venerdì 30 novembre 2012

There Is A Light That Never Goes Out

Take me out tonight
Where there's music and there's people
And they're young and alive
Driving in your car
I never never want to go home
Because I haven't got one
Anymore

Take me out tonight
Because I want to see people and I
Want to see life
Driving in your car
Oh, please don't drop me home
Because it's not my home, it's their
Home, and I'm welcome no more

And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten-ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure - the privilege is mine

Take me out tonight
Take me anywhere, I don't care
I don't care, I don't care
And in the darkened underpass
I thought Oh God, my chance has come at last
(But then a strange fear gripped me and I
Just couldn't ask)

Take me out tonight
Oh, take me anywhere, I don't care
I don't care, I don't care
Driving in your car
I never never want to go home
Because I haven't got one, da ...
Oh, I haven't got one

And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten-ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure - the privilege is mine

Oh, There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out

Performed by The Smiths

giovedì 29 novembre 2012

Quando l'aereo parte

Quando l’aereo parte fa un rumore tipo: bruuummm. Le ruote che prendono velocità appoggiandosi con tutto il peso sull’asfalto della pista. Sembra il suono del mio cuore al solo pensarci, dici. Sembra il rumore di un uomo che russa, dico.

mercoledì 28 novembre 2012

Il pescatore di sogni

Il pescatore di sogni soffre un po’ di quello che potrebbe anche essere il suo punto di forza, ovvero raccontare una cosa folle quale in questo caso dare la possibilità agli abitanti dello Yemen di fare la pesca al salmone, e non pagando un biglietto aereo a tutti gli abitanti dello Yemen per spostarsi, che ne so, in Inghilterra (cosa che forse potrebbe essere pure più economica), quanto piuttosto ricreando l’habitat naturale dei salmoni nel territorio arabo e trasportarne una quantità esagerata per “impiantare” la specie. Su questa trovata si basa tutta la pellicola, sogno di un facoltoso sceicco che guarda al di là di ciò che l’impresa è materialmente, ed è grazie a questo che i personaggi (diversissimi) di Ewan McGregor ed Emily Blunt si incontrano e cominciano a conoscersi.
Il film è tratto da un libro e non so quanto di questo sia stato tagliato per comprimere tutta la storia nei 107 minuti del lavoro di Lasse Hallstrom, e chissà quante licenze si sia concesso quest’ultimo per riportare il romanzo sullo schermo, fatto sta che se da una parte Emily Blunt sembra innamorarsi troppo velocemente (non del bel Ewan ma di una fiamma precedente) dall’altra l’esperto di ittica interpretato dall’attore scozzese pare davvero una persona della quale difficilmente ci si possa innamorare, con tratti molto marcati fin quando è legato alla moglie (quasi come se questi tratti fossero più che altro influenzati da quest’ultima) e via via più normali quando si avvicina ad Emily Blunt.
Il tutto condito dal personaggio di Kristin Scott Thomas che pare una macchietta peggiorativa dell’uomo politico inglese (anche il primo ministro britannico non ci fa una bellissima figura, pur comparendo solo sotto forma di trascrizioni di chat).
Si sorride, si passa il tempo in tranquillità, ma proprio niente niente di più.

martedì 27 novembre 2012

Acchiappasogni

Con le calze scure - la gonna corta di un vestito blu notte con sopra un cardigan nero più lungo del vestito stesso, le maniche tirate su lungo gli avambracci, braccialetti larghi d’oro e d’argento a tintinnare su un polso magro, capelli castano appena chiaro sciolti lisci e lunghi fino a lambirle il seno - sembrava essere un semplice ricamo sulle calze, nella posizione in cui si trovava, alquanto anomala. Non veniva da pensare a cosa fosse veramente. Lo guardavi e ti immaginavi una fantasia stravagante dei collant (lei, vestita in quel modo, con occhiali dalla montatura spessa forse neppure graduati, un piercing alla narice destra e un brillantino appena visibile sopra il labbro dalla parte opposta, come a voler risplendere di rimando a quello del naso, non era un tipo da autoreggenti, era più una ragazza da collant, con l’elastico ben sopra le ossa sporgenti del bacino a lasciare un leggero segno sulla pancia. Lo si capiva anche dalle scarpe: non un tacco alto, né delle decolté alla moda, ma un paio di calzature tornate fuori dagli anni ottanta, allacciate alla caviglia e della stessa tonalità del pelo di un orso bruno di montagna, un marrone opaco, selvaggio), ricamata per chissà quale motivo solo nella parte interna di una delle due gambe. Era circolare e grande più o meno quanto tutto lo spazio che la coscia gli metteva a disposizione. Al suo interno c’erano degli altri disegni, poco distinguibili mentre lei camminava, e si fermava e poi riprendeva camminare. Nel frattempo lei sorrideva, parlava e lanciava strane occhiate intorno, appoggiando lo sguardo sulle pareti e sui quadri appesi. Le dita, con le unghie smaltate di un viola spento, scivolavano gustose sui contorni delle sedie, le poche sparse lungo i corridoi. Di tanto in tanto sbirciava dal basso verso l’altro con quei suoi occhietti vispi, maliziosi fino al limite estremo del termine. La sua espressione era in bilico tra il voluttuoso involontario e il voluttuoso marcatamente intenzionale, al confine tra i due. I loro occhi si incrociarono giusto un paio di volte, nel vagare distratto tra un’opera e l’altra, il tempo necessario per instaurare un rapporto, seppur solo visivo, tra due sconosciuti quali erano. Quando poi nelle ore successive si ritrovarono stesi sul letto, entrambi senza inibizioni e spinti l’uno contro l’altra da istinti primari, non furono più estranei, non le senso più stretto della parola. Non si sorpresero, né lui né lei, di muoversi con uno strano tipo di abitudine - nello stringersi stretti, nello scivolare ciascuno sopra il corpo dell’altro o dell’altra, nel baciarsi in ogni dove in qualsiasi momento senza alcun tipo di remore o pudore – (un’abitudine inusuale in quanto per loro era la prima volta che si comportavano in quel modo, con l’altro, con l’altra, e stringersi stretti, scivolare sul corpo di un’altra persona, baciarsi ovunque, è in qualsiasi caso diverso ogni volta, anche se fatto sempre con la stessa persona, per non parlare di loro due, sconosciuti fino a poche ore prima), si sorprese, ma solo lui, quando le calze furono srotolate e tolte dalle gambe, mentre lei teneva il bacino leggermente sollevato e la gonna le scivolava morbida sulla pancia, nello scoprire che quel disegno immaginato ricamato sulle calze non era altro che un accurato tatuaggio di un acchiappasogni indiano, appena sopra il ginocchio, nella parte interna della gamba; in una posizione inconsueta,  dove lui non si sarebbe mai immaginato di trovare un tatuaggio (così vistoso, così grande… così sexy).

mercoledì 14 novembre 2012

50 e 50

50 e 50 sono le probabilità che ha il protagonista di guarire dal cancro e di continuare la sua vita. Un evento drammatico che la vita in fondo la cambia radicalmente. Oltre a questo viene in “soccorso” alla drammaticità del film una famiglia piuttosto problematica, con il padre che soffre di demenza senile e la madre iperprotettiva e a tratti fin troppo vicina, un amico sopra sopra sopra le righe, la fine del rapporto che lega il protagonista alla propria ragazza, e il caso che vuole ad assisterlo durante la chemio una giovane terapista alle primissime armi che dovrebbe aiutarlo a superare a livello psicologico lo scoglio del cancro e che invece dovrà farsi le ossa sulla sua situazione. Detta così potrebbe apparire un film da tagliarsi le vene, invece Jonathan Levine, forse aiutato dall’aver vissuto in prima persona una situazione analoga, riesce a trattare tutte le vicende della pellicola con un vago senso di commedia, rendendo digeribili qualsiasi avversità si abbatta sul protagonista Joseph Gordon-Levitt. Ad aiutarlo in questo compito ci pensano una leggiadra stronza di nome Bryce Dallas Howard, un goliardico ma premuroso Seth Rogen, una spigolosa Anjelica Huston, e una tenera Anna Kendrick. Un film che si schiera tra quelle pellicole che non vogliono certo sconvolgere il mondo o spiegare chissà quale mistero della fede e/o della vita, ma risultano ugualmente talmente belli da riuscire ad affascinarti quel tanto che basta da non poterne parlare altro che bene. La vera arma vincente di questi film è l’atmosfera che si respira, e che vorresti continuare a respirare, anche al di qua dello schermo.

martedì 13 novembre 2012

Dissociazione

Il sole sorge in un silenzioso turchese freddo dietro le montagne che non sono montagne. L’arancione caldo, quello bruciato con violenza per illuminare le giornate, arriverà dopo qualche minuto di tremolante indecisione, un periodo in variante di grigio, dal più scuro della notte al più chiaro del mattino. L’intervallo di tempo tra questi due momenti è un fenomeno chiamato dissociazione dell’alba. È meno raro di quanto si possa pensare. Per vederlo però è necessario avere l’orizzonte sgombro da qualsiasi ostacolo, nessun intralcio, niente barriere; per questo il più delle volte passa inosservato.

Un racconto lungo inserito all'interno della raccolta "Scriviamo Pistoia
promossa da 

lunedì 12 novembre 2012

Generazione A

More about Generazione A

E poi cosa fate? Pregate, forse? Cos’è una preghiera se non il desiderio che gli eventi della propria vita si raccolgano a dare forma a una storia, qualcosa che dia un senso a eventi che si sa che possiedono un significato?
E così io prego.

Dovevo prendere coscienza del fatto che ho un buco dentro di me: ho passato tutta la vita a preoccuparmi che gli altri lo vedessero. Forse dovrei abbracciare il mio buco ed esserne fiera, anche se a sentirlo disgusta. Forse dovrei passare il resto dei miei giorni a testa bassa, asciando trasparire quel vuoto nel viso e nel corpo.

Pensai ai tramonti e a come la cosa incredibile dei tramonti sia che per quanti uno possa averne visti, sembra sempre che quello specifico tramonto sia stato generato per te e per te soltanto.

Lei mi offrì una birra prodotta e imbottigliata in Messico. La ringraziai ma tenni la bocca chiusa: perché mai qualcuno avrebbe scelto una bibita fatta in Messico? Quando arrivò sul tavolo la guardai come se fosse uscita dal Medioevo. La gente vuole l’America, non il Messico. Be, perlomeno l’idea dell’America… l’America prima dell’anno 2000.

Il cervello utilizza le storie per organizzare le sue percezioni del mondo.

Vedere sei persone in silenzio in una sala mi fece pensare alla voce che sentiamo nella mente quando leggiamo, la voce del narratore universale che forse state sentendo in questo preciso istante. Di chi è quella voce? Non è la vostra voce, vero? Lo immaginavo. Non è mai la propria.

Persone condannate a essere sole senza possibilità di solitudine.

Le due cose più difficili al mondo sono essere unici e fare in modo che la propria vita diventi una storia.

Più verità uno sputa fuori, più diventa generico.

Il guaio coi pazzi è che sono pazzi.

Amore, certe volte mi viene da pensare che forse è addirittura più beneducato essere pazzi 24/7, perché almeno così la gente non si innamora di te e non combina tutto un casino.

Se il tuo lavoro ti annoia, pace. Annoiarsi è una forma di critica, quindi forse potresti anche cercarti un altro impiego.

Pregare è strano, si abbandona il flusso temporale del quotidiano e si raggiunge un luogo più silenzioso che segue orologi diversi e dà valore a cose che non si possono vedere.

Douglas Coupland

venerdì 9 novembre 2012

To be young (it's to be sad, is to be hight)

Young boy, you done me bad, I went and did ya wrong
Young boy, you done me bad, I went and did ya wrong
Then I got high, Lord I got high, and I got a bone to pick with you
And I’m sure you know it’s true

Oh one day when you’re looking back
You were young and man you were sad
When you’re young you get sad
When your young you get sad, then you get high
Oh man

Young gal you done me bad and I went and did ya wrong
Young gal you done me bad so I went and did ya wrong
Then I got high
Lord, I got high
Now you got a bone to pick with me, but I wish you’d let me be

Oh one day when you’re looking back
You were young and man you were sad
When you’re young you get sad
When your young you get sad, then you get high
You get high

Oh the days the rain would fall your way
Oh the days the rain would fall your way
Then you be high, cause you got sad
Cause you got sad
Oh man

Performed by Ryan Adams

giovedì 8 novembre 2012

I minuti segnati in rosso

I minuti segnati in rosso sul cruscotto dell'auto passano così velocemente, non me accorgo neppure. Il tempo trascorso in macchina, la radio accesa, la musica a volume alto. Ti chiedo ancora: quando inventerai il teletrasporto?

mercoledì 7 novembre 2012

Molto forte, incredibilmente vicino

Prendere un libro di Safran Foer e portarlo al cinema è sempre un gran brutto lavoro. Lo può testimoniare Liev Schreiber, regista di Ogni cosa è illuminata. Perché oltra alla storia, la cifra stilistica maggiore dell’autore statunitense risiede in gran parte nella prosa, nell’invenzione del raccontare. Trasportare quindi sullo schermo quello che è la personale riflessione dello scrittore sui fatti dell’undici settembre, sembrerebbe più un suicidio che non un semplice lavoro. Soprattutto perché se sul libro l’attentato alle torri gemelle riesce a rimanere sullo sfondo, a fare un po’ da colonna sonora di tutta la vicenda, nella pellicola l’immagine degli aerei che vanno a schiantarsi sul World Trade Center (anche se per tutta la durata del film l’unica immagine intera della cosa è solo quella del pennacchio di fumo ad uscire da un grattacielo, in lontananza) non può che rimanere bene impressa nella retina dello spettatore, rischiando in questo modo anche di diventare troppo ingombrante per il resto delle vicende. E se nel libro la tragicità della storia veniva in qualche modo diluita nel numero delle pagine, trattando l’atto terroristico dell’undici settembre con un tratto delicato che giustamente non calcava troppo la mano, in modo misurato, qui, forse a causa di una certa durata (129') che la pellicola non doveva sforare, in alcuni punti risulta esserci un surplus di dramma, un eccesso di effetto lacrima che ti scombussola da dentro senza farti però uscire davvero la suddetta lacrima. Molto probabilmente è il risultato naturale della visione di un fatto tragico realmente accaduto e che ha toccato nel profondo la sensibilità di chiunque, ma proprio per questo il libro di Safran Foer era arduo da rileggere in chiave cinematografica.

martedì 6 novembre 2012

Skippy non morire!

È novembre, fuori fa freddo ed è in qualche modo bello vedere, oltre i vetri delle finestre, le persone camminare tutte quante infagottate nei loro cappotti pesanti, le sciarpe legate al collo, i cappelli calati in testa, mentre tremanti si alitano aria calda dentro le mani chiuse a cono, vicino alla bocca. Ruprecht pensa: non sarebbe altrettanto bello se in quel preciso momento pure lui stesse in qualche modo gelando, senza neppure la maglia di lana a strisce orizzontali blu e grigie, quella con il collo alto, le maniche lunghe e la vita slabbrata senza più forma. Tutto quanto avrebbe un sapore estremamente diverso, più agghiacciante, direi, pensa Ruprecht.

Un remake del prologo di “Skippy muore” di Paul Murray

 su

SlowMind One

lunedì 5 novembre 2012

Ottobre 2012


"L’avevo presa per mano, ed eravamo incerti, non sapevamo se dovevamo intrecciare le dita. Alla fine l’abbiamo fatto. È il ricordo più nitido che ho. La storia delle nostre dita."

Jeffrey Eugenides

venerdì 2 novembre 2012

Panic Station

You won’t get much closer
Till you sacrifice it all
You won’t get to taste it
With your face against the wall (wall wall)
Get up and commit
Show the power trapped within (in in)
Do just what you want to
And now stand up and begin
Ooo 1, 2, 3, 4 fire’s in your eyes
And this chaos, it defies imagination
Ooo 5, 6, 7, minus 9 lives
You’ve arrived at panic station
Doubts will try to break you
Unleash your heart and soul (soul)
Trouble will surround you
Start taking some control-(trol!)
Stand up and deliver
Your wildest fantasy-(sy-sy)
Do what the fuck you want to
There’s no one to appease
Ooo 1, 2, 3, 4 fire’s in your eyes
And this chaos, it defies imagination
Ooo 5, 6, 7, minus 9 lives
You’ve arrived at panic station
Ooo 1, 2, 3, 4 fire’s in your eyes
And this chaos, it defies imagination
Ooo 5, 6, 7, minus 9 lives
And I know that you will fight for the duration
Ooo 1, 2, 3, 4 fires in your eyes
And I know I’m not resisting the temptations
Ooo 5, 6, 7, minus 9 lives
You’ve arrived at Panic Station!


Performed by Muse