in un posto nuovo

dopo trent'anni abbiamo vinto le elezioni,
te lo giuro
è stato proprio un colpo duro per loro
mia madre ha pure pianto
ed io ho fatto lo stesso
si respira un'aria nuova
c'è un bell'entusiasmo
e da quest'anno si balla in un chiosco appena aperto sulla spiaggia
tutti i giorni
tutti a bere sulla sabbia
e i balli di gruppo, i latino americani,
poi fino all'alba con la tecno
e stiamo già organizzando un bel torneo di pallavolo
di calcetto
di biliardo
la caccia al tesoro
la sagra del pane
del pesce
del maiale
e se ti perdi tutto questo
sei proprio un fesso

allora hai deciso
sei proprio convinto di fare qualcosa di originale
non vuoi tornare
ma sai che ti dico?
sei proprio un cretino
non ci stupisci
non mi sorprendi
stammi ad ascoltare un pochino
quello come te lo sappiamo
stanno al mondo solo perchè c'è spazio
mani strappate all'enalotto le tue,
mani strappate all'enalotto
quelli come te lo sappiamo
son stati vivi solo quando sono morti
mani strappate al voto di scambio le tue,
mani strappate al voto di scambio
ma lasciati abbracciare, ti riporto a casa,
ti riporto da tua madre
ma guardami in faccia non mi riconosci?
andiamo a casa non farmi disperare
non so che cosa fare,
ormai non mi rispondi,
hai deciso
sei testardo
sei convinto
ascoltami bene ti stai sbagliando
ascoltami bene ti stai sbagliando
la verità sta nei dettagli
e allora te li elenco
ti regalo altri minuti del mio tempo

stada provinciale centosessanta
in lontananza un pezzetto di mare
notte fonda cielo sereno
l'estate alle porte
un leggero maestrale
fiat punto nera del duemila
trecentomila i chilometri percorsi
cerchi in lega da quindici pollici
un impianto stereo davvero eccezionale
il corpo steso sulla schiena
di un trentenne sull'asfalto
ha già smesso di respirare
abbigliamento sportivo curato
costoso nella media
niente di originale
nelle tasche cinque euro e pochi spicci
un mazzo di chiavi
due cellulari
sul braccio destro un tatuaggio tribale
e sulle mani calli e vesciche
profonde
da muratore.

Performed by Iosonouncane
Tornare in alto

mercoledì 6 giugno 2012

Shame


La dipendenza dal sesso raccontata con freddo distacco tramite un protagonista che danza un triste ballo sull’esile linea di confine del farsi scoprire e vivere una vita normale. Tutto pare procedere all’infinito partendo da un non ben noto inizio radicato nel profondo passato, fino a quando a disturbare l’armonia costruita con rituali giornalieri da un profondo Fassbender arrivano due variabili non calcolate: la fragile sorella interpretata da Carey Mulligan (protagonista di interessanti scelte di ruolo), e la compagna di ufficio Marianne. La prima sarà la pedina del rimorso, ma anche colei che per prima solleverà il velo di invisibilità sotto il quale Brandon, il personaggio di Fassbender, nasconderà le sue ossessioni, portandolo in questo modo allo scoperto e in condizioni di dover guardarsi per la prima volta, davvero, in faccia. La seconda invece gli farà capire quanto la sua vita gli impedisca di avvicinare sul serio le persone alle quali tiene. Il risultato sarà l’apertura e la chiusura del film, punti cardine della pellicola che come due parentesi racchiudono tutta la storia narrata nei cento minuti di pellicola.
Toccante, sensibile, nonostante la spirale di sesso nella quale Brandon precipita anche con qualche dolore fisico. Da vedere.

lunedì 4 giugno 2012

Maggio 2012

"In quel periodo non ero in grado di capire che gran parte dell'età adulta consiste nel sapersi riconciliare con l'imbarazzo e la sostanziale estraneità delle proprie emozioni. La gioventù è l'epoca in cui si vive a beneficio di un pubblico puramente immaginario."

Douglas Coupland

venerdì 1 giugno 2012

Like Rock & Roll And Radio

Are you still in love with me
Like the way you used to be or is it changing?
Does it deepen over time like the river
That is winding through the Canyon?

Are you still in love with her?
Do you remember how you were before the sorrow?
Are you closer for the tears
Or has the weight of all the years left you hollow?

Are we strangers now?
Like the Ziegfeld Gal and the Vaudeville show?
Are we strangers now
Like rock and roll and the radio?
Like rock and roll and radio

I can see you lyin' there
Tying ribbons in your hair and pullin' faces
I can feel your hand in mine
Though were living separate lives in separate places

Are we strangers now?
Like the Ziegfeld Gal and the Vaudeville show?
Are we strangers now?
Like rock and roll and the radio?
Like rock and roll and radio

All these white lies hanging like flies on the wall
Hard wired, road tired
Counting curtain calls and waiting
Waiting for the axe to fall

Are you still in love with me
Like the way you used to be or is it changing?
Does it deepen over time, like the river
That is winding through the Canyon?

Are we strangers now?
Like the Ziegfeld Gal and the Vaudeville show?
Are we strangers now?
Like rock and roll and the radio?
Like rock and roll and radio


Performed by Ray LeMontagne