lunedì 24 febbraio 2014

Per chi suona la campana

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Tu chiedi l’impossibile. Pretendi l’assurdo. Se ami questa ragazza, se l’ami quanto dici, ti conviene dunque amarla con tutte le tue forze e compensare con l’intensità ciò che vi mancherà in continuità e durata.

“L’avrai tutta la vita” disse l’altra parte di lui. “L’avrai. L’hai adesso, e questo è tutta la tua vita: adesso. Non c’è nient’altro che ora. Non c’è né un ieri, certo, né un domani. Che età vuoi raggiungere prima di capirlo? Esiste solo ora, e se “ora” dura solo due giorni, allora due giorni sono la mia vita e tutto ciò che vi è contenuto sarà proporzionato. Così si vive una vita in due giorni! E se smetti di lamentarti e di pretendere quello che non avrai mai, avrai una vita buona.

Non è che tu sia stupido. Sei semplicemente sordo. Uno ce è sordo, non può sentire la musica. Né può sentire la radio. Così, non avendole mai sentite, può dire che queste cose non esistono.

La strinse sentendo che lei era tutta la vita che poteva esserci per lui, ed era vero.

Non prendere mai alla leggera l’amore. La verità è che la maggior parte della gente non ha mai avuto la fortuna di amare qualcuno. Tu non l’avevi mai avuta sinora, questa fortuna, e ora l’hai. Quello che tu e Maria avete, che duri solo oggi e una parte di domani, o duri tutta una vita è la cosa più importante che può capitare a un essere umano. Ci saranno sempre persone che diranno che non esiste perché non possono averla. Ma io ti dico che è vero, che tu la possiedi e che sei fortunato, anche se domani morrai.

Ti amo come amo tutto ciò per cui abbiamo combattuto. Ti amo come amo la libertà e la dignità e il diritto di tutti gli uomini di lavorare e di nona ver famo. Ti amo come amo Madrid che abbiamo difesa e come amo tutti i miei camerati che sono morti. E ne sono morti molti. Molti. Molti. Tu non puoi sapere quanti. Ma io ti amo di più. Ti amo molto, coniglietto. Più che non possa dirti. Ma questo che ti dico ora è soltanto una parte.


È più facile vivere sotto un regime che combatterlo.

All’inferno tutti, tranne il popolo, e anche questo, staremo a vedere cosa farà quando andrà al potere.

Come sono felice, Dio mio, che mi si sbollita la collera. Era come non poter più respirare in un uragano. La collera è un altro di quei maledetti lussi che uno non si può permettere.

Non c’è bisogno di negare nulla di ciò che è stato, solo perché stai per perderlo.

Egli cominciò a pregustare quella assenza di preoccupazione che si trasforma spesso in una vera e propria felicità.

Ma quando le carte sono in ordine e i nervi a posto, non c’è mai pericolo.

Ma fermare un movimento una volta vinta l’inerzia e avviato che sia, è quasi altrettanto difficile che iniziarlo.

Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno. Ma quello che accadrà in tutti gli altri che verranno può dipendere da quello che farai tu oggi.

Sarà quasi un anno che combatto per le mie convinzioni. Se vinceremo qui, vinceremo dappertutto. Il mondo è un posto magnifico e vale la pena di combattere per lui e a me secca molto di lasciarlo.

Per chi è più facile, secondo te? Per quelli che credono in Dio o per quelli che la prendono più semplicemente? La religione è un gran conforto, ma noialtri sappiamo che non c’è niente da temere. Va male solo quando se ne sente la mancanza. Morire è una brutta cosa quando dura troppo a lungo e ti fa tanto soffrire da umiliarti.

Ernest Hemingway

martedì 18 febbraio 2014

Domani non pioverà

La notte è tranquilla, silenziosa. Le auto dormono tutte dentro i garage, in strada non c'è nessuno, solo noi. È freddo e ci abbracciamo stretti dentro i nostri giubbotti, caldi ma privi di tatto. Il cielo è sereno, senza alcun accenno di nuvole. Si vedono le stelle e la luna sembra fatta di cristallo. Domani non pioverà, sarà un giorno chiaro, bello come non se ne vedono da parecchie settimane. Potremmo andare da qualche parte, partire per chissà quale meta poco lontana. Potremmo, ma non lo faremo di sicuro. Non abbiamo tempo per muoverci da qui. Siamo come incatenati, dici. Accontentiamoci di questi pochi minuti di libertà, questa sera che è diventata notte e ci ha graziato con un tempo privo di pioggia. Possiamo passeggiare, senza l'ingombro degli ombrelli. Se piovesse sarebbe bello lasciarsi andare, per una volta, e non stare tanto a giocare a non bagnarci, lasciarci prendere da una follia improvvisa e correre senza proteggerci dalla pioggia, e saltare da una pozzanghera all'altra cercando di fare quanti più schizzi possibili. Senza preoccupazioni, anche se bagnarsi i piedi è l'anticamera dell'influenza, o il raffreddore alle porte. Potremmo passare alcuni giorni a letto malati, con le coperte tirate fino sopra la testa, e il ghiaccio appoggiato sulla fronte, il termometro ficcato dentro la bocca come se fosse un leccalecca. Che bello passare le mattine a letto con il sole che entra dalla finestra, le persiane spalancate a permetterci di guardare il cielo grigio. Desidererei tanto ritrovare un vecchio televisore minuscolo in bianco e nero, senza telecomando, per poter guardare i cartoni animati mentre stiamo sdraiati di lato e cerchiamo di guarire. Aspettare che qualche emittente locale mandi una puntata qualsiasi di Doraemon per poter tornare a essere bambini, senza pensieri. Magari potrei rileggerti Dracula, come feci allora, quando avevo il morbillo, o la febbre gialla, chissà, non mi ricordo più. Non ho memoria delle mie malattie passate. Non pensarci, dici. È inutile guardare al passato, guardiamo al presente, o magari al futuro. Guardiamo di arrivare all'alba. Potremmo davvero gustarci la nascita del sole. Dici. E mi prendi per mano.

lunedì 17 febbraio 2014

Cronaca di una morte annunciata

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Era come pisciare vetro tritato.

Era come stare sveglio due volte.

In quel sorriso, per la prima volta dalla nascita, Angela Vicario la vide tale e quale ella era: una povera donna consacrata al culto dei propri difetti.

Angela Vicario scoprì allora che l’odio e l’amore sono passioni reciproche.

Non credeva che avesse dentro tanto amore quanto ne aveva lei per sopportarlo.

Gabriel Garcia Marquez

venerdì 14 febbraio 2014

Reckoning song (one day)

No more tears, my heart is dry
I don't laugh and I don't cry
I don't think about you all the time
But when I do – I wonder why

You have to go out of my door
And leave just like you did before
I know I said that I was sure
But rich men can't imagine poor

One day baby, we'll be old
Oh baby, we'll be old
And think of all the stories that we could have told

Little me and little you
Kept doing all the things they do
They never really think it through
Like I can never think you're true

Here I go again – the blame
The guilt, the pain, the hurt, the shame
The founding fathers of our plane
That's stuck in heavy clouds of rain

One day baby, we'll be old
Oh baby, we'll be old
And think of all the stories that we could have told

Performed by Asaf Avidan

lunedì 10 febbraio 2014

Le cose cambiano

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Un ragazzo che decide di porre fine alla sua vita sta dicendo che non riesce a immaginare un futuro abbastanza felice da compensare il dolore che adesso sta sopportando.

Nascondere chi si ama significa nascondere chi si è.

Viaggiare e leggere molto non implica capire molto: “Leggi meno e ragiona di più”, così raccomandava la mia maestra delle elementari al bulletto di turno.

A un certo punto arrivai ad avere talmente paura da non averne. Ci vuole coraggi, per avere paura.

Cercate persone che non abbiano paura di imparare, perché saranno capaci di accogliere le differenze.


AA.VV

giovedì 6 febbraio 2014

Conversazione in gruppo

Avete presente quando vi trovate in gruppo, magari a chiacchierare a un tavolo di una caffetteria, o in un pub, e la conversazione comincia a diramarsi in strade sempre più distanti senza però suddividere equamente l’attenzione dei presenti? In modo del tutto spontaneo si vengono a creare dei piccoli nuclei di gruppi d’ascolto, persone della compagnia che ascoltano un’altra persona della stessa compagnia che ha preso/conquistato la parola. Questi gruppi tendono poi a riunirsi, è inevitabile, mentre i vari oratori cedono la concentrazione a loro rivolta a un oratore più interessante che svolge il ruolo di collettore. Questo sarà colui che riunirà il gruppo su di un unico argomento. È un processo a volte lento a volte velocissimo (dipende dal grado di interesse che i vari argomenti succedanei riescono a suscitare) nel quale si ha un momento di espansione e dispersione, e successivamente un momento di contrazione e raccolta. All’inizio del movimento di recupero, ovvero quando si ha l’inversione di tendenza e invece di spingersi sempre più ai confini del gruppo originario si tende a concentrarsi attorno a un unico centro [1], si può studiare l'imbarazzo di chi ha iniziato una conversazione nata con l’intento di essere rivolta a terzi mentre nella realtà viene ascoltata solo da chi parla e che si è trasformata improvvisamente, senza possibilità di opporsi, in un monologo. Nel momento in cui la risacca comincia ad attrarre di nuovo i componenti del gruppo verso il suo centro, può esserci qualcuno, distratto, che non si è ancora accorto di cosa sia invece iniziato, ovvero una specie di viaggio di ritorno. Non è insolito che in questo intervallo di tempo, breve ma durante il quale per assurdo la conversazione può apparire come immobile (non in espansione, non in contrazione), se si tende un poco l’orecchio a suoni di sottofondo, si possa sentire una voce perdersi nell’indifferenza e spegnersi piano piano. È la voce di chi chiede attenzione senza riceverla, e che non si è accorto del controesodo del gruppo appena iniziato.

[1] La decisione di interrompere, a volte pure bruscamente, un’attività di esplorazione verso i limiti estremi di un gruppo per tornare invece in seno al gruppo stesso, è una scelta presa in totale autonomia dai membri che si trovano ai margini del nucleo originario. Più ci si allontana dal centro e più i gruppi secondari, o terziari, si suddividono in sempre meno componenti, raggiungendo alla fine il minimo numero per definire una conversazione, ovvero: due.
In due si sente molto più freddo, c’è meno calore rispetto a una discussione nella quale ci sono più soggetti. (Si può definire una discussione, in generale, come una stanza di due metri per due metri, senza finestre, né radiatori o condizionatori per alterarne il clima interno, e virtualmente anche senza una porta di ingresso e/o di uscita: un luogo neutro ben delimitato, non alterato da fattori esterni che non siano le persone che vi sono dentro. Se metti dieci persone in un ambiente di quattro metri quadrati, quest’ultime finiranno per riscaldarsi a vicenda, vuoi per la vicinanza, vuoi per il continuo respirarsi addosso. La loro temperatura corporea riscalderà più velocemente la stanza rispetto al caso in cui nella stessa stanza – la stessa discussione – fossero chiuse solo due persone. Se si potesse fare un test comparativo, con due camere della stessa identica grandezza, con in una dieci persone dentro, mentre nell’altra soltanto due, quest’ultime patiranno più freddo rispetto alle loro corrispettive cavie capitate nella stanza più affollata.) Per questo i componenti di un gruppo che si spingono più ai margini, e che inevitabilmente andranno a formare una subconversazione con solo due attori – un oratore e un ascoltatore – a causa del freddo e della ricerca di calore-attenzione tenderanno in modo assai naturale a cercare di aggregarsi di nuovo al gruppo originario, o al nuovo nucleo che si è formato.
Così come nei movimenti universali, dove all’inizio dei tempi una grande singolarità concentrava tutto quanto il calore presente per poi esplodere espandendosi a macchia d’olio e distribuire il calore, anche la frammentazione di un gruppo subirà lo stesso processo di espansione – big bang – e, secondo alcune teorie, implosione – big crunch.

martedì 4 febbraio 2014